39.1 A cena dai suoi.

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Alice

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Alice

Sono un fascio di nervi mentre ci dirigiamo verso casa di Leonardo. Stringo tra le mani la confezione all’interno della quale c’è una crostata di mele fatta da nonna Adele in segno di ringraziamento per l’invito.
Ho cercato di essere il più presentabile possibile. Mi sono truccata ma non troppo, ho stressato Leonardo perché non sapevo cosa avrei dovuto indossare in un’occasione del genere e lui non mi era stato per nulla d’aiuto con il suo “Vestiti normale”. Ma cosa diavolo significa?
Niente. Non significa niente, specie se apparteniamo a dei mondi così diversi.
La mia normalità prevede: jeans, maglia e scarpe da tennis. Posso dire lo stesso per la sua famiglia?
Questa sera lo scoprirò.
Non ho mai conosciuto i genitori del mio ragazzo e non so cosa aspettarmi.
Essendo io una maniaca del controllo, tutto ciò mi manda letteralmente in tilt il cervello.
E se non dovessi piacergli?
Prendo un respiro così profondo che Leonardo mi guarda accigliato. Poggia una mano sopra il mio ginocchio coperto da un semplice pantalone nero.
– Non stai andando nella tana del leone, puoi anche smetterla di tremare. Mia madre ti adorerà – tenta di rassicurarmi.
Tenta, appunto, perché non ci riesce affatto.
Le madri sono iperprotettive quando si tratta di conoscere le fidanzate dei loro figli, un po’ come accade tra padri e figlie.
Mi ripeto che già conosco sua madre, che è stata la mia maestra di matematica e che se è rimasta la stessa di come la ricordo, è una donna allegra e gentile.
Leonardo non ha menzionato minimamente suo padre. Non so se questa sera ci sarà o meno ma a lui sembra non importare troppo del suo giudizio, mentre a me terrorizza.
Diego Ferrari è un avvocato abbastanza conosciuto per la sua bravura e la sua scaltrezza, in città tutti parlano bene di lui. Lo definiscono un uomo di bell’aspetto, carismatico e gentile.
Eppure, sotto quella facciata da uomo rispettabile, si cela un pessimo marito ed un padre severo.
– Che mi dici di tuo padre? – Domando.
Leonardo ritrae la mano e porta nuovamente lo sguardo sulla strada. Come ogni volta che viene nominato l’uomo in qualche discorso, s’irrigidisce e si chiude a riccio.
– Non ti preoccupare per lui – dice poi, mentre parcheggia la Jeep nel vialetto di casa sua.
– Come faccio a non preoccuparmi? – Chiedo, ancora più agitata.
– Indipendentemente dall’opinione dei miei genitori, resterò con te. Sono certo che mia madre ti adorerà. Mio padre invece è uno stronzo e probabilmente cercherà di metterti alle strette e se lo conosco bene ti farà delle domande scomode nonostante io lo abbia già avvertito a riguardo. Quindi, semmai dovessi averne abbastanza o volessi tornare a casa, basta dirlo e ci volatilizziamo lontano da qui. – Afferma, per poi prendere la mia mano e baciarne il dorso, senza staccare neanche per un attimo i suoi occhi azzurri dai miei.
Annuisco e tento di sorridergli, sebbene mi venga parecchio difficile. Praticamente mi ha già anticipato che subirò un interrogatorio da parte di suo padre e spero vivamente di non cedere alla prima domanda.
Non voglio dare la soddisfazione ad un uomo come lui, che è la causa del dolore di Leonardo, di farmi sfigurare e farmi scappare a gambe levate, anzi, intendo rispondere a ciascuna delle sue domande a testa alta e cercando di mantenere un tono di voce tranquillo.

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