28.1. Come una canzone di Adele.

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5300 letture,
grazie mille a tutti voi!

Alice

Non provo più niente.
Nell'ultimo fine settimana ho pianto così tanto che credo di aver compromesso i miei condotti lacrimali.
Penso di non essere mai stata ferita così tanto nell'orgoglio. Sono sempre stata abituata alle persone che mi compativano a causa della mia situazione familiare e questo mi aveva sempre fatta arrabbiare e fatta sentire inferiore agli altri, ma mai nessuno mi aveva spiattellato in faccia come apparivo dall'esterno.
Davvero è così semplice prendermi in giro?
Davvero elemosino l'affetto degli altri perché cerco di colmare il vuoto lasciato dai miei genitori?
Mi guardo allo specchio, non mi riconosco più. Ho i capelli sporchi e gli occhi gonfi, le labbra screpolate e il volto più scavato del solito.
Non voglio far preoccupare nonna Adele, dunque cerco di sistemarmi meglio che posso. Mi faccio una doccia rigenerante, mi trucco per coprire le occhiaie e mi stampo in faccia un bel sorriso.

Da quella sera, l'ho evitato come la peste bubbonica, non l'ho guardato neanche per sbaglio ma dopotutto Leonardo mi è venuto incontro e non ha neanche provato a rivolgermi la parola.

La mattina seguente alla nostra lite, tutti non avevano fatto altro che spettegolare sul rapporto sessuale di Giorgia e Ferrari, avevano fatto faville o almeno così si era vociferato. Lei sl ritorno si era anche seduta accanto a lui sul pullman. Io, dal canto mio, avevo tenuto le distanze e per evitare che le mie orecchie potessero percepire altre informazioni spiacevoli, avevo trascorso tutto il viaggio di ritorno con gli auricolari.
Ovviamente, come ogni persona dal cuore spezzato rispettabile, avevo ascoltato a ripetizione i due album più significativi di Adele, 21 e 25 per tutte e sei le ore.
Avevo cantato in modo sublime e a squarciagola canzoni come Hello, Someone Like You, Make You Feel My Love e Rolling in the Deep.
Il tutto era avvenuto nella mia mente.

Ritorno con la testa al presente e mi rammento che non devo far trapelare niente, devo sorridere, essere allegra come il mio solito e fare finta che il banco dietro di me sia vuoto.

Indosso una tuta, poi mi spoglio perché mi fa sembrare troppo trasandata e triste. Opto allora per una maglia a righe rosse e bianche a maniche corte che infilo dentro un paio di jeans neri a vita alta. Completo il mio outfit con delle converse rosse e un giubbino nero di pelle. Pizzico le gote per dar loro un po' di colore e metto le dita tra i capelli per dar loro volume.
Scendo al piano di sotto e come tutte le mattine lascio un bacio sulla guancia a nonna Adele e le do il buongiorno. Lei mi guarda di sottecchi mentre faccio il giro del tavolo per prendere un bicchiere d'acqua.

– Che c'è? – Le domando alla fine, quando il suo sguardo diventa insostenibile.

– Negli ultimi due giorni sei uscita di rado dalla tua camera. Stai bene? – Domanda preoccupata.

Annuisco. – Ho dovuto studiare molto, a breve ho una verifica di inglese che inciderà drasticamente sul voto finale. – Mento spudoratamente.

Nonna ripiega il giornale - che acquista lei soltanto - e sospira. Questo è quello che succede quando capisce che le ho detto una bugia ma non vuole ficcarci troppo il naso.

– Va bene, allora non studiare troppo che fa male. – Dice per poi andare a prendere le chiavi dell'autovettura.

Bevo il mio bicchiere d'acqua e la raggiungo in macchina. Non scambiamo una sola parola e il silenzio non è asfissiante solo grazie alla radio.
Una volta arrivati davanti alla scuola, la ringrazio anche se prima di scendere mi guardo intorno.

Prendo un bel respiro profondo ed inizio ad incamminarmi verso la mia classe.
Ricorda, lui non esiste e tu sei una regina dal cuore di ghiaccio.
È con questo genere di pensieri che riesco ad entrare in aula apparentemente calma e pronta a spaccare il mondo intero. Come da copione, fingo di avere i paraocchi e non calcolo di striscio Leonardo e neanche Andrea.
Abbraccio Giulia e le do il buongiorno tutta pimpante.

– Che succede? Sei di buon umore? – Domanda lei divertita, ma evidentemente confusa.

– Sì, non mi sentivo così spensierata da tempo, a dire il vero. – Mi fingo sollevata e sospiro sognante.

Devo stare attenta a non appoggiarmi con la schiena al muro come al mio solito, altrimenti sarei tentata a guardare verso di lui e non voglio dargli questa soddisfazione. Non la merita.
Giulia nota il mio strano atteggiamento e durante l'ora di latino, pensa bene di iniziare il nostro solito scambio di notizie tramite foglietti. Ne fa scivolare uno fino al mio gomito per poi richiamare la mia attenzione con un pizzicotto al fianco che mi fa sobbalzare dallo stupore.

"Leonardo sembra essere di pessimo umore stamattina e anche parecchio nervoso."

Alzo gli occhi verso di lei e faccio spallucce. Non me ne frega niente se è di pessimo umore, se è nervoso o se ha voglia di litigare con qualcuno. Fatti suoi.
Passo le ore restanti di scuola ad ascoltare passivamente i professori, che non fanno altro che ricordarci che gli esami sono alle porte. Sospiro spesso, durante la ricreazione addirittura mi addormento con la testa appoggiata allo zaino a mo di cuscino e con l'astuccio tra le braccia.
Risultato?
Mezza classe ha una foto con me mentre dormo.

Alla quarta ora, decido che ho bisogno di sgranchire le gambe e chiedo il permesso per poter andare in bagno.
In realtà mi metto a girovagare a vuoto per i corridoi. La mia classe, così come tutte quelle dell'ultimo anno, si trova all'ultimo piano della struttura. Mi fermo davanti alla finestra che da sul cortile della scuola, dove c'è il campetto da calcio.
Osservo i ragazzi correre dietro il pallone e tra loro riconosco Mattia Rinaldi, agile come una gazzella. Chissà cosa sarebbe successo se quel giorno in palestra, non avessi dato ascolto a Leonardo e fossi rimasta in squadra con Mattia. Non mi ero mai posta questa domanda prima d'ora.
Poggio i gomiti sul davanzale della finestra, il sole penetra attraverso i vetri e mi irradia il viso.
Chiudo gli occhi e mi beo del calore del sole sulla mia pelle. Vorrei poter sentire solo questa sensazione di calma e tranquillità, per sempre.

– Russo, la professoressa dice che devi tornare in classe. – La sua voce mi fa aprire gli occhi di scatto. Per un attimo rimango sorpresa del fatto che mi abbia rivolto la parola e allora faccio incrociare i nostri sguardi. Anche Leonardo ha occhiaie evidenti, ma non lo fisso così a lungo da poterne capire lo stato d'animo. Mi volto velocemente e senza dire una parola torno verso la classe.

Sento i suoi passi dietro di me, si fanno sempre più vicini finché il mio braccio viene afferrato.

– Lasciami. – Dico soltanto, senza neanche voltarmi, ma lui non mi dà retta.

– Vorrei parlarti, dirti che mi dispiace. – Dice a bassa voce.

Strattono il braccio dalla sua morsa ferrea. – Io non voglio ascoltare e tu ed il tuo dispiacere, per quanto mi riguarda, potete andare a farvi fottere. – Affermo con una certa fierezza per poi lasciarlo in mezzo al corridoio.

Autrice:
Hello, it's me.
Ok, sarcasmo a parte,
capitolo breve perché come potete vedere dal 28.1., ci sarà una seconda parte.
Volevo solo farvi capire come se la stava passando Alice,
dunque il prossimo capitolo,
che dovrebbe arrivare il 23 Aprile, sarà dal punto di vista di Leonardo.
Ditemi cosa ne pensate.
Un bacio,

Alexandria Lewis.

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