33. Una foto buffa.

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Leonardo

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Leonardo

– Dovresti smetterla – mi canzona Alice.
Ovviamente non le do ascolto e continuo a lasciarle una scia di baci lungo il collo,distraendola dal saggio breve che fino a poco fa era intenta a scrivere.
– Tra poco, lo prometto – le sussurro all'orecchio, causandole la pelle d'oca.
– Avevi detto che saresti venuto perché volevi una mano per scrivere il saggio.– Dice piegando il collo per cercare di allontanarmi, solo che per sua sfortuna vado dall'altro lato e riprendo da dove mi ero fermato.
– L'ho detto? – Domando retoricamente.
– L'hai detto, Ferrari, hai usato esattamente quelle parole. – Conferma lei.
Afferro i braccioli della sedia e la trascino via dalla scrivania.
– Piccola, per favore, ho una media più alta della tua in italiano, non ho bisogno d'aiuto. Era palesemente una scusa per vederti. – La illumino.
Il viso di Alice si contrae in una smorfia.
– Stronzo. Guarda che hai la media più alta solo perché la professoressa gradirebbe averti come toy–boy, non credere di essere più intelligente di me. – I suoi occhi si riducono in due fessure per quanto mi sta guardando male.
Io faccio spallucce.
– Nessuno resiste al mio fascino – le dico, beccandomi un pizzicotto sul braccio.
– Sei solo un pallone gonfiato! – Sbotta, mentre con le suole delle ciabatte a forma di dinosauro si dà la spinta necessaria per tornarsene alla scrivania a studiare.
Prendo la sedia, questa volta dallo schienale, e la faccio girare verso di me.
– Ma a te questo pallone gonfiato piace – la prendo in giro.
Le guance di Alice diventano rosse, rotea gli occhi esasperata.
– Sì, però mi piace di più quando mi fa fare i compiti in santa pace. Devo studiare se voglio ottenere un buon rendimento e prendere il diploma con il massimo dei voti. Solo così sarò esonerata dal pagare le tasse del primo anno di università. – Mi spiega.
Non appena mi rendo conto della ragione che la spinge ad essere così ostinata a resistere al mio fascino, faccio roteare nuovamente la sedia verso la scrivania.
– E va bene, mi hai convinto, non solo ti lascerò studiare, ti aiuterò a scrivere il saggio breve, così faremo prima e poi potrai dedicarti totalmente al sottoscritto. – Espongo il mio piano brillante.
– Scordatelo, Ferrari. – Tuona Alice. – Non ho bisogno del tuo aiuto. Ho solo bisogno di venti minuti senza essere sedotta. – Dice riprendendo a scrivere.
Trattengo un sorriso, questa ragazza mi farà uscire fuori di testa. Solo qualche mese fa mi chiedeva aiuto per delle idiozie e adesso se la prende se mi propongo di darle una mano per uno stupido saggio breve. Certo che è davvero competitiva.
Torno a poggiarmi sul suo letto, in attesa che lei finisca i compiti. Stiamo ufficialmente insieme da più o meno ventiquattr'ore. Credo che ancora non lo sappia nessuno, a parte noi due. Di certo non sono il tipo di persona che parla degli affari propri ai quattro venti, sono più per i gesti che per le parole.Dopo aver ricevuto quel messaggio – che era finito dritto tra quelli preferiti su WhatsApp – non ci avevo capito più niente. Avevo riso per tutta la serata come un'ebete e purtroppo Alice mi aveva impedito di andare a casa sua poiché era andata a trovarla sua zia Marta e a quanto pare, dovevano parlare della situazione che l'aveva resa strana per giorni interi e che ancora non mi aveva spiegato.
– Ho finito! – Alice interrompe il silenzio gettando la penna sulla scrivania e alzando le braccia per stiracchiarsi un po'.
– Se vuoi posso darci un'occhiata, magari potrei darti qualche consiglio. – Propongo.
– Non ne ho bisogno, è un saggio breve almeno da nove! – Afferma entusiasta.
È possibile notare uno strano luccichio nei suoi occhi, mi guarda come fossimo in competizione per un qualche premio, ma in realtà a me non interessa granché della mia media. Studio il minimo indispensabile e nonostante ciò, riesco ad avere ottimi voti. Ho la fortuna di avere un'ottima capacità critica, qualità che mi aiuta parecchio nelle materie umanistiche e allo stesso tempo riesco ad intuire facilmente i procedimenti matematici, merito anche di mia madre che è un'insegnante di matematica.
– E va bene, se lo dici tu... –
Mi tiro su a sedere, Alice è carina anche all'interno del suo pigiama composto da una t–shirt a maniche corte con la stampa di un cactus con sopra scritto "The wild cactus" e un pantaloncino verde chiaro con sopra stampati tanti piccoli cactus.
Viene verso di me e si accomoda su una delle mie gambe mentre le sue braccia circondano il mio collo.
– Ehi – mi dice come se fossi appena arrivato.
– Ehi, piccolo cactus – la prendo in giro.
– Il mio pigiama è bellissimo ed ironico – lo difende, sorridendo.
– L'unica cosa che lo rende bellissimo, è la persona che lo indossa. Dunque, perché non ce ne liberiamo? –
Alice diventa immediatamente paonazza in viso, i suoi occhi castani si spalancano e la sua bocca rimane socchiusa poiché non sa cosa rispondere. Questa situazione mi diverte parecchio, dunque, decido di continuare a stuzzicarla.
– Cosa c'è Heidi? – Le domando, mentre la mia mano risale lungo il suo interno coscia, oltrepassando la stoffa dei suoi pantaloncini.
– C'è nonna di sotto – sussurra, come se potesse sentirci.
Mi lecco le labbra e le regalo un sorriso sornione. Con la mano libera, le porto una ciocca di capelli dietro la spalla, in modo tale da avere libero accesso al suo collo.
– E quindi? Faremo piano. – La tranquillizzo.
Alice sussulta e diventa ancora più rossa nel momento in cui le mie dita sfiorano la sua intimità attraverso il tessuto dei suoi slip. Credevo che mi avrebbe fermato e invece, con mio immenso stupore, si sporge in avanti e mi bacia.

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