✔ 09. Un ritrovo bizzarro

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Clerk mi poggiò una mano sulla spalla mentre, ancora scossa, mi reggevo la testa tra le mani. Il ragazzo era rimasto sconvolto dalla scoperta riguardo alla stanza 412 e per molto tempo era rimasto in silenzio, tentando di consolarmi tramite dimostrazioni silenziose - una mano sulla spalla, una lieve pacca sul braccio, un sorrisetto sforzato ma di conforto. Sotto sotto avevo capito che anche lui, come me, era sposso e spaventato.
Tirai su con il naso, strusciando la manica della felpa sul viso per levare il rimasuglio di qualche lacrima, e poi mi alzai dalla panca in ferro, avviandomi verso la porta d'uscita.

«Vado a parlare con mia sorella» fu la mia frase di congedo «Mi deve delle spiegazioni.»

I corridoi sembravano più opprimenti, più buii - nonostante il bianco accecante della loro colorazione - e stretti, quasi a volermi soffocare. Qualsiasi persona incontrassi per la mia strada, una guardia o un dottore che fosse, faceva scattare in me un meccanismo di autodifesa che mi faceva schiacciare contro al muro e tremare come una foglia. Dopo la sorte che era stata scelta per me da quelle persone non riuscivo più a vedere il mondo allo stesso modo: non ero decisamente più la ragazza impavida del labirinto, certa di avere qualcuno a coprirle le spalle, ben lontana dalla Allison che aveva liberato i suoi amici da W.C.K.D sparando a tre guardie in solitario. La solitudine, il lavaggio del cervello, l'oppressione, le minacce e il tradimento erano riusciti a rendermi più debole che mai, addirittura più debole di quando mi spararono alla gamba, durante la fuga di qualche mese prima;
Ormai lo sparo era cicatrizzato, ma io non ero decisamente più la stessa.

Il laboratorio di Teresa, tra un pensiero e l'altro, si era fatto sempre più vicino e, dopo una curva finale, mi ritrovai faccia a faccia con mia sorella che, aldilà del vetro, si tolse il camice bianco riponendolo su l'attaccapanni, in prossimità della porta.

Teresa sussultò appena mi scorse «Che ci fai qui? Dovresti essere con gli altri, nella mensa.»

«Ho bisogno di parlare con te» ammisi, sedendomi su uno degli sgabelli in pelle bianca «Mi devi delle risposte.»

«Risposte? In merito a cosa?»

Iniziai a giocare con una delle provette lasciate indisturbate sul tavolo del laboratorio «In merito a tante, tantissime cose. Ma in particolare ad una.»

Teresa sospirò, portandosi indietro i capelli con la mano «Non ho intenzione di parlare nuovamente di quello che ho fatto» disse con voce debole, a tratti tremolante «So che ti ho mentito, ti ho ferita e adesso probabilmente mi odi. Non ti biasimo per questo. Ma non hai mai provato a capirmi, neanche una volta.»

«Ci ho provato eccome a capirti, giorno e notte, mentre ero incatenata al muro della mia stanza, completamente fuori di me e terrorizzata» risposi, astio evidente nella voce «Ci ho pensato, e ripensato e ripensato. Eppure non ti capisco, non ci riesco.»

«Come potresti capire?»

«Non voglio farlo. Va bene così, non possiamo fare niente per rimediare ormai» continuai, prestando totale attenzione alla provetta che si schiacciava sotto alla pressione delle mie dita «Ma non è di questo che io volevo parlare.»

Teresa si accigliò «Di cosa si tratta, allora?»

Quando feci per aprire bocca, due grandi omoni in divisa entrarono nel laboratorio, alzandomi di peso dallo sgabello e allontanandomi da Teresa.
«Ma cosa state facendo? Lasciatela!» li richiamò lei.

«Il soggetto non è autorizzato a stare qui, signorina. Direttive di Janson.»

L'uomo alla mia destra strinse la presa attorno al mio braccio e riprese a strattonarmi. Teresa, dopo qualche attimo di esitazione e degli sguardi affranti nella mia direzione, afferrò la borsa e uscì dalla stanza, entrando in ascensore.

Le porte erano sul punto di chiudersi, dividendo la sua triste espressione dal mio sguardo intinso di rammarico, quando a tutti polmoni le gridai tre semplici parole dall'effetto distruttivo: «Io so tutto!»
Teresa sembrò capire perché, prima che le porte le si chiudessero davanti, sgranò gli occhi.

.

Gally, scocciatosi di aspettare, tolse il sacco dalla testa della ragazza. Teresa si guardò intorno frastornata, ancora sotto shock per quello successo in città poco prima e in laboratorio prima ancora. Si diede un'occhiata in giro, e quando si ritrovò circondata da Thomas, Newt, Minho, Frypan, Brenda, Jorge e Gally si rese conto che il motivo di quel bizzarro ritrovo poteva essere solo uno: Allison.

Diede una seconda occhiata al ragazzo dalle sopracciglia arcuate, incerta se fosse solo un brutto gioco della sua immaginazione «Gally?»

Il ragazzo schiaffò una cartina sul tavolo, incrociando le braccia al petto «Ti faremo qualche domanda, e tu ci dirai esattamente quello che abbiamo bisogno di sapere» si scostò dal tavolo e afferrò una sedia «Partiamo da qualcosa di semplice: dov'è Alli?»

Teresa esitò «Ragazzi voi non pensate seriamente di-»

Gally posò bruscamente la sedia di fronte a Teresa, sedendovisi sopra, rompendo così il contatto visivo di Teresa sui ragazzi che, disperatamente, cercava lo sguardo di Thomas in ogni modo «Non guardare lui. Perché lo stai guardando? Guarda me. Lui non ti aiuterà» Teresa lanciò un'ultima occhiata al ragazzo, poi abbassò lo sguardo «Sappiamo che avete Alli nell'edificio. Dove?»

«È con gli altri nella sala contenimento. Si trova nel livello tre.»

«Quanti altri ci sono?» chiese Newt, seduto a braccia conserte vicino a Thomas e Frypan, alle spalle di Gally. Aveva uno sguardo illeggibile, ma Teresa sapeva l'odio che si nascondeva in lui: Allison era tutto ciò che di più prezioso possedeva.

«Ventotto.» rispose, dopo un secondo di silenzio.

I ragazzi si voltarono verso Brenda, seduta con Jorge, impegnata in una silenziosa partita a carte «Posso farlo funzionare.»

«No-» aggiunse immediatamente Teresa «-no voi ragazzi non capite. L'intero livello è riservato. Non potete entrare lì senza un'impronta digitale di riconoscimento.»

«Ecco perché verrai con noi.» furono le prime parole di Thomas.

«Oh, non lo so. Non abbiamo necessariamente bisogno di lei, giusto?» disse Gally, alzandosi dalla sedia e riponendola al proprio posto «Non di tutta lei» aggiuse poi, afferrando uno dei suoi coltelli dal tavolo «Ci serve solo il suo dito.»

«Gally, stai indietro.» lo avvisò Minho, in tono che non ammetteva repliche.

«Perché? Scommetto che lei è autorizzata ad entrare nel posto dove si trova Alli.» continuò, indicandola con il coltello.

«Non è questo il piano, allontanati.» lo rincalzò Thomas.

«Non farà differenza. Fatemi quello che volete, non passerete comunque dalla porta principale. I sensori riconosceranno-»

«Lo sappiamo, i chip» la interruppe Thomas, accovacciandosi vicino a lei «Ci aiuterai anche con questo.» e le porse il bisturi.

Teresa lo afferrò con un po' di esitazione, mentre Thomas pensò a liberarla dalle corde che la tenevano ferma alla sedia. Gally la osservò in ogni minimo movimento, non volendola perdere d'occhio neanche per un secondo - tra i presenti, era quello che si fidava di meno - mentre Newt si passò la mano sulla faccia, sospirando sonoramente.

«Newt» lo richiamò Teresa. Il ragazzo alzò gli occhi su di lei, visibilmente scosso e preoccupato «Lei sta bene.»

Newt riabbassò lo sguardo, senza dire niente, mentre Gally la guardò in cagnesco «Me lo auguro per te.»

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora