✔15. Sei un disastro, lo sai?

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Che puzza, pensai entrando nel locale.
Puzza di cosa, però, non lo sapevo.
La musica era talmente alta da zittirmi tutti i pensieri, e zittirmi non era cosa da poco. Ogni mio movimento era bloccato dalle persone che ballavano e mi maledissi mentalmente per essermi offerta di andare a cercare Marcus e portarlo da Jorge che, con i pugni lungo i fianchi, si torturava le mani fuori dal locale. Chissà cosa fosse successo tra quei due per causare tutto quel nervosismo.

Picchettai le dita sulla spalla di un ragazzo girato di spalle, rassegnata ormai all'idea di poter trovare Marcus da sola «Scusa, sai chi è Marcus?» urlai, per permettergli di sentire meglio la mia domanda.
Lui non rispose e mi sorrise, sghembo.
Io lo guardai, aspettando una risposta alla mia domanda.
Lui però si girò dall'altra parte, continuando a ballare.
Fanculo, sibilai internamente.

Mi avvicinai allora ad una ragazza, e poi ad un'altra, ed un'altra ancora. Eppure nessuna sembrava capire bene quale fosse la mia domanda.
La mia speranza si riaccese quando, dopo l'ennesima domanda, una ragazza mi prese la mano e mi condusse in mezzo alla folla. Le diedi fiducia, in quanto la sicurezza con cui si dirigeva verso il bancone rendeva sicura anche me che, in un ambiente del genere, mi sentivo un pesce fuor d'acqua.
Mi indicò con il dito un uomo stravagantemente biondo e, senza darmi il tempo di ringraziare, sparì tra la folla.

Mi avvicinai e mi sedetti sullo sgabello vicino al suo, lui mi squadrò da capo a piedi, passandosi la lingua tra le labbra furtivamente -ma non abbastanza perché io non lo notassi. «Scusa, tu sei Marcus?» chiesi.

Lui annuì e sorrise «In persona. Che posso fare per te?» chiese, lo sguardo languido mi fece retrocedere.

«Ho bisogno che tu venga con me.»

Caspio, pensai, gli sto dando tutte le ragioni del mondo per avere l'acquolina in bocca.

«Conosci Jorge?» aggiunsi.

Lui roteò gli occhi «Proprio adesso che la conversazione si faceva interessante...»

Io mi morsi la lingua per evitare di rispondergli a tono. Mi limitai a sforzare un sorriso.

Mai mossa più sbagliata.

La sua mano si poggiò sulla mia spalla nuda, facendomi rabbrividire. Muoveva il pollice con movimenti concentrici e nel mentre mi osservava.

Poi lo vidi sgranare gli occhi.
Jorge, da dietro di me, si scaraventò su di lui, portandogli le mani al collo.

Sussultai dallo spavento, ma sospirai sollevata allo stesso tempo. Il solo contatto con quello strambo mi faceva salire i conati di vomito. E no, non è una constatazione esagerata.

«Va tutto bene?» mi chiese Newt poggiando una mano sulla mia guancia.

Io mi abbandonai al suo tocco delicato che, contrariamente a quello di Marcus, risvegliava dentro di me un ammasso intero di farfalle.

Newt sorrise leggermente «Mi ami talmente tanto da non sentire più le mie domande?»

Io scossi la testa, risvegliandomi dallo stato di tranche temporaneo «No, no ho sentito» risposi. «Sto bene»

Newt allora fece scorrere la sua mano su tutto il mio braccio, fino a prendermi la mano «Raggiungiamo gli altri.»

«Buona idea.»

Era certamente più accogliente Jeorge scaraventare pugni sulla faccia di Marcus rispetto a tutto quel caos ad un muro di distanza. Certo, non era un bello spettacolo, ma era quello a cui ero più abituata tra le due cose.

Jorge continuò a tirare pugni sulla faccia di Marcus a ripetizione, fermandosi solo quando la porta si spalancò.
Dietro di essa c'era Teresa che, insieme a Brenda, trascinava Thomas per un braccio.
Mi alzai di scatto, inginocchiandomi vicino al corpo inerme del mio amico.

«Che è successo?» chiesi allarmata.

Teresa era inconsapevole delle condizioni di Thomas quanto me, così mi voltai verso Brenda, che non tardò a darmi una risposta «Io credo abbia bevuto qualcosa che lo ha ridotto così.»

«Credo?» chiesi ironica. Anche per me, che non avevo mai assistito ad una sbronza, era chiaro che avesse bevuto qualcosa dall'alto tasso alcolico.

«Portiamolo di là.» disse Teresa afferrandolo per le braccia.

Io la aiutai a trascinare Thomas nella stanza accanto e, insieme, lo sdraiammo a terra.

«Che facciamo?» mi chiese Teresa.

Io accarezzai la fronte di Thomas per levare un po' del sudore che lo faceva pezzare e poi mi rivolsi a mia sorella «Ora aspettiamo che si riprenda. Prendi un po' d'acqua.»

Teresa senza dire niente si alzò e lasciò la stanza.

Io rimasi al fianco di Thomas, spostandogli di tanto in tanto i capelli che gli si appiccicavano sulla fronte.

«Dio santo, Thomas» sussurrai. «Sei un disastro, lo sai?»

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora