✔ 17. Battito di ciglia

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È tra le preghiere di Newt che me ne sono andata, tra quei pianti disperati che mi pregavano di resistere ancora un po'. Ma la verità è che ero stanca di resistere, così ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata trasportare via. Sono sparita in un battito di ciglia e l'ultima cosa che ho percepito sono state le calde lacrime di Newt bagnarmi il viso. Insieme alle sue urla strazianti: ce l'avevamo quasi fatta!
E allora mi sono sentita in colpa, perché forse potevo resistere ancora un po', nonostante lo abbia fatto per tutta la mia vita.
Non sentì più le sue mani che mi scuotevano, che mi pregavano di non chiudere gli occhi. Sono andata via senza avvisare, senza permettere nemmeno a me stessa di capire cosa mi fosse successo, cosa mi aveva ridotta a traballare sul sottile filo della vita. E, mentre tentavo di aggrapparmici con entrambe le mani, sono scivolata. Giù, giù, nel baratro oscuro della morte. Però non ha fatto paura, perché dopo quella caduta nel vuoto, c'è il silenzio, c'è la pace, c'è la libertà.
Solo quando ho sentito la vita scivolarmi dalle mani mi sono resa conto di quanto vi ho traballato, su quel baratro oscuro. Ci ho fatto sopra l'equilibrista, mentendo a me stessa e a tutti gli altri: sono debole. Non riesco ad affrontare tutto da sola, non riesco a resistere più degli altri. Alla fine, è bastato un colpo di pistola sparato alla cieca per abbattermi. Mi ha colpita quando avevo capito che non avrei più avuto la forza di rialzarmi e così, in un battito di ciglia, mi ha messa al tappeto.

E, ad un tratto, non c'era più Newt che mi pregava di rimanere al suo fianco che, tra una lacrima e un singhiozzo, mi ricordava tutto il suo amore per me. Non c'era più Minho, la sua determinazione e le sue battute. Non c'era più Thomas, la sua sconsideratezza e il suo coraggio. Non c'era più niente, più nessuno. Solo io che, con un urlo strozzato, mi abbandonavo nelle braccia della morte. E mentre mi trasportava via con le sue ali, ho pensato e ripensato a tutto quello che non ho mai avuto e che avrei potuto avere, se solo il mondo fosse stato meno crudo: un'infanzia, una famiglia, l'adolescenza passata tra cazzate e cazziatoni, la scuola, la responsabilità, il lavoro, l'amore, la libertà. La vita.
Chissà come Kathrine l'avrebbe vissuta: in una piccola casa, spersa in una valle, lontana da tutti, dove crescere felice, insieme ai genitori che le avevano dato la vita e ad una sorella a cui puoi giurare fedeltà eterna.
Invece, c'è stata Allison. In una radura, con un labirinto, senza ricordi e senza libertà, condannata ad una prigionia infame. Senza i genitori, ma con una famiglia disfunzionale e una sorella, con una volontà di salvare il mondo più acuta della propria lealtà.

Continuo a scivolare, mentre la morte mi culla dolcemente, e mi rendo conto che Kathrine era destinata a morire. Che senza Allison niente di ciò che mi ha resa felice sarebbe esistito – Newt, Minho, Thomas, Chuck, Gally, Frypan, Winston, Brenda, Clint, Jeff.
Tutta la mia sofferenza mi ha condotta qui, nel baratro, e mi ha permesso di apprezzare i frammenti di vita che mi sono stati concessi: l'ironia di Minho, le serate nella radura passate attorno al fuoco, Chuck che cerca protezione tra le mie braccia, i sorrisi cordiali dei miei pazienti dopo una medicazione, Thomas che si confida con me dopo il suo arrivo, Alby che mi dà ordini, supereroe Gally, Clint e Jeff che mi insegnano l'arte della medicina. Infine, Newt. Che mi ama, che mi supporta, che mi aspetta, che mi cerca, che mi salva, che prega perché io resista. Questa è vita.

E nonostante fossi nel braccio della morte, non mi ero mai sentita più viva di così. Rinata, con la consapevolezza che, nonostante tutto, ho vissuto, con la capacità di dare un valore alle cose, al tempo, alle persone, alle parole. E fu allora che, forse, chiusi gli occhi. Un battito di ciglia. E poi me ne sono andata.

Ma qui sto bene. Ho tempo per pensare. C'è silenzio. C'è pace. Ci sono io, nel bel mezzo di questo prato verde, poggiata con la schiena al tronco di un albero, che osservo le porte del labirinto, ormai libero dai dolenti, libero dalla morte. Sorrido, perché questo, alla fine, è il mio posto felice; dove è nata Allison.
Non c'è l'odore del polpettone di Frypan, ma solo quello di erba bagnata e fiori, non ci sono i radurai a lavoro, non c'è Winston che canta in macelleria, non c'è Gally che sgrida i suoi compagni, non c'è Chuck che corre ad abbracciarmi ogni qual volta sta male, non c'è nessuno che richiede i miei interventi medici. Eppure io li sento. Sono sempre con me, nonostante io sia sola. Però sto bene e il mio unico dolore è la paura di aver ferito qualcuno, la paura di aver condannato qualcuno all'eterna tristezza. Ma non ne valgo la pena.

Soprattutto penso a Newt, chissà se l'ha letto: quel pezzettino di carta che gli ho nascosto nella giacca prima di tornare nel laboratorio per aiutare Teresa. Chissà se lo ha trovato, accartocciato su sé stesso nella sua tasca. Chissà se ha pianto, chissà se si ricorda di tutto cio che ho scritto, chissà se sta male.

Oh amore mio, non stare male.
Non spezzare il mio cuore al sol pensiero di immaginarti strutto, mentre piangi ripiegato su te stesso. Sii felice perché hai ritrovato finalmente la libertà, perché sarai nuovamente libero di vivere quelle emozioni che ti sono state strappate. Vivi anche per me, e per tutto quello che non siamo riusciti a fare.

E chissà, se in un altro universo sei stato tu a mollare la presa, mentre io ho continuato a resistere.

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora