✔10. La tempesta

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Giorno 4 dalla fuga,
Zona Bruciata

Venni investita dagli abbaglianti raggi solari quando, dopo dieci minuti di stallo, avevo deciso di aprire gli occhi. Osservai Newt che dormiva accanto a me, nel tentativo di farlo sentire osservato e svegliarlo.
Nonostante le basse temperature della notte, io non avevo avuto problemi; Newt mi era rimasto accanto tutta la notte, stringendomi a sè tramite il braccio destro, avvinghiato attorno alla mia vita.
Mi mossi leggermente, nel tentativo di liberarmi dalla sua presa, e lui mugugnò qualcosa di incomprensibile.
«Newt,» gli sussurrai dolcemente «Newt, amore, dobbiamo svegliarci.»
Scosse la testa, stringendosi di più a me «non ora.»
Io sbuffai «dai, alzati.» dissi portandomi in piedi «Svegliamo gli altri e riprendiamo a camminare.»
Lui si stropicciò gli occhi con le mani «perché?»
«perché dobbiamo andare.»
Lui sbuffò, tirandosi a sedere «forza, svegliatevi!» gridò.
L'intero gruppo lo maledisse sottovoce per il troppo baccano e, uno ad uno, cominciarono ad aprire gli occhi.
«che ore sono?» chiese Frypan, impastando le parole.
«ha importanza?» chiesi caricandomi lo zaino in spalla «È l'ora di andare.»
Fui la prima a riprendere il cammino. Il dolore alla gamba stava scomparendo giorno dopo giorno e la ferita era quasi cicatrizzata. Tra tutto il gruppo sembravo essere la più disposta ad arrivare alle montagne; gli altri volevano fermarsi ogni due ore e appena vedevano del buio, fermarsi per dormire. La mia voglia di scoprire cosa ci fosse laggiù era incolmabile, avevo una fame di scoperta inimmaginabile.
Newt mi diceva che avrei fatto la fine di Ulisse, l'eroe dei poemi omerici, che dalla tanta curiosità si schiantò contro la montagna del Purgatorio insieme a tutto il suo equipaggio.
Speravo che la mia fine non sarebbe stata così brutale come la sua.
«Allison,» chiamò Teresa alle mie spalle «secondo te ne vale la pena?»
La guardai accigliata «fare cosa?»
Lei si guardò intorno «tutto questo. Le montagne, il deserto e la fuga. Hanno avuto senso? Serviranno a qualcosa?»
«lo scopriremo.»
«e se le cose non cambiassero?»
La guardai sospirando «dove vuoi arrivare, Teresa?»
Lei sembrò preoccupata «dovremmo tornare indietro per trovare una cura.»
«non ricominciare con questa storia, o dovrò smettere di fidarmi di te.» risposi dura.
«non lo so se stiamo facendo la cosa giusta...» sussurrò.
«che sia la cosa giusta o no, quelle montagne laggiù - dissi indicandole con l'indice - sono la nostra libertà, quindi fammi il favore di farmele raggiungere, poi tu sarai pure libera di tornare indietro e aiutare quegli assassini.»
Lei si ammutolì, guardandosi i piedi «mi dispiace.»
«lo so.»

Dopo quella conversazione con Teresa smisi di parlare con chiunque, non potendo smettere di pensare quanto fosse pericoloso averla insieme a noi se l'unica cosa che voleva era tornare sui propri passi. La testa mi diceva di non fidarmi, ma il mio cuore non poteva far altro che ricordarmi che quella era mia sorella e che non mi avrebbe negato la libertà, mai e poi mai.
«a che pensi?» mi chiese Minho affiancandomi.
Io scossi la testa, tornando nel mondo reale «secondo te cosa c'è su quelle montagne?»
Lui alzò le spalle «un biglietto di solo andata per la libertà?»
Io sorrisi leggermente «già, non sarebbe affatto male.»
«chissà, adesso potremmo arrivare là, essere catturati di nuovo ed essere venduti al mercato nero.»
«che idiota che sei.» commentai, facendolo ridere.
«come va con il tuo fidanzatino?»
«perché me lo chiedi?»
«non lo so,» disse alzando le spalle «lo vedo un po' accigliato.»
Alzai gli occhi al cielo «ma se neanche sai cosa vuol dire la parola accigliato
Minho mi diede un pugno sulla spalla «stronza.»
Mi feci scappare una risatina, ricambiando il pugno.
«ti devo confessare una cosa...» mi disse sottovoce.
Io annuì, leggermente preoccupata.
«in questi giorni mi sto letteralmente cagando sotto,» lui sorrise «no aspetta, non proprio letteralmente. È che ho paura, paura sul serio.»
«e di cosa?»
«di aver fatto tutti quegli sforzi e poi finire in gabbia di nuovo.»
Presi la sua mano nella mia, accarezzandone il dorso «sta tranquillo, andrà bene. Nessuno ti metterà più in gabbia.»
Mi sorrise in modo accennato e poi mi superò, affiancando Thomas. Osservai ogni sua mossa, mentre nella mia testa le sue parole rimbombavano. Non avevo mai visto Minho così preoccupato come lo era adesso, di solito era sempre così disinvolto e sicuro di sé, talmente tanto da sembrare fatto di cemento armato, senza paura o tremolii. E invece era umano anche lui, fatto di ossa e tessuti, di organi e muscoli. Chi l'avrebbe mai detto?

Era buio, buio pesto, non riuscivo a vedere più in là del mio naso e, a mio discapito, decidemmo di fermarci per la notte. Stavolta non fummo tanto fortunati da trovare delle macerie per ripararci, così fummo costretti a restare esposti in mezzo al deserto. Tirava vento e non prometteva essere una serata tranquilla.
«cazzo!» esclamai mentre cercavo di evitare che la sabbia mi finisse negli occhi «Lo sapevo che fermarsi era una pessima idea.»
Mi alzai in piedi, notando che tutti attorno a me dormivano beati. Scossi i pantaloni e le scarpe dalla sabbia, coprendomi meglio dal freddo con la mia sciarpa. Alzai lo sguardo al cielo per un attimo e mi si gelò il sangue nelle vene: una tempesta.
«Newt, svegliati, presto!» lo scossi più e più volte, fino a che non si svegliò.
«che succede?» chiese.
«una tempesta, dobbiamo andare!»
Il ragazzo scattò in piedi, aiutandomi a svegliare gli altri.
Se non avessimo trovato un posto per ripararci saremmo stati fritti, in tutti i sensi possibili.

«veloci!» ci gridava Thomas «Vedo un edificio!»
Io, dietro di lui, me la stavo facendo nei pantaloni. I fulmini continuavano a cadere vicino a noi, sfiorandoci appena. Potevo sentire la terra sotto i miei piedi tremare e mi resi conto che, in vita mia, non ero mai stata così terrorizzata come lo ero in quel momento.
«ci siamo quasi, resistete!» ci incoraggiava Thomas.
Il mio fiato era quasi esaurito e le mie gambe stavano per collassare. Mi rassicurò vedere che l'edificio era a qualche metro da noi e, contrariamente alle montagne, non sembrava allontanarsi a vista d'occhio.
Un altro fulmine si scaraventò vicino a noi, facendo tremare qualsiasi cosa. Rallentai leggermente la corsa per poter verificare che tutti, dietro di me, stessero bene.
Tirai un sospiro di sollievo inizialmente, ma poi un altro fulmine si impattò sul terreno.
«Minho!»
L'unica cosa che riuscì a fare fu gridare.

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora