✔09. Soltanto l'inizio di tutto

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Avevo pensato molte volte alla libertà quando eravamo rinchiusi nella Radura; l'avevo immaginata in talmente tanti modi da non sapere se essere sorpresa o delusa dal suo vero aspetto. Camminare in un deserto sotto al sole non era di certo l'opzione peggiore che ci potesse capitare. Se avessi pensato intensamente mi sarebbero venute in mente, all'incirca, mille condizioni peggiori di quella in cui ci trovavamo.

La coscia continuava a fare un male cane, soprattutto quando camminavo in salita, ma - secondo i miei calcoli - in poco si sarebbe cicatrizzata, liberandomi di uno dei tanti pesi che portavo sulle spalle; giusto per citarne un altro? Winston.
Dalla sua morte erano passati due giorni e, da allora, non ero riuscita a darmi pace neanche per un'istante. Ogni qual volta che si vagava per le lande desolate, il suono dello sparo mi faceva vibrare i timpani e traballare le gambe. Era una sensazione orribile.

In due giorni eravamo riusciti a percorrere parecchi chilometri, anche se, a dir la verità, le montagne sembravano allontanarsi sempre di più, dandomi l'impressione che ad ogni metro percorso retrocedessimo di altri dieci. Esasperante.

«ragazzi, volete fermarvi per oggi?» ci chiese Thomas, facendoci notare un ammasso di macerie a pochi passi da noi.

I miei occhi si spalancarono, temendo di aver intercettato un miraggio. Annuì numerose volte, poggiando una mano sulla fasciatura «la gamba non reggerà a lungo, Thom.»

«d'accordo,» disse poggiando lo zaino a terra «allora ci fermiamo.»

Zoppicai fino ad una maceria, sedendomici contro. Mi massaggiai l'osso sacro con le dita per alleviare il dolore alla schiena, causato dal peso dello zaino e sospirai profondamente. Sono un fottuto straccio, pensai.
Mi posizionai meglio sulla sabbia, emettendo lamenti dettati dal dolore, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi il più possibile.
Mi addormentai.


Mi risvegliai cullata dal tepore che emanava il fuoco vicino a me, perdendomi un attimo a fissare la danza delle lingue di fuoco che, facendosi trasportare, seguivano i movimenti del vento.

«ehi, buongiorno.» sussurrò Newt al mio orecchio.

«ehi,» risposi io, posando la testa sulla sua spalla «quanto ho dormito?» chiesi stropicciando gli occhi.

Lui mi passò il pollice sulla gancia, ripulendomi da un po' di sabbia rimasta lì a causa del sudore «mezz'ora buona.»

Sbadigliai, arricciando leggermente il naso «pensavo di aver dormito per un'eternità...»

«è normale che tu non riesca a dormire, neanche io ci riesco a volte.»

«e che cosa fai?» chiesi «Quando non riesci a dormire, intendo.»

Lui sorrise alla me appena sveglia ed impacciata «ti guardo dormire.» rispose poi.

«inquietante.»

«o romantico.» controbattè lui.

Arricciai il naso, sollevando le sopracciglia «no, decisamente inquietante.»

Si limitò a sorridermi, passando il braccio intorno al mio bacino. Mi avvicinai di più a lui, sistemando la testa nell'incavo del suo collo.
Guardai poi i miei compagni attentamente, osservando con attenzione Frypan che, silenziosamente, si rigirava tra le mani un coltello con un'incisione sul manico. Dalla mia visuale era complicato poter vedere tutte le lettere, ne decifrai solo alcune: W__ST_N.

Cercai di reggere il colpo quando feci due più due, rendendomi conto di chi fosse l'arnese.
Guardai Frypan, rimproverandolo con gli occhi «puoi metterlo via?» gli chiesi.

Lui mi guardò un momento prima di riporlo nello zaino «scusa.»

Abbassai lo sguardo sui miei piedi, cercando di nascondere le lacrime agli angoli degli occhi che stavano a significare solo una cosa: senso di colpa. Il fatto di esser stata incapace di salvarlo mi tormentava in ogni momento, facendomi sentire incredibile inutile e una fallita. Avevo passato due anni della mia vita a salvare le persone e me ne ero fatta scappare una per strada. Che delusione sarei stata per Clint e Jeff? Ma soprattutto, che delusione ero stata per Winston? Aveva aggrappato le sue ultime speranze di sopravvivenza a me, ed io lo avevo lasciato cadere.

«non è stata colpa tua, ok?» mi disse Newt, percependo il mio pianto silenzioso «Credevo che fossimo tutti immuni.» aggiunse poi, dopo eterni secondi di silenzio.

«non tutti, a quanto pare.» commentò Teresa, sdraiata vicino a me.

Tirai su con il naso «non voglio più parlarne, per favore.»

Thomas mi sorrise comprensivo, seduto dall'altra parte del fuoco «Allison noi non ne parleremo più, però tu smettila di addossarti colpe che non hai. Non è stata colpa tua, e anche lui lo sa, tutti lo sappiamo.» io rimasi in silenzio, continuando a fissare le mie scarpe «Non ti darai più la colpa di una cosa che non hai fatto, promesso?» aggiunse il ragazzo moro.

Io alzai, per la prima volta, lo sguardo da terra, fissando il ragazzo dritto negli occhi, annuendo impercettibilmente «va bene, lo prometto.»

Newt mi strinse a lui un po' di più, lasciandomi un bacio tra i capelli «non farti abbattere, non demoralizzarti,» mi disse, accarezzandomi la nuca «perché questo è soltanto l'inizio di tutto.»

Soltanto l'inizio, ripetei tra me e me, come una ninna nanna; una ninna nanna che dava i brividi, che metteva paura e che toglieva il sonno, ma perlomeno era realistica.

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora