✔ 10. Attivazione protocollo di sicurezza

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Poggiai la fronte contro al muro della mensa, ormai consapevole che senza Teresa nei paraggi non avrei mai saputo quale sarebbe stata la mia vera sorte. Il sangue nelle vene continuò a ribollire senza sosta al solo pensiero che, con la scusa di essere una famiglia, mi aveva attirata nella sua trappola – e io, solitamente diffidente, mi ero lasciata ingannare.

«Smettila di farti il sangue amaro» sospirò Clerk «Non è di certo stata colpa tua.»

«Vorrei fosse così.»

Sbuffai, scostandomi dal muro e iniziando a camminare per la mensa con le braccia conserte.
Era ormai passata ora di cena, Teresa se ne era andata e la maggior parte del personale non necessario si stava preparando per uscire nella città. Le guardie, invece, scorrazzavano avanti e indietro per i corridoi, bloccando ogni uscita. Avevo bisogno di un piano per raggiungere la stanza 412 in sicurezza, e recuperare il documento che mi riguardava.
La guardia fuori dalla porta sarebbe stato solo il primo degli effetti collaterali della mia effrazione.

«Clerk, ho bisogno del tuo aiuto.»

Lui sembrò restio «Basta con le tue idee assurde, Alli, finirai per farti uccidere sul serio.»

«Mi dicesti che se avessi voluto fottere il sistema, tu saresti stato dalla mia parte» recitai a memoria le sue stesse parole «Dimostralo.»

Clerk imprecò sottovoce. Con uno sbuffo alzò lo sguardo su di me e, silenziosamente, mi invitò a dirgli di più.

«Devi distrarre quella guardia per me.»

«Che hai intenzione di fare?» chiese, avvicinandosi per poggiarmi una mano sulla spalla «Niente di troppo avventato, spero.»

«Devo tornare in quella stanza e recuperare il documento che mi riguarda» risposi io «Era un fascicolo intero su di me, vorrà pur significare qualcosa.»

«Se ti beccano...» mi avvisò lui, con voce triste, quasi rassegnata.

«Non succederà» lo rassicurai nell'immediato «Perché ci sarai tu a distrarre le guardie» continuai. Non sembrò rassicurato abbastanza, così continuai a parlare «E io so cavarmela.»

«Lo so. Sei la persona più in gamba che io conosca» io accennai un sorriso «Ma questo non significa che riuscirai a scappare da tutte quelle guardie.»

«Prova a fidarti di me.»

Inspirò profondamente dal naso, osservandomi intensamente con gli occhi che iniziarono ad inumidirsi «Mi fido» confessò infine «Ma ti prego, stai attenta.»

Io lo abbracciai di slancio, ispirando il profumo di detersivo proveniente dalla sua felpa. Clerk mi strinse più forte a sé, stringendo la presa sulla mia schiena «Sei forte, Alli» sussurrò «E una pazza.»

«Non è per questo che mi vuoi bene?»

Lui sorrise, interruppe il nostro abbraccio, tornando serio «Dimmi cosa devo fare» Misi una mano nella tasca della felpa e tirai fuori un coltello, lui sgranò gli occhi «Dove cazzo l'hai preso quello?»

«L'ho rubato durante la cena, ma non è questo l'importante» risposi sbrigativa «Appena uscirai di qui, fai in modo che la guardia ti veda con questo. Poi corri» spiegai «Corri più a lungo che puoi, e rimani in questa ala. Fai in modo che stiano lontani dalla 412 il più possibile, e quanto più a lungo puoi.»

«Cosa faccio se mi beccano?»

«Non ti faranno niente. Il massimo che possono fare è portarti al terzo piano, nell'ala di contenimento» spiegai «Ci avrebbero portati lì comunque prima di domani, ho sentito la dottoressa Grunt parlarne con le guardie.»

«D'accordo» rispose, riponendo il coltello in tasca «Tu cerca di fare il più in fretta possibile.»

«Buona fortuna.»

«Buona fortuna» rispose «Non posso credere di essermi fatto convincere a partecipare ad uno dei tuoi piani suicidi.»

[...]

Il fascicolo rosso carminio fu la prima cosa che vidi appena entrata nella stanza; era poggiato sulla scrivania, chiuso, e vi erano stati posati sopra diversi fogli di appunti. Li spostai, facendoli cadere a terra.
Aprì il fascicolo e cominciai a sfogliarlo: per prima cosa mi ritrovai davanti un grande foglio bianco, con sù scritto “ESPERIMENTO DEL LABIRINTO: GRUPPO A”. Cominciai a girare le pagine velocemente, notando solo un'infinità di scarabocchi riguardo la progettazione del labirinto e il funzionamento dei dolenti. Poi qualcosa catturò la mia attenzione; la foto di Teresa occupava, nell'angolo in alto a destra, un buon quarto della pagina. Di fianco ad essa vi erano delle informazioni.

Nome: Teresa

Soggetto: A1 – La traditrice
Stato: immune

E dopo di lei, anche gli altri miei compagni del labirinto.

Nome: Thomas
Soggetto: A2 – deve essere ucciso dal gruppo B
Stato: immune

Nome: Newt
Soggetto: A5 – il collante
Stato: immune

Nome: Minho
Soggetto: A7 – il leader
Stato: immune

Poi vidi il mio fascicolo;

Nome: Allison
Soggetto: A8 – la cavia
Stato: immune

A differenza di quello degli altri, era seguito da una pagina colma di appunti e parole sconnesse, alcune frecce e collegamenti tra frasi che, comunque, continuavano a non avere senso. Vi era segnato il nome di Mary, quello di mia madre e il mio nome originale. Più in basso, collegato da una freccia a quelli precedenti, vi era scritto il nome di mio padre e quello di mia sorella. E ancora, cerchiata con un evidenziatore, vi era la frase “in caso di riscontro positivo: morte”.

Piegai la pagina e la nascosi nella tasca della felpa, chiudendo il fascicolo e risistemandolo al suo posto. Raccolsi i fogli che avevo buttato a terra e li posai nel loro luogo originale, cercando di coprire in qualsiasi modo le tracce del mio passaggio.
Mi piegai a carponi sul pavimento e rientrai nei condotti dell'aria, sbucando esattamente dalla parte opposta, all'esterno della stanza, affacciandomi sul corridoio buio e completamente deserto.
Mi alzai velocemente, affrettandomi per tornare verso la mensa e facilitare la fuga a Clerk che, oramai, doveva aver sudato sette camice – a meno che non fosse stato già fermato da una delle guardie.

Il silenzio assordante del corridoio fu interrotto dalle sirene dell'allarme di sicurezza e da una voce metallica che, dall'impianto vocale sulle pareti, iniziò ad esclamare a gran voce: “irruzione. Attivazione del protocollo di sicurezza”.

Sussultai al rumore improvviso.

«Ferma dove sei!» gridarono due grandi voci alle mie spalle.
Dietro di me, nel frattempo, erano arrivati due uomini nascosti dalla divisa delle guardie, che con i loro fucili a scariche elettriche mettevano una grande paura.

«Merda.» sussurrai, poi iniziai a correre, senza sapere precisamente dove stessi andando.

Ma, in quel momento, non sembrò importante.

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora