✔03. Parlando mi riveli un sacco di cose sulla tua personalità

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Dopo la mia conversazione con Newt ero tornata nella mia camera da letto, liberandomi delle scarpe e sdraiandomi sul comodo materasso: dopo quello che era successo oggi avevo bisogno di staccare la spina. Chiusi gli occhi e sistemai meglio il cuscino sotto la mia testa ma qualcuno bussò alla porta.
Sbuffai e, facendo forza con le braccia, mi tirai su «avanti.» dissi.
La porta si aprì lentamente, rivelando Abby dietro di sé, aveva un taccuino in mano e una penna nell'altra.
«ciao Allison.» mi salutò lei, io ricambiai con un sorriso.
La osservai prendere una sedia e accomodarsi di fronte al mio letto, di fronte a me «perché sei qui?» chiesi.
Lei aprì il taccuino e impugnò meglio la penna nella mano destra, poi accavallò le gambe e sistemò i suoi occhiali sul naso «hai mai sentito parlare di sedute psicologiche?»
Corrucciai le sopracciglia confusa «che cosa sono?»
Lei sorrise «tu mi dici quello che senti, quello che provi. Se non ci riesci posso farti delle domande.» prese un bicchiere d'acqua e me lo porse «Bevi.»
Io afferrai il bicchiere e bevvi un sorso d'acqua «quindi lo scopo di queste sedute è farti gli affari miei?»
«lo scopo è farti liberare da qualsiasi tipo di peso tu abbia. Parlami e capirai quello che sto dicendo.»
La guardai male «non ci penso neanche.» lei scrisse qualcosa sul suo taccuino «perché scrivi? Non ti ho detto un bel niente.»
«è qui che ti sbagli. Parlando mi riveli un sacco di cose sulla tua personalità, Allison.»
La squadrai da capo a piedi «bene, allora sto zitta.»
«che cosa ti ricordi della Radura?» chiese lei, annotando la domanda sul taccuino.
«ci senti? Ti ho detto che non parlo.» ripetei io, un po' più spazientita di prima, lei mi guardò in attesa di una risposta. Sbuffai «allora... ricordo l'odore dell'erba fresca la mattina quando mi alzavo, decisamente migliore dell'odore del cibo di Frypan. Ricordo il sole, quando sorgeva e sbucava da dietro le mura del labirinto, o quando tramontava. Spesso mi fermavo in cortile davanti alle mura a guardare quanto quei colori si sposassero bene insieme.»
La osservai attentamente, scriveva ogni parola che dicevo e annuiva mentre lo facevo «bene, qualcos'altro?»
Alzai gli occhi al soffitto «ricordo le serate passate intorno al fuoco. Winston era solito raccontarci le storie di paura, che in realtà non facevano paura per niente. Non abbiamo mai voluto deluderlo, quindi facevamo finta che ci spaventassero. Eravamo una grande famiglia.»
«eravate?» ripeté lei.
Io annuì «la maggior parte di loro sono morti.»
«vuoi raccontarmi di qualcuno in particolare?»
«c'era questo bambino, si chiamava Chuck. Lui era molto dolce, e parecchio goffo. Puzzava sempre di sploff di mucca, ma gli volevo bene comunque. Non dicevo mai di no ad un suo abbraccio o alle sue richieste di voler passare del tempo con me. Non ho mai capito se io per lui fossi come una sorella maggiore, ma io ho sempre fatto finta di esserlo. Ho cercato di proteggerlo dalle prese in giro e da tutto quello che ci è successo, ma non ci sono riuscita. Per colpa mia lui adesso è-» mi bloccai. Il magone che avevo in gola non mi permise di finire la frase «Scusa, mi sono fatta prendere.» continuai.
Abby mi guardò compassionevole «non preoccuparti. Posso capire il tuo dolore.» disse poggiandomi una mano sulla spalla.
«abbiamo finito?» chiesi.
Lei negò «ti dispiace se ti faccio qualche altra domanda?»
«ormai è troppo tardi per tirarsi indietro.»
«ti ricordi qualcosa della tua vita prima del labirinto? Va bene qualsiasi cosa.»
«non sono propriamente ricordi. Mentre ero nel labirinto ho fatto dei sogni strani. La maggior parte delle volte erano immagini sconnesse tra loro, veloci diapositive, ma altre volte erano vere e proprie scene, come quelle di un film. Solitamente sognavo mia sorella, Teresa, ma altre volte sognavo una donna bioda che continuava a ripetermi che W.I.C.K.E.D è buono.»
«e tu sai cos'è questo W.I.C.K.E.D?» mi chiese sistemando gli occhiali.
Io feci cenno di no con la testa «non ne ho idea, ma credo sia collegato con le persone che ci hanno messi dentro al labirinto.»
«hai mai sognato altri tuoi membri della famiglia? Oppure degli amici.»
«no, solo mia sorella.» dissi. Chissà se poteva capire che stavo mentendo. La scrutai a lungo, e lei guardò me.
«mi stai dicendo la verità, Allison?»
«assolutamente sì.» risposi impassibile.
«bene,» disse chiudendo il taccuino «allora per oggi abbiamo finito.»
«che significa 'per oggi'?»
«non ti dispiace se domani torno a farti qualche domanda, vero?»
Avrei voluto lanciarle una sedia addosso, come poteva domandarmi una cosa del genere? Non la volevo nei miei pensieri, non volevo che si impossessasse dei miei sentimenti o che scoprisse le mie debolezze.
«certo che no, non è un problema.» dissi sistemando la sedia che aveva usato la dottoressa.
«perfetto,» disse aprendo la porta «tornerò domani alla stessa ora.»
«d'accordo.» dissi io.
Mi precipitai a mettere le scarpe, dovevo assolutamente dire ai ragazzi quello che mi stavano facendo. Afferrai la scarpa velocemente e, mentre afferravo anche l'altra, sentì la serratura della porta scattare.
Mi aveva chiusa dentro.
Mi aveva ingannata.
Avevo abbassato la guardia, di nuovo.

Era passata mezz'ora ed io ero ancora rinchiusa nella mia stanza.
Le avevo provate tutte: forzare la serratura, gridare, dare calci alla porta e addirittura a lanciarci una sedia contro, ma niente aveva funzionato. Quella porta era stata progettata per farmi rimanere chiusa qui. Tutto era stato progettato per questo giorno.
Non mi era mai stato sospetto il fatto che io potessi fare sogni sul mio passato e gli altri no, ma adesso era chiaro. Queste persone volevano che io venissi qui e raccontassi loro tutto, sapevano chi isolare dal resto del gruppo e lo hanno fatto senza impedimenti. Me e Teresa, ecco chi davvero serviva a queste persone. Ero stata talmente stupida da poter pensare che, finalmente, qualcuno potesse volere il mio bene, che qualcuno volesse proteggermi e invece era un'illusione.
Parlando mi riveli un sacco di cose della tua personalità, Allison.
Non era una semplice frase ad effetto, era la verità. Dal momento in cui ho messo piede qua dentro mi hanno messa sotto alla custodia della dottoressa Abby in modo che scoprisse la mia personalità soltanto parlandomi. Ecco perché mi avevano mostrato Teresa, perché sapevano che avrei reagito in modo aggressivo, e lo sapevano perché Abby mi aveva analizzata. Niente di quello che era successo era casuale. Volevano suscitare in me una reazione, ma perché? Perché volevano che reagissi in modo aggressivo? Che cos'ho di così speciale?
La testa mi scoppiava, avevo troppi dubbi che bazzicavano e mi sentivo esplodere di rabbia: mi avevano teso una trappola ed io, come una stupida, ci ero cascata in pieno.


Un'ora e mezza; ecco da quanto tempo ero rinchiusa là dentro. Era aumentato il tempo della mia prigionia proporzionalmente al numero di dubbi nella mia testa che, ogni minuto che passava, erano sempre di più. Perché io, tra tanti, ero quella da analizzare? Cosa avevo di speciale?
La testa girava a tal punto che, da un momento all'altro, avrei potuto perdere i sensi «porca puttana!» gridai, scaraventando la sedia contro la porta ancora una volta. Ero arrivata all'esasperazione, in un momento in cui non riuscivo ad essere lucida.
«fatemi uscire di qui!» gridai nuovamente «Per favore.» singhiozzai, rannicchiandomi in un angolo della stanza. Mi sentivo sull'orlo di un precipizio, sentivo le ossa bruciare e la testa esplodere. Che cosa mi avevano fatto?
Cercai di alzarmi, ma le mie gambe erano improvvisamente pesanti. Con le poche forze rimaste mi aggrappai alla scrivania e, nel tentativo di non cadere a terra, feci cadere sul pavimento il bicchiere d'acqua che mi aveva dato Abby prima di iniziare la seduta. Ma non era acqua normale, era granulosa, come se ci avesse messo una pasticca a sciogliere dentro.
Una pasticca...
Non ero lucida, e la testa girava.
Le gambe non reggevano e le ossa bruciavano.
La mia mente viaggiò in una sola direzione: mi aveva drogata.






𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora