Capitolo 43 - Ferie (Parte 4)

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Era ormai domenica pomeriggio, il loro ultimo giorno di ferie.

Entrambi erano rientrati al centro la sera prima e in quel momento erano in camera, nel dormitorio della CIA, dopo aver fatto un paio d'ore di allenamento.

Il cellulare di Eve squillò.
Sbuffò e rispose svogliata: «Ciao, John.»

«Subito nel mio ufficio» tagliò corto il Capo.

«Solo io o anche Hiwatari?»

«Non ho urgenza di vederlo, ma già che ci sei portalo, così dico anche a lui un paio di cose.»

La bocca della ragazza si increspò in una smorfia, «Ok, a subito.»
Mise giù il cellulare.
«Merda» sussurrò inquieta.

«Non posso lasciarti sola due settimane che già finisci nei casini? Cos'hai combinato?» le chiese in tono canzonatorio Daniel, fissandola con sguardo inquisitore.

«Niente!» rispose brusca.

«E come mai Graham ti ha convocata?»

«Non lo so. Comunque ha convocato anche te, alzati che andiamo!»

«E come mai hai quello sguardo preoccupato?» La fissò con un ghigno malizioso, sollevando un angolo della bocca.

«Ma cosa dici? Non ho nessuno sguardo preoccupato.»

«Certo, certo...» Ridacchiò, mentre si infilava la felpa e seguiva Eve fuori dalla stanza.

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Arrivarono nella sala d'aspetto dell'ufficio di Graham.
Gladis, la segretaria, era assente, probabilmente nel weekend non lavorava. Decisero quindi di entrare senza previo annuncio.

Le porte vetrate si aprirono in automatico al loro passaggio.

«Ciao, John, eccoci qui!» esordì la ragazza con falso entusiasmo.

Daniel si esibì in un lieve inchino, per poi mettersi sull'attenti, «Buonasera, signore.»

«Eve, potresti aspettare un secondo fuori? Parlo con Hiwatari un minuto dei suoi corsi e poi mi dedico a te.»

Lei girò sui tacchi e tornò in sala d'aspetto.
Mugugnò mentre si accomodava su una poltroncina in pelle nera e iniziò a giocherellare con la sua catenina, fissando distratta il candido pavimento lucido.

Pochi minuti più tardi, le porte si aprirono e ne uscì un Daniel raggiante, sembrava molto soddisfatto della conversazione appena intercorsa.

«È il tuo turno. Ti aspetto qui» le disse con il suo solito tono allegro.

La ragazza si alzò sbuffando e rientrò nell'ufficio, fino a giungere al cospetto del Capo, che la attendeva dietro l'elegante scrivania in legno.

«Buonasera, Eve, hai passato bene le vacanze?»

Si sedette disinvolta su una delle due poltroncine nere e accavallò le gambe.
«Due settimane molto piacevoli, grazie» rispose vaga.

«E dimmi, dove sei stata?»

«Oh... un po' di qua, un po' di là, sai com'è...» Sollevò le spalle, «ho preso il primo aereo in partenza e ho provato a vedere dove mi portasse.»

«E non sei stata a Miami?»

«Oh, sì, certo! Bella città, ma la spiaggia è davvero sopravvalutata, credimi; in Italia c'è decisamente di meglio.»

L'uomo la fissava negli occhi, alla ricerca di un qualunque minimo segno di incertezza nel suo sguardo all'apparenza sereno. Conosceva bene le doti recitative di Eve, celare le proprie emozioni era la sua specialità. Quando voleva, sapeva diventare un'altra persona, qualunque persona. Era brava a fingere quasi quanto a uccidere.
«Non mi sembri il tipo da passare una settimana ferma in spiaggia a prendere il sole» constatò.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora