Capitolo 36 - L'esame (Parte 5)

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«Non ho intenzione di strisciare ai piedi di quel bastardo!» urlò la ragazza, dritto in faccia a Daniel.

«Eve, mettiamola così, allora: non dovrai strisciare ai piedi dell'istruttore. Dovrai strisciare ai MIEI piedi, mentre io trascino settanta chili di manichino al posto tuo! Così ti suona meglio?»

Lei gli ringhiò contro, ma subito si ricompose.
«Sì, meglio» sibilò tra i denti, per poi sdraiarsi pancia a terra nel fango con il fucile stretto tra le mani.

L'istruttore era rimasto in disparte a guardarli battibeccare. Non sapeva ciò che si stessero dicendo, perché i due parlavano sempre in italiano tra loro, probabilmente lo facevano proprio per non essere compresi dagli altri.

L'esame era arrivato al punto delle prove di forza e sarebbe andata avanti così per tutto il resto della giornata. Serviva a testare la resistenza fisica e psichica dei cadetti.

Quella prima prova era a coppie: simulazione di salvataggio di un ferito sul campo di battaglia.
Mentre uno dei militari trascinava un manichino da settanta chili fino alla "zona sicura", l'altro doveva coprirgli le spalle, strisciando a terra imbracciando il fucile.
A metà strada i ruoli si sarebbero dovuti invertire, ma era impossibile che quella ragazza potesse trasportare il manichino, che pesava di gran lunga più di lei.

Era dall'inizio dell'esame che gli istruttori si chiedevano cosa fosse saltato in mente a quelli della CIA: mandare un'esile ragazzina a sostenere quell'esame era una cosa da incoscienti, non sarebbe mai arrivata in fondo alla giornata, non sarebbe mai arrivata in fondo a quella prima prova di forza.

Lei dapprima aveva proposto di alleggerire il manichino, "potremmo staccargli le gambe" aveva detto, ma riempire un po' meno uno zaino era un conto, invece tagliare le gambe a un uomo ferito, anche se si trattava di una simulazione, era un oltraggio.
Così il suo compagno si era offerto di fare il lavoro pesante per entrambi. I due ne avevano discusso per un po', ma alla fine la giovane si era detta favorevole. Poi, quando l'istruttore con fare strafottente le aveva intimato di sdraiarsi nel fango e iniziare a strisciare, quella psicopatica aveva sbroccato di nuovo.

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Daniel fissava accigliato Eve, mentre per l'ennesima volta contestava gli ordini dei superiori.
Non aveva nemmeno capito cosa fosse successo quell'ultima volta, era troppo stanco per seguire i loro stupidi discorsi.

Da quando erano iniziate le prove di forza, la ragazza era diventata ancora più nervosa e irascibile, sosteneva che non fosse corretto che lui facesse il lavoro pesante per entrambi.
Pretendeva che, se non poteva essere tolto peso dai manichini che si erano trascinati dietro per tutta la mattina, avrebbero almeno potuto accorciare le distanze che lei avrebbe dovuto percorrere, ma gli uomini avevano avuto ordini dal Sergente Maggiore in persona, ed erano irremovibili.

Eve aveva appena atterrato uno degli istruttori e stava inveendo contro un altro, intervenuto in soccorso del primo.

Danny sbuffò, quella commedia stava andando avanti già da troppo tempo.
Si alzò da terra e si avvicinò con passo deciso, fino a intromettersi tra i due: «Mi scusi solo un momento, signore» disse rivolto all'uomo, poi afferrò la collega per un braccio, trascinandola qualche metro più in là.
«La vuoi smettere?» le gridò in faccia in italiano, continuando prima che lei potesse ribattere qualsiasi cosa, «Senti, mi sta bene se a te non frega un cazzo di questo esame, so che non volevi farlo e che non ti importa se ti eliminano né se ti sbattono fuori dalla CIA; ma io ho sudato sangue per arrivare fin qui e ogni giorno mi spacco il culo, perché essere alla CIA è il mio sogno, ok! Anche a me fa schifo stare qua e vorrei prendere a testate ognuno di quegli stramaledetti bastardi; ma se questo mi servirà per avere più credibilità agli occhi di John e a farmi diventare un vero agente operativo e, magari, farmi dare un qualche straccio di missione interessante, cazzo, sono disposto a leccare le suole delle scarpe a quei bastardi palloni gonfiati.»
Continuava a stringere il braccio della ragazza, mentre gesticolava con la mano libera, finché non la fermò per puntarle il dito contro.
«E sai una cosa? Se continui a fare la stronza cercando di farti sbattere fuori, sono disposto anche a mandarti a fanculo, perché non ho intenzione di farmi trascinare in questo stupido gioco con te! Quindi o ti dai una calmata e inizi a comportarti bene, oppure ognuno pensa per sé e ci rivediamo a esame concluso. Cosa mi dici?»
Rimase in silenzio a fissarla con sguardo furente e un'espressione irremovibile.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora