Capitolo 65 - Nine-Eleven (Parte 8)

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Daniel aprì gli occhi.
Il sole del mattino filtrava già dalla finestra, illuminando la stanza con il suo tenue bagliore.
Si rigirò nelle coperte e si fermò a guardare le doghe del letto sopra di lui.
Niente incubi quella notte. Nonostante il giorno di lutto, Eve pareva aver dormito serena.

Diede un'occhiata all'orologio, ormai era ora di alzarsi.

«Eve, oggi te la senti di venire ad allenarti?»

Non ottenne risposta.

Alzò un po' di più la voce: «Eve?»

Silenzio.

Il suo cuore smise di battere e scattò in piedi.
Con il groppo alla gola si sporse sul materasso superiore.
Vuoto.

«Merda!» Portò d'istinto una mano sulla nuca, iniziando a torturarsi i capelli, «Non di nuovo, cazzo!»

Si guardò intorno, come se sperasse di poterla individuare in un angolo buio della piccola stanza, mentre il panico si impossessava sempre più del suo corpo e il ritmo del respiro accelerava fino a divenire incontrollato.
«Eve?»
In un attimo si ritrovò preda della stessa angoscia che l'aveva travolto il giorno precedente.
Non poteva averla persa di nuovo.

Raggiunse il bagno a lunghe falcate e spalancò la porta, «Ev-»

«Ray, che cazzo fai?» L'urlo colmo di rabbia rimbombò tra le piastrelle e una gelida occhiata lo trafisse.

Si paralizzò alla vista della ragazza seduta sul gabinetto. Lo guardava in cagnesco mentre tentava di coprirsi tirando la maglietta il più possibile verso il basso.
Arrossì all'istante. «S-scusa, Eve... pensavo che-»

«Esci subito di qui, coglione!»

Gli sfuggì una risatina imbarazzata, ma non accennò a muoversi, come imbambolato.
D'un tratto si sentì più leggero, libero dal panico che in un attimo era stato dissolto da quella voce.
Nemmeno si rendeva conto della reale situazione in cui si trovava. Eve era lì davanti ai suoi occhi, nient'altro al mondo aveva importanza.

Un rotolo di carta igienica lo centrò con violenza sul petto, facendolo ridestare.

«Fuori!» L'ennesimo urlo minaccioso gli rimise in moto il cervello, rendendolo finalmente conscio dell'errore che aveva commesso.

Afferrò d'istinto il rotolo prima che cadesse a terra, poi con un rapido scatto uscì, chiudendo la porta alle proprie spalle.

Si appoggiò con la schiena alla parete accanto all'uscio, cercando di riprendere fiato, mentre sentiva le guance andargli a fuoco e aveva ancora l'immagine della ragazza impressa nel cervello.

Dopo qualche istante, la voce iraconda di Eve si fece strada dal bagno: «Ray!»

Chiuse d'istinto gli occhi, temendo il peggio. «Sì?» rispose con tono tremante.

«Ridammi la carta igienica!»

Aprì le palpebre e abbassò lo sguardo sul soffice cilindretto che stringeva tra le mani. 
«Oh... ok...»
Senza nemmeno pensare agguantò la maniglia.

«Ma non osare entrare di nuovo!»

I muscoli si irrigidirono, «E come faccio?»

«Infili la mano senza guardare e tiri verso di me quel dannato rotolo. Non mi pare difficile.»

Prese un lungo respiro.
Aprì uno spiraglio nella porta e vi fece passare il braccio, per poi lanciare alla cieca.
Il mugolio infastidito della ragazza confermò che il passaggio fosse andato a buon fine.
Prima di ritirare la mano, però, ricominciò a parlare, preda della loquacità nervosa: «Comunque, Eve, scusa, ma avevo paura che-»

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora