Capitolo 17 - La cena

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Daniel era al bancone bar del ristorante. Sorseggiava un aperitivo con il Capitano in attesa dell'arrivo dei loro ospiti.
L'uomo continuava a parlargli bonario, ma il ragazzo, stranamente, non era in vena di chiacchierare, in particolare con lui.

Cercava di distrarsi guardandosi intorno e si era incantato a fissare il soffitto dietro il banco, adornato con una rete in corda spessa, dalla quale scendevano delle semplici lampadine a led che imitavano lo stile dei vecchi bulbi a incandescenza. La luce quasi aranciata riscaldava l'ambiente, rendendo il locale accogliente.
Quello era tra i migliori ristoranti della zona e di norma bisognava prenotare giorni prima per avere un posto. Il Capitano doveva essere davvero molto influente per essere riuscito a trovare un tavolo con solo mezza giornata di preavviso.

L'uomo gli assestò un'amichevole pacca sulla spalla, facendolo rinvenire.
Daniel odiava quando quell'individuo si comportava così, tentando a tutti i costi di risultare simpatico.

Gli rispose con un sorriso falso, portando il bicchiere alla bocca, e fissò, con sdegno celato a fatica, il bastardo che aveva fatto scappare la sua prigioniera. Alto e ben piazzato, con folti capelli brizzolati e dei baffoni alla Magnum P.I.; sembrava uscito da un telefilm poliziesco anni ottanta, a volte lo si poteva persino trovare fuori dalla centrale a fumare un grosso sigaro.
Si era sempre chiesto se il Capitano si fosse creato quel personaggio ad hoc, oppure si trattasse solo di un'assurda coincidenza. Se l'immaginava a sfrecciare sulle strade della California a cavallo di una Harley-Davidson bianca e nera, con i Ray-Ban sugli occhi e la stella dorata puntata al petto.

La porta alle sue spalle si aprì e notò il barista girarsi verso l'entrata e fare un sorrisetto sornione.
Incuriosito si voltò per vedere chi fosse entrato.

Una donna con un lungo vestito rosso aderente e décolleté nere aveva appena fatto il suo ingresso.
Anche altri clienti si girarono a guardarla.
I ricci castani le ricadevano sulle spalle, ondeggiando a ogni suo passo al ritmo della gamba che entrava e usciva dal profondo spacco laterale.

Lo sguardo di lei indugiò tra gli avventori e, quando incrociò quello di Daniel, un sorriso ammaliante le si dipinse sulle labbra tinte di rosso, illuminandole il viso.

Il giovane rimase pietrificato da quegli occhi azzurro ghiaccio, incorniciati da una semplice linea nera che li rendeva, se possibile, ancora più luminosi e magnetici.
Un brivido caldo gli attraversò la schiena.

«Ciao, Ray.»

Non riuscì a rispondere, senza parole, completamente sopraffatto da quella visione.
La rabbia che si portava dentro dalla mattina abbandonò all'istante la sua mente, lasciandovi solo un immenso vuoto.

La ragazza attraversò la sala e puntò dritto verso i due agenti.
Poteva percepire su di sé gli sguardi degli uomini presenti.
Odiava essere al centro dell'attenzione, gli occhi di quegli individui, fissi su di lei, la mettevano a disagio, ma dopo la lunga prigionia era piacevole sentirsi di nuovo una donna. In fondo era brava a recitare quasi quanto a uccidere e la parte della femme fatale era tra quelle che le venivano meglio, era perfetta per adescare le sue vittime.

Guardò il suo ormai ex compagno di cella, la stava fissando con stupore. Notò un lieve rossore inondargli le guance.

Sorrise.

Lui aveva un paio di pantaloni chiari eleganti con la piega centrale e una camicia nera quasi troppo aderente, che metteva in risalto il suo fisico, con le maniche arrotolate fin sopra il gomito. Doveva essere finalmente andato dal barbiere perché i capelli scuri erano stati tagliati: più corti ai lati e acconciati in modo da sembrare quasi spettinati; in più sfoggiava una leggera barba "del giorno prima".
I suoi occhi blu erano fissi su quelli di lei, e avevano una strana luce che la attirava inconsciamente verso di lui.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora