Capitolo 26 - La fine della giornata

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La porta dell'aula si aprì e Daniel ne uscì assieme ad altri studenti, più stralunato e spettinato del solito.

«Allora come è andata?» chiese Eve, che lo stava aspettando in corridoio.

Lui grugnì e le passò davanti.

La ragazza fece una risatina a denti stretti e gli si affiancò. «Pensavi di sparare, non è vero?»

La guardò con occhi pieni di risentimento, «Già...» borbottò seccato.

«So che avrei dovuto dirtelo, ma non volevo spegnere quella fiammella di entusiasmo che avevi! Storia, componentistica e situazioni d'uso di ogni arma, giusto?»

«Già: solo e soltanto teoria! E di nuovo tutto, tutto in inglese! Per fortuna hanno mostrato qualche immagine, altrimenti non ci avrei capito un cazzo. Maledetto corso "Armi da fuoco"!» Sbuffò, passandosi con foga una mano tra i capelli, spettinandoli ancora di più, «Ma quand'è che passerò un po' alla pratica?» disse rivolto al soffitto con tono supplicante.

Lei scoppiò a ridere e dopo qualche secondo cercò di ricomporsi.
«Beh, sei appena arrivato, purtroppo devi sorbirti un po' di teoria prima di poter iniziare a divertirti, direi almeno un paio di settimanelle, se non tre.»
Il ragazzo fece un verso di disapprovazione. 
«Allora, visto che vuoi la pratica, ti va di allenarti un po'?» gli propose con fin troppo entusiasmo.

«Cosa? Adesso? Ma sei pazza? Ma non ti sei già svegliata stamattina alle cinque per andare in palestra? Sei proprio ossessionata dall'allenamento!»

«Dai, Ray, sono solo le sei, da qui alle sette e mezza che andiamo a cena abbiamo un po' di tempo. Che altro pensavi di fare?»

«Beh, io ora avrei proprio intenzione di collassare sul mio letto, se non ti dispiace.»

«Ah, beh, se è solo per quello, allora puoi tranquillamente venire a collassare in palestra, che ne dici?» Gli lanciò uno sguardo ammiccante.

Daniel roteò gli occhi e sbuffò.
Era distrutto, ma non stremato, aveva la testa che gli esplodeva per le troppe nozioni che vi erano state inculcate a forza in così poco tempo.
Aveva davvero bisogno di svagarsi e forse un po' di attività fisica avrebbe fatto al caso suo.

Sospirò. «Ok, ma solo un'oretta, va bene?»

Passarono prima dalla loro camera per posare gli appunti e cambiarsi.

Arrivati davanti alla porta, a Eve bastò appoggiare la mano sinistra sulla maniglia per sentire lo scatto della serratura, tutto merito del bracciale elettronico che ognuno portava al polso. Quello non era solo il loro documento d'identità digitale, ma fungeva anche da chiave universale per porte, armadietti, distributori automatici e qualunque altro servizio presente alla CIA; ma apriva solo a chi era autorizzato.
In questo modo gli agenti potevano muoversi solo nelle zone dell'edificio di loro competenza. Per qualunque spostamento extra dovevano prima chiedere il permesso ai superiori, anche se Eve preferiva telefonare direttamente a Graham, che aveva il pieno potere su ognuno di loro.

La ragazza odiava pensarci, sapere che ogni suo movimento era controllato da quell'uomo la mandava in bestia.
Odiava entrare in ascensore e, passando il bracciale sullo scanner, scoprire che solo una minima parte dei pulsanti diventava verde, consentendole l'accesso solo a quei piani.

Per riuscire ad andare a prendere Daniel all'aeroporto, aveva già dovuto bypassare i sistemi di sicurezza, spostandosi nei vani tecnici e antincendio e corrompendo altri agenti. Quello però era un procedimento piuttosto dispendioso e preferiva non metterlo in pratica, soprattutto perché ormai John sapeva che era in grado di farlo e di certo da quella volta aveva ristretto la sorveglianza su di lei, quindi aveva deciso di mantenere un basso profilo e comportarsi da cane ubbidiente.
Almeno per il momento. 

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora