Capitolo 5 - Ray

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Un poliziotto mai visto prima entrò nella stanza. Come i colleghi, indossava un passamontagna nero che gli lasciava scoperti solo occhi e bocca.

«Ho i risultati delle analisi sul testamento: a quanto pare è valido. Dicono che è autentico al cento per cento! La calligrafia è quella dell'uomo, le firme sue e del notaio sono autentiche, persino l'inchiostro usato è quello della penna personalizzata che è stata trovata sulla scrivania accanto al cadavere.»
Il nuovo arrivato fece alcuni passi verso la cella, lanciando qualche occhiatina guardinga alla prigioniera mentre parlava al collega. Dalla voce e dai pochi dettagli che trasparivano dal passamontagna, sembrava molto più giovane degli altri, sui venti, venticinque anni al massimo.
«Ah, sono arrivati anche i risultati dell'analisi del DNA della saliva presente sulla colla della busta e corrisponde a quello della vittima... e indovina: zero impronte digitali della ragazza catturata! A quanto pare tra poco il Comune si ritroverà con qualche bella proprietà in più!» continuò con voce entusiasta.
Si voltò a fissare la ragazza seduta a testa bassa sulla branda.
«Allora, come va con la prigioniera?» aggiunse, dando un calcetto alle sbarre.

Lei alzò il capo, incrociando lo sguardo di lui, e la sua schiena fu attraversata da un fremito impercettibile.
Si alzò in piedi, avvicinandosi il più possibile, il massimo concessole dalle catene.
Lo scrutò con occhi a fessura per qualche secondo, poi, senza preavviso, gli urlò contro: «Tu! Tu sei il bastardo che mi ha inseguito!»

Il poliziotto trasalì e cercò di difendersi: «N-no... ti sbagli!»

«Certo che sei tu! Riconoscerei il tuo brutto muso anche sotto dieci passamontagna!»

Lui indietreggiò d'istinto di un passo, sperando di celare il tremore che aveva preso il sopravvento sui suoi arti. «Ti posso assicurare che n-non sono stato io.»

La prigioniera continuava a fissarlo con sguardo glaciale, come se volesse trapassarlo da parte a parte, studiando i pochi lineamenti che trasparivano attraverso il passamontagna.
Non aveva dubbi: quegli occhi blu erano gli stessi del giovane che l'aveva incastrata.

Dopo qualche secondo, però, sollevò le spalle, «Ok, se lo dici tu» sentenziò disinteressata e tornò a sedersi sul materasso in silenzio.

Il poliziotto riprese a respirare e distolse lo sguardo intimorito da lei. Cominciò poi a parlare con il collega, ma in maniera fin troppo meccanica e convulsa, come a voler cancellare dalla mente la sensazione di disagio che quei penetranti occhi azzurri erano riusciti a incutergli.

Dopo qualche minuto, la ragazza irruppe dal nulla con tono amichevole: «Ehi, te la cavi davvero bene con il parkour. È da molto che ti alleni?»

«Sì, grazie! Ho iniziato a diciassette anni...» Il nuovo arrivato rispose d'istinto, prima ancora di capire che a parlare era stata proprio lei, prima ancora di capire il senso di quella domanda.

Il collega si batté il palmo della mano sulla fronte, scuotendo la testa.

Lei sogghignò, «Allora lo vedi che eri tu, coglione!»
Era sicura che avrebbe funzionato, quel tipo aveva iniziato a discutere con l'altro in maniera troppo automatica: parlare doveva essere la sua risposta naturale al panico. Probabilmente non aveva nemmeno idea di ciò che stava dicendo. Peccato per lui.

Il poliziotto basso scoppiò a ridere, «Ha proprio ragione lei: sei davvero un coglione!»

Il giovane, imbarazzato oltre che nel panico, cercò di difendersi: «È-è solo una coincidenza! Hai idea di quanti poliziotti qui facciano parkour?» Allargò le braccia in un gesto il più disinvolto possibile, risultando però per nulla credibile.

«A quanto ho potuto vedere l'altro giorno... soltanto uno» replicò lei con voce ferma, dipingendosi un ghigno vittorioso sulle labbra.

Rimase interdetto e si ammutolì per qualche secondo, mentre il collega non riusciva a smettere di ridacchiare alle sue spalle.
Sbuffò sconfitto.
«Ok, ok, mi hai beccato. Ero io! Contenta? Tanto sei incatenata lì, cosa cazzo potresti farmi?» ribatté poi, con tono fin troppo sicuro e strafottente, «E tu, invece, quando hai intenzione di vuotare il sacco, eh? Finché non scopriamo chi sei e con chi lavori non posso avere la mia gratifica-» Ecco che ricominciava a parlare in preda al nervosismo, senza ragionare.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora