Capitolo 14 - L'incontro 2.0

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Stava camminando lungo un marciapiedi affollato, circondata da alti palazzi grigi che svettavano contro il cielo terso.

D'un tratto un boato sovrastò il brusio e lo scalpiccio dei passanti.
Per una frazione di secondo il mondo parve bloccarsi, ammutolito in un silenzio interrogativo, poi scoppiò il caos.
Le persone iniziarono a gridare e a correre in ogni direzione, senza badare a ciò che incontravano nella loro folle corsa alla cieca verso una meta ignota.

Cadde a terra, spinta da uno di quegli anonimi esseri senza volto né identità, vestiti solo di maschere urlanti coi lineamenti deformati dal terrore.
Il panico si impossessò di ogni sua cellula, alimentato da quegli ululati di disperazione.
D'istinto si rannicchiò a terra, stringendo le ginocchia contro il petto, con la testa tra le mani per proteggersi dai colpi della folla che incurante la urtava e la calpestava.

Le grida divenivano a ogni istante sempre più assordanti e i dissennati calci di quella selva di gambe sempre più violenti.

Serrò le palpebre sugli occhi strabordanti di lacrime e premette le mani sulle orecchie, nel vano tentativo di soffocare quelle urla che le perforavano il cervello come chiodi, facendola tremare fin nel profondo della sua anima. Quelle voci colme di terrore erano più dolorose dei colpi che martoriavano ogni superficie esposta del suo corpo.

All'improvviso, così come era iniziata, quella tortura cessò e cadde il silenzio. Non rimase nient'altro che un fischio leggero a echeggiarle nella testa.

Quando aprì gli occhi, tutto intorno a lei era di un bianco accecante, come se il mondo intero fosse stato cancellato dalla gomma di un disegnatore.

Il suo respiro aumentò il ritmo mentre lo sguardo saettava da un punto all'altro di quel nulla che la circondava.
Si tirò a fatica in piedi, le gambe tremanti.
Dov'erano finiti tutti? Cos'era successo?
Doveva tornare indietro, ma dove?

Iniziò a correre, ma non c'era nulla oltre quel metro di asfalto che riusciva a scorgere davanti ai suoi piedi, solo una sconfinata coltre di candida nebbia.

Invocò aiuto, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono.

Quella quiete la straziava più delle grida di pochi istanti prima.
Scoppiò in un muto pianto. Fredde lacrime silenti presero a solcarle il viso. Il cuore batteva così forte che avrebbe potuto squarciarle il petto.

Prese a tossire, le mancava l'aria. Quella densa nebbia le saturava i polmoni.
Le gambe cedettero e cadde in ginocchio.
Ansimava senza riuscire a prendere aria.
Portò le mani tremanti sulla gola. Stava soffocando.

D'un tratto si sentì tirare.
Sollevò a fatica la testa, sempre più pesante.

Con gli occhi annebbiati dalle lacrime, vide un braccio poggiato sulla sua spalla fendere la nebbia, e due occhi blu che sembravano chiamarla.

«Ehi, ehi! Svegliati! Ehi, killer, tutto bene?»

Si svegliò, spalancando di colpo le palpebre.
La nebbia bianca si dissolse, ma quegli occhi blu erano ancora sopra di lei.

«Ehi, guardami! Stai bene? Ti stavi agitando e hai iniziato a urlare.»

Respirava a fatica, la gola stretta nella morsa del panico.
Tentò di recuperare la lucidità e mise a fuoco la stanza: si trovava ancora in quella dannata cella.
Era sdraiata sulla branda e il poliziotto era chino su di lei, con una mano a scuoterle la spalla.

Si tirò a sedere di scatto. Impugnò la pistola che teneva sempre al suo fianco, caricò d'istinto il carrello e la puntò in faccia al giovane. «Non mi toccare!» urlò con voce colma di odio, ma dal suo sguardo traspariva soltanto sgomento.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora