Capitolo 55 - Lavoro

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Eve si svegliò di soprassalto, tirandosi a sedere. Aveva i battiti accelerati e il respiro affannato.
Tentò di riprendere fiato dalla bocca spalancata, mentre la nebbia bianca nella sua mente si diradava, lasciando spazio alla semi oscurità della stanza.

«Sono qui.»

Si girò di scatto verso l'origine di quel sussurro.
Daniel sbucava dal bordo del letto a castello, con il mento adagiato sulle braccia conserte sul materasso e gli occhi rivolti verso il basso.

«Cosa?» gli chiese frastornata. Il suo respiro ancora non si era regolarizzato.

Il ragazzo la fissò con espressione mesta, «Sono qui» ripeté piano.

Eve scosse la testa, confusa, distogliendo lo sguardo da lui. Si portò una mano alla fronte, per poi passarla sui capelli madidi di sudore.

Dopo diversi secondi di silenzio, il giovane sospirò.
«Chi è Ray?» chiese con voce ferma, ma carica di tristezza.

«Ma che domanda è?» Lo fissò con sguardo interrogativo.

«Rispondimi: chi è o chi era Ray?»

Eve sbuffò.
Dopo un lungo silenzio, finalmente si decise a rispondere in un sussurro: «Nessuno...» Scosse il capo, «Tu.»

«Ne sei davvero sicura?» La guardava fisso, cercando di cogliere ogni minima sfumatura di emozione o bugia.

«Ray, ma che domanda è? Certo che sei tu. Perché me lo chiedi?» La voce stava prendendo un tono seccato, con un velo di nervosismo.

Lui prese un lungo respiro.
«Hai urlato "Ray" subito prima di svegliarti.»

«Merda» sussurrò spiazzata. Distolse lo sguardo, girando la testa dall'altra parte.
«Scusa» aggiunse con voce abbattuta, «Non... non l'avevo urlato altre volte, vero?»

«Urli spesso, ma è la prima volta che dici "Ray".»

«E le altre volte cosa dicevo?»

Danny aprì la bocca per risponderle.

Mamma e papà.

La fissò negli occhi: aveva uno sguardo preoccupato, come se temesse quella risposta.
Scosse la testa, abbozzando un mezzo sorriso, «Parole indistinte» mentì.
Lei parve rincuorata.
Decise di cambiare discorso: «Quindi sono io? Mi stavi davvero sognando?»

Eve abbassò gli occhi, «Chi può dirlo... Non ricordo.»

«Guarda che mi fa piacere se mi sogni... un po' meno se sono incubi, certo.»
Sospirò.
«Non è che sei preoccupata per la prossima missione?»

«Può darsi. Perché tu no?»

«Certo, Eve. Ma è già la terza volta, ormai. Poi la scorsa operazione è andata piuttosto bene, no?»
Lei annuì. 
«Non ho neanche dovuto uccidere nessuno, li hai fatti fuori tutti tu. In pratica non ho fatto nulla.» Fece un sorrisetto.

«Ma che dici?» Lo fissò con cipiglio, «Sei stato bravo, invece, soprattutto per essere alla tua seconda volta. Hai fatto il tuo e l'hai fatto bene.»

«Allora perché sei preoccupata per la prossima missione? L'obiettivo è solo uno.» Le lanciò uno sguardo furbo mentre aveva ancora il mento appoggiato sulle braccia conserte sul letto, «Te lo lascio volentieri, sai.» Ridacchiò.

La ragazza aveva un'espressione torva, «Non importa quanti sono, Ray. È sempre pericoloso.»

Le labbra di Danny si incresparono in un lieve sorriso, «Hai ragione. E mentirei se ti dicessi che non me la sto facendo sotto. Poi ancora non ho capito come mi faccia davvero sentire questo lavoro. Forse me lo sto facendo piacere solo perché so di non avere altra scelta. Ormai mi sono rassegnato a essere un sicario.»
Lei scosse la testa contrariata.
«In fondo, se sono ancora qui, significa che John non ti ha ascoltata, no?»

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora