Capitolo 58 - Nine-Eleven (Parte 1)

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-- New York, 11 settembre 2001 --

Il sole splendeva nel cielo terso sopra Manhattan, in quella calda mattina di inizio settembre. Nonostante fossero appena le otto antimeridiane, la metropoli era già in fermento. I taxi gialli sfrecciavano lungo la West Street, generando un traffico incessante che faceva da accompagnamento allo scalpiccio e al brusio delle persone in caotico movimento verso le più disparate destinazioni, fiumi umani che si incrociavano senza mai mescolarsi tra loro.

Delle urla infantili sovrastarono il rumore del traffico: «Forza, andiamo a vedere la fontana!»
La bambina scattò in direzione della grande sfera dorata che svettava in lontananza oltre la folla, poteva già sentire il lieve scrosciare dell'acqua che ancora non riusciva a vedere.
Le avevano detto che lì alla World Trade Center Plaza c'era un'enorme fontana circolare con al centro la scultura di un globo, ed era impaziente di vederla.

Dopo qualche falcata tra i pedoni, volse il capo alle sue spalle e si fermò di colpo, rischiando di essere urtata da un passante.
Si lasciò sfuggire un mugugno di disapprovazione e gonfiò le guance in un'espressione seccata, per poi far uscire lentamente l'aria in un sonoro sbuffo.
Tornò sui suoi passi di corsa,  puntando verso la coppia di quarantenni che osservavano con aria divertita quella bambina di una decina di anni.
A ogni passo batteva con forza le scarpe sulla pavimentazione in pietra grigia, sforzandosi di generare più rumore possibile per rimarcare la sua indisposizione nei loro confronti.

Appena li raggiunse afferrò le mani che i due si stavano stringendo, le separò e le imprigionò con forza tra le sue.
«Dai, andiamo!»
Scattò di nuovo verso il bagliore dorato, ma non riuscì a fare più di un passo, perché venne trattenuta dalla loro presa.
Si lasciò scappare un altro lieve mugugno e strattonò il braccio dell'uomo alla sua sinistra, senza mai perdere di vista il proprio obiettivo. 
«Forza, andiamo!» lo esortò con voce quanto più autoritaria possibile, ma senza riuscire a celare un velo di supplica.

«No, adesso non possiamo.»

«Dai!» Strattonò con più forza le braccia dei due, dandosi un vigoroso slancio in avanti, ma non riuscì a smuoverli di un millimetro e si ritrovò sbalzata all'indietro, fino a tornare al punto di partenza tra le loro gambe.

La risata cristallina della donna alla sua destra riempì l'aria.

La bambina sbuffò gonfiando le guance e il suo viso divenne ancora più rotondo e paffuto. Sollevò la testa verso l'uomo, «Perché, papi?» Usò il tono più supplicante che le fosse possibile e sgranò i suoi enormi occhi azzurri per assumere l'espressione a cui sapeva che lui non era in grado di resistere.

La bocca del padre si dipinse in un sorriso, circondato da una lieve barba nera appena accennata. «Perché siamo arrivati, Eve.»
Portò la mano libera sulla testa della bambina, scompigliandole ancora di più l'ammasso informe di capelli ricci che le incorniciava il viso.

Lei mugugnò infastidita da quel gesto, «Dai, papi... mi spettini!»

Mollò le mani dei genitori per allontanarsi di un paio di passi, nel tentativo di salvare i capelli dall'attacco del padre.
Fece una smorfia imbronciata e prese a passarsi le dita nella crespa chioma castana, nel vano tentativo di sistemarla, ma finì solo per arrecare più danni. 

L'uomo la osservava sghignazzando.
Appena Eve distolse lo sguardo da lui, voltandogli le spalle con aria stizzita, tornò all'attacco: «Scusa, piccola, aspetta che ti aiuto!» e con un movimento rapido portò di nuovo la mano tra i ricci della bambina, che emise un gridolino e corse verso la madre.
La abbracciò, affondando il viso nel suo petto, tra le morbide balze del vestito di seta verde chiaro che la copriva fino alle caviglie. Il leggero tessuto svolazzava nella brezza newyorkese assieme ai lunghi boccoli della donna, rendendo la sua figura quasi eterea.
«Mamma... il papi mi spettina!» mugugnò in tono lamentoso tra la stoffa. 

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora