Capitolo 2 - La fuga

2.2K 451 1.2K
                                    

Il killer mosse lo sguardo sulla devastazione che regnava nella stanza e sulla moltitudine di cadaveri riversi sul pavimento. Non era rimasto nessun altro in quella casa, solo sangue e corpi inermi.

«Mi spiace solo per chi dovrà pulire questo casino.» Un risolino, seguito da un versetto di soddisfazione, filtrò dal casco, mentre con un antico arazzo raffigurante una scena di caccia ripuliva la sua catena dal denso liquido scarlatto.

È ora di andare.

Pensò, avviandosi con calma verso l'uscita.

Superata la cantina, si ritrovò nel sontuoso salone con lampadari in cristallo e pregiati mobili in legno intarsiati in oro.
Scavalcò un cadavere, i cui fluidi avevano impregnato il tappeto persiano al centro della stanza, e si fermò un istante a fissare la statua dorata di un leone che troneggiava su un piedistallo in marmo nero: alcuni schizzi di sangue avevano raggiunto il muso finemente scolpito e l'animale pareva versare lacrime scarlatte per lo scempio di cui era stato testimone.

Proseguì in direzione dell'ingresso e, con la coda dell'occhio, notò qualcosa muoversi fuori dalla finestra.
Con un guizzo si nascose dietro la tenda e sbirciò dal vetro: degli uomini in divisa blu si aggiravano oltre il grande cancello in ferro battuto.

Merda! Cosa ci fa qui la Polizia?
Contavo di poter uscire dalla porta, invece mi toccherà ricorrere al piano B.

Rapido imboccò le scale fino alla soffitta e lì aprì un lucernaio che usò per accedere al tetto.
Si sdraiò sulle calde tegole in ceramica al di là del colmo, per non essere visto.
Da lassù poteva osservare indisturbato la situazione sottostante.

Ormai la Polizia aveva circondato l'intera proprietà e un nutrito numero di agenti si aggirava frenetico oltre il muro di cinta in mattoni a vista, sormontato da spessi pali dalla cima acuminata.
Alcuni poliziotti stavano esaminando il cancello nel probabile tentativo di aprirlo.

Per sua fortuna, il killer aveva già preso in considerazione l'ipotesi di una fuga dall'alto. La casa si trovava nell'estrema periferia di una grande città del sud Italia; tutt'intorno si stagliava la campagna sconfinata, ma i pochi edifici limitrofi erano piuttosto vicini, tutti affacciati sulla stessa strada. Molti fabbricati secondari spuntavano qua e là all'interno delle proprietà recintate, quasi tutti garage e tettoie, la maggior parte dei quali costruiti abusivamente e senza nessun rispetto per le norme di distanziamento dai confini o dagli altri edifici.
Tutti quei tetti addossati l'uno all'altro rappresentavano un'ottima via di fuga e gli alberi alti dalle fronde rigogliose avrebbero celato il suo passaggio.

Armeggiò per qualche secondo sul dispositivo che aveva al polso sinistro. Aveva già chiaro nella mente il percorso migliore per raggiungere l'ufficio postale, ma avere la mappa sott'occhio era sempre una doverosa precauzione.
Scelse il momento giusto e con un balzo passò al tetto più vicino, iniziando a correre nella direzione indicata dal navigatore.

---

«Cos'era quello?» Un poliziotto notò un movimento con la coda dell'occhio e volse lo sguardo in alto appena in tempo per vedere un'ombra scura scomparire fra i tetti. 
«Voi due!» Fece un cenno verso un gruppetto di agenti, «Ho visto qualcuno scappare su quel tetto. Potrebbe avere a che fare con la sparatoria segnalata dalla coppia di turisti. Seguitelo e fermatelo.»

---

L'assassino giunse all'ufficio postale. Si avvicinò alla cassetta della posta rossa e, prima di imbucarla, esaminò con perizia la voluminosa busta. Era ben sigillata e i francobolli erano più che sufficienti, l'indirizzo di destinazione era ben leggibile e, soprattutto, era miracolosamente intonsa: neanche una macchia di sangue.
La infilò nella cassetta e si allontanò soddisfatto, sfregandosi le mani coperte dai guanti neri.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora