Capitolo 16 - Libertà

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La città scorreva rapida al di là del finestrino. La ragazza la fissava distratta, con la guancia appoggiata al dorso della mano.

«Bene, ora mi vorresti dire che cosa ci fai qui in Italia?» le chiese l'uomo seduto accanto.

Sospirò e rispose con tono svogliato, senza distogliere lo sguardo dal vetro: «Niente di che, John, mi stavo solo allenando.»

«Ti stavi allenando? E da quando per allenarsi serve sterminare un intero clan malavitoso?» La sua voce autoritaria aveva un minaccioso tono d'accusa.

«Volevo qualcuno che in un certo senso se lo meritasse. Unire l'utile al dilettevole, sai, e magari aiutare la comunità.» Sollevò le spalle. «Le alternative erano il cartello della droga in Colombia o le milizie paramilitari in Congo. Ho scelto la meno pericolosa.»

«Ma sei uscita di senno? Perché?»

«Addestramento sul campo» tagliò corto lei.

«Ma come ti è venuta in mente un'idea simile? Ti rendi conto di quanto hai rischiato?» L'uomo continuava a parlarle con tono duro.
«E dimmi, da quanto tempo ti staresti allenando?» Calcò la voce sull'ultima parola, imprimendole un velo di sarcasmo.

Lei sospirò, facendo appannare il finestrino a pochi centimetri dal suo naso.
Continuava a evitare lo sguardo di John, fingendo interesse verso i palazzi che si susseguivano al di fuori dalla vettura. In realtà per lei quelli non erano altro che un'immagine sfocata che perturbava il riflesso dei suoi stessi occhi azzurri, che avevano un'espressione sempre più seccata.
«Sono qui da qualche mese. Ci ho messo un po' perché sono dovuta partire dalle ultime ruote del carro: spacciatori di ultim'ordine, estorsori di pizzo, la peggio feccia, insomma, e pian piano sono riuscita a risalire la gerarchia fino a scoprire chi era il capo. Il giorno che mi hanno catturata c'era il consiglio generale del clan. Erano tutti lì, proprio l'occasione perfetta.» Continuava a parlare con voce distaccata, tentando di non mostrare quanto fosse infastidita da quella conversazione.

«E quel testamento, l'hai scritto tu?»

Si girò finalmente verso il compagno di viaggio, esibendosi in un'innocente risatina, «Certo che no! Non hai letto il rapporto della scientifica? Quel testamento l'ha scritto il boss di suo pugno.»

«Certamente, ma dubito che sia tutta farina del suo sacco.»

I neri occhi di John sembravano volerla trapassare, ma lei sostenne lo sguardo, per nulla intimidita. «Beh, diciamo che l'ho un po' consigliato durante la stesura.» Sollevò un sopracciglio, senza spezzare il legame visivo, e la sua bocca si increspò in un lieve ghigno.

Graham scoppiò in una profonda risata. «Sei davvero in gamba, sai! Davvero molto in gamba.»
Recuperò la compostezza e la guardò intensamente.
«Ora, però, la domanda più importante: perché mi hai chiamato qui?»

Lei gli rispose con sguardo ingenuo, «Perché mi tirassi fuori di prigione, mi pare ovvio.»

L'uomo fece un'altra risata, questa volta di scherno. «Non prendermi in giro! Hai sterminato un intero clan malavitoso in pochi minuti e da prigioniera hai sopraffatto due poliziotti armati... Maledizione, gli hai infilato una pistola nel culo! Ne abbiamo riso per giorni in ufficio, qualcuno ha addirittura trasformato la foto di quel poveraccio incatenato al tavolo in un meme!»
Lei si lasciò sfuggire una risatina a denti stretti.
«Avevi in ostaggio due, anzi, tre poliziotti! Avresti potuto chiedere in riscatto qualsiasi cosa. E vorresti farmi credere che l'unico modo che avevi per uscirne era chiamare me?» Puntò di nuovo i suoi occhi neri in quelli della ragazza, «Non raccontarmi stronzate.»

John non era uno sprovveduto, aveva centrato il punto, ma lei non era intenzionata a rivelargli il suo piano.
Gli rispose usando un tono il più serio e convincente possibile: «Te l'ho detto, John: sarebbero potute morire delle persone. Io non ammazzo innocenti.»

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora