Capitolo 23 - Il benvenuto

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L'automobile rientrò nel garage sotterraneo della CIA e parcheggiò nel posto numerato prestabilito.

«Allora, come pensi di fare?» chiese l'autista a Eve.

«Non ti preoccupare, voi uscite come se niente fosse. Io mi nascondo sotto il sedile, poi esco con calma tra un po'.»

La ragazza si rannicchiò ai piedi del sedile del passeggero, mentre gli altri due recuperavano i bagagli.
Pochi metri più in là, all'imbocco del corridoio d'uscita, li aspettava John G. Graham in persona, in compagnia dello stesso interprete che l'aveva affiancato in Italia. Il biondo quando vide il nuovo arrivato portò l'indice agli occhialetti rotondi per spingerli più in su in una sorta di tic nervoso, memore della stressante cena nel Belpaese.

«Goodmornig, mr. Hiwatari, and welcome here!» (Buongiorno, signor Hiwatari, e ben arrivato!) esordì il Capo della CIA, poi si rivolse torvo all'autista: «Where is she?» (Dov'è lei?)

Frank abbassò colpevole gli occhi e senza un fiato puntò l'indice verso la fiancata destra della vettura.

Graham non disse nulla, nessuna emozione trapelò dal suo viso mentre spingeva la carrozzina fino davanti alla portiera del passeggero. La spalancò con un brusco scatto.
«Buongiorno, Eve!» sbottò in un tono severo che celava un velo canzonatorio.

Lei, rannicchiata sotto il cruscotto, sollevò lenta la testa fino a incrociare i penetranti occhi neri dell'uomo. Lo guardò immobile per un istante, poi si aprì in un sorriso falso a trentadue denti, «Ehi... John! Splendida giornata per un giro in città, non trovi?»

Non ricevette risposta.

Scese dalla macchina senza fiatare e a testa alta si avviò verso l'uscita, fin troppo disinvolta.
Passando davanti a Frank, lo trafisse con uno sguardo truce che lo raggelò sul posto. Si godette il lungo istante in cui il panico prendeva il sopravvento sui lineamenti del traditore. Un lieve ghigno le sollevò un angolo delle labbra.
Quando, appena una frazione di secondo dopo, spostò gli occhi sull'italiano, quell'inquietante luce aveva già abbandonato le sue iridi.

Sollevò una mano verso di lui, che la fissava con espressione preoccupata, tendente al colpevole, «Ciao Ray! Io me ne vado in camera mia, ci vediamo più tar-»

«No! Tu ora vieni con noi nel mio ufficio e aspetti che finisco di parlare con il signor Hiwatari» la sferzò Graham.

Sbuffò senza nemmeno sforzarsi di nasconderlo, «Ok» e controvoglia li seguì dentro l'ampio ascensore.

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Le porte metalliche si aprirono su un corridoio bianco inondato di luce.

Daniel ne fu abbagliato. Era sovreccitato, non riusciva a stare fermo, avrebbe voluto esprimere tutti i suoi pensieri a voce alta, ma si trattenne a forza e tentò di risultare il più composto e silenzioso possibile, mentre seguiva la sedia a rotelle di Graham e il lieve fruscio che provocava sul pavimento candido.

Volse lo sguardo alle sue spalle. Eve andava loro dietro distratta, tenendo le distanze; poteva sentirla sbuffare e imprecare sottovoce a ritmo coi loro passi.

Quasi percepisse quello sguardo su di lei, la vide muovere gli occhi fino a incrociare i suoi. Sembrava seccata, ma non arrabbiata, o almeno non troppo.
Le regalò un enorme sorriso.
Dinanzi a quel volto radioso anche lei parve sciogliersi, perché rispose sollevando appena gli angoli della bocca.

Il giovane per poco non andò a sbattere sulla schiena dell'interprete e fu costretto a riportare in avanti lo sguardo e aggiustare il ritmo della camminata. La sua attenzione fu però subito calamitata dalle porte in vetro satinato distribuite lungo le due pareti, bianche fino a un metro da terra, poi vetrate fino al soffitto. A giudicare dalle targhette argentate, al di là dovevano trovarsi gli uffici amministrativi della CIA. Avrebbe voluto entrare in ognuno di essi per sapere quali eccitanti operazioni da film di spionaggio stessero architettando.

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora