Si chiuse nella sua stanza. Si appoggiò alla porta. Si passò una mano sulla fronte. Margot era andata nella sala della musica, sperando di trovare il pianoforte libero per potersi esercitare un po'. Si tirò indietro i capelli dalla faccia. Era Sabato. Non avrebbe visto Ian fino al giorno dopo, in chiesa, sempre che Wagner gli avesse concesso di partecipare alla messa. Stava pensando ad un piano da escogitare, ma ogni tentativo elaborato nella sua mente, sarebbe risultato vano. Oramai quell'anello era finito in tasca di Ian. Lei avrebbe potuto difenderlo dicendo di esserselo tolto per lavare i panni al pozzo. Ecco. Avrebbe detto questo. Voleva vedere Ian e non lo stava vedendo. Non sapeva neanche nella schifosa ala Ovest quel chirurgo pazzo cosa gli stesse facendo. Fece scivolare la schiena lungo la porta e si adagiò a terra.
Se gli fosse successo qualcosa lei ne sarebbe stata la responsabile.
Si era organizzata con gli altri per una partita di tennis. Dalla finestra penetrava un sole tiepido e piacevole, dopo la grandinata del giorno prima. Ashton sarebbe stato già a bordo campo, con il borsone in spalla e con un piede appoggiato alla panchina per legare stretti i lacci delle scarpe bianche. Non presentarsi alla partita di tennis non sarebbe servito a niente.
Si mise uno short bianco e la classica polo.
Il sole riverberava sulla terra rossa del campo e in lontananza, oltre il bosco, ad Est, si palesava lo spettacolo di un arco multicolore nel cielo, uno spettro di luce continua di cui non si vedevano un inizio e una fine. Guardò quell'arcobaleno, poi le racchette splendenti impugnate dai ragazzi.
«Io e te contro Brittany e Kobe, come primo match» annunciò Ashton, porgendole una racchetta. Ines annuì.
«Se ci vedesse Gus, ci direbbe: "ma che modo di giocare è? A coppie! Ma ragazzi! Andiamo!"»
Ashton rise:
«"Che poi, come correte? Sembrate... dei maiali al macello!"» dissero stavolta all'unisono i due amici simulando una voce grossolana e rispettabile.
Penny aggrottò le ciglia in un mezzo sorriso interrogativo.
«Sì, era era l'imitazione del nostro professore di tennis e atletica leggera all'High school» la mise al corrente Ashton, sorridendo e facendo scintillare di un bagliore fulmineo i denti al sole. Che gli stava prendendo? Improvvisamente quella sorta di amicizia con Ian e il senso di protezione erano state rimpiazzate da un menefreghismo.
Ines si rigirò la racchetta tra le mani, divaricò le gambe e prese posizione. Tra diritti, rovesci e servizi, tentò di comunicare ad Ashton che avrebbe dovuto parlargli. Il ragazzo colse il messaggio, non abbassò la concentrazione, ma lei sì. Ashton sapeva benissimo che l'anello finito nelle tasche di Ian era il suo. Erano accanto a mensa, studiavano insieme, lui guardava quelle mani di continuo e le stringeva. Si era sicuramente accorto della mancanza dell'anello ancor prima che se ne fosse accorta lei. E Ashton era anche al corrente del motivo per cui lei aveva perso l'anello tra le lenzuola del letto di Ian.
Era finito il primo match. Si tolse la fascia di spugna dalla testa, si asciugò il sudore dal prolabio:
«Io non gioco più» informò il fidanzato «Quando trovi un minuto per parlare, sono in camera mia».
Ashton si innervosì. Gettò l'asciugamano sulla panchina e la seguì.°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Entrarono in camera. Ines mostrò la mano destra. Storse la bocca in un'impaziente e indispettita espressione di attesa, attesa che Ashton ammettesse di aver già visto da ore che quell'anello di brillanti non era più presente sul suo ditino affusolato.
Lui scosse la testa. Si mantenne in silenzio.
«Non credi che dovremmo fare qualcosa?» incalzò lei. Lui tacque.
«Ashton sai che non l'ha rubato e sai anche perché io abbia perso l'anello in camera sua»
«Quindi?» spalancò le braccia. La sua calma era spiazzante.
Ines iniziò a vacillare, gli occhi si arrossarono:
«L'hai portato ad ubriacarsi, quando avresti dovuto tenerlo d'occhio! Io ho provato a tutti i costi a... Adesso dobbiamo tirarlo fuori dai guai! Inventare una scusa o dire la verità, se necessario!»
«Che sta succedendo?» avrebbe voluto gridare ma l'atteggiamento di Ines lo terrorizzò. Una nube di sospetti e presentimenti orribili gli annebbiò il cervello.
«Come "che sta succedendo"?» lei aggrottò la fronte, si rese conto di aver pronunciato quella frase con un filo di voce.
«Sì, che cos'avete tutti quanti?!» questa volta gridò «Entro nell'ufficio di mio padre e il più delle volte lo trovo col suo figlioccio "scusa Ashton, non adesso. Sto facendo i massaggi a Ian per la terapia respiratoria"» imitò Paul con strafottenza.
Lei si massaggiò la fronte:
«Sono senza parole» constatò sprezzante e a bassa voce «E' il suo lavoro. Dovresti sapere che Ian non sta bene! Dovresti sapere di cosa soffre!»
«Già! Ma non dovresti saperlo tu! Dovresti stare al tuo posto! Io ho rispettato gli accordi, le regole ma tu sarai andata a ficcanasare, scommetto! Io non ti ho mai mostrato la sua cartella clinica!»
«Non sono andata a ficcanasare! Non so niente di Ian, ma non ci vuole un genio a capire...» si difese con rabbia, contro chi stava mettendo in dubbio la sua serietà, ma la voce prepotente dell'inizio dell'enunciato si affievolì e non terminò la frase, forse troppo distratta dalla faccia delusa del fidanzato.
«Sempre così premurosa, così presente ...» insinuò scuotendo la testa deluso.
«Non ti seguo. Cerco solo di fare ciò che è giusto. Non mi sembrava ...»
«Ciò che è giusto eh? Wagner in questi quattro giorni non è decisamente stato un angioletto. Mercoledì ha preso Donald a cinghiate perché aveva rubato un panino a mensa e per quanto la mia opinione su Donald non sia delle migliori, non era certo giusto che venisse punito così! Eppure, Ines, non mi sembra che tu ti sia intromessa tra Donald e quelle frustate» constatò indignato.
«Io.. io non lo sapevo, che era successo questo. Io non c'ero, non posso essere ovunque!» si giustificò.
«E' proprio questo il punto: quando si tratta di Ian Phoenix, però, tu ci sei. Ci sei sempre! Hai una certa propensione per quel ragazzo! Guai a chi lo tocca!».
Prima che Ines potesse aprire bocca, la fermò:
«E, evita di difenderti con delle bugie, per carità! La scusa che lui sia il mio protetto non regge più!»
«La scusa che tra dieci minuti devo essere con Mia a lezione di dizione, può reggere?» si alzò indispettita prendendo il prima possibile e alla rinfusa la giacca e la borsa.
«Dimmi che cosa c'è!» la prese per un braccio
«C'è che mi sono stufata di stare qui a parlare di cretinate!» la voce le uscì con un tono alto ma tradito da un tremito. Si dimenò dalla stretta.
«Tre giorni, Ines, e i si effettuerà il cambio di paziente»
La ragazza, per tutta risposta, si allontanò a passo svelto.
«Niente più scuse! Tre giorni!» le urlò
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Disturbia
Mistero / ThrillerVenticinque studenti specializzandi dell'università di Harvard vengono selezionati per svolgere un tirocinio presso il "Nun Ester Institute", un centro di accoglienza per ragazzi problematici. Dal loro trasferimento lì verrà fuori la convivenza for...