Ian Phoenix

78 8 0
                                    

Si massaggiò le mani tra loro, si scrocchiò le dita ferite. Praticava pugilato come sport, ma quando le risse scoppiavano nei locali, non c'era tempo per indossare i guantoni; le sue abilità sul campo gli risparmiavano parecchie botte, così le uniche ferite che si ritrovava ad avere erano quelle sulle nocche, usate per spaccare la mascella di chi si guadagnava la sua inimicizia per lo screzio di una sera o di chi posava per qualche secondo di troppo gli occhi su Ines. L'ultimo episodio si era verificato la settimana prima quando uno stolto, dopo aver bevuto più del dovuto, si era accanito prima contro i suoi amici e poi contro un anziano signore intervenuto per placare le acque, al Bonnie & Clyde's bar.
Alzò lo sguardo sull'orologio a parete. Le undici in punto. Suo padre sarebbe arrivato nel pomeriggio, salvo imprevisti. Si aprì la porta della stanza vuota dove l'avevano fatto accomodare:
<<Ashton Turner?>> il signore gli porse la mano. Era distinto, con un abito scuro gessato e le basette folte.
Ashton scattò in piedi per assecondare la stretta di mano. Si raschiò la gola seguendo con lo sguardo ogni azione dell'uomo che, al contrario suo, sembrava perfettamente a proprio agio.
<<Sono il dottor Dan Murray. Si sieda pure. Spero non sia molto che aspetta. Stiamo cercando di organizzarci, vi stiamo dividendo in fasce di orario. Purtroppo ci sono solo altre tre stanze come questa e voi siete venticinque tirocinanti. Le quattro stanze gemelle in questione, sono le uniche nella struttura ad essere semivuote. Come può vedere dispongono soltanto di un tavolo, due sedie e un orologio, tutto ciò che occorre!>> allargò le braccia.
<<Sì, immagino sia per evitare elementi di distrazione e pericolo ai pazienti>> azzardò il ragazzo.
<<Proprio così. E' importante avere uno spazio privato che includa solo paziente e tutore, ma lo spazio privato deve essere il meno possibile soggetto a rischi. Proprio per il fatto che sarà solo qui con il suo protetto, la sicurezza è la nostra priorità>>, l'uomo nel mentre aveva occupato la sedia vicina ad Ashton, si sistemò la giacca e aprì una busta di carta valori:
<<Ho qui la cartella clinica dell'internato che le verrà affidato per i prossimi sei mesi: Ian Phoenix, il paziente numero 5302 della categoria "C". La legga. Il giovane ci raggiungerà non appena lei mi dirà che si sente pronto. Ah, Turner? Inutile dirle che lei è vincolato dal segreto professionale. Avrà sicuramente tanti amichetti curiosi qui, ma le informazioni che leggerà dovrà tenersele per sé. Non si tratta di gossip>>.
Ashton prese quei documenti, sotto gli occhi vigili, ma pacati dell'uomo.
Divorò con gli occhi tutto il referto medico. Si lasciò sfuggire un sospiro, per buttare fuori l'ansia accumulata in quei minuti di lettura, più di quanta ne avesse accumulata in ventisei anni di vita. Era a disagio. Lasciò cadere i fogli sul tavolo, portò le mani dietro la nuca e iniziò a strofinarsi i capelli, tanto corti da essere ispidi come gli aculei di un riccio:
<<Wow>> si massaggiò il collo
<<Già>> concordò Murray <<una bella storia>>, si accese una sigaretta e ne offrì una ad Ashton che accettò volentieri.
<<Non lo farà, ma se dovesse aprirsi con quelle stronzate sul cacciatore di gemelli... lo assecondi, non lo fermi e non lo contraddica, non cambierebbe nulla. E' da anni che porta avanti questa storia. L'unica cosa che vorremmo, ma su cui non speriamo- non per la scarsa fiducia nei suoi confronti, ci mancherebbe- sarebbe che, al contrario, confessasse. Sarebbe grandioso, ma ahimé la vedo, mi verrebbe da dire, un'utopia. Nel caso, ci faccia un fischio!>>.
Scosse la cenere dalla sigaretta:
<<Ha letto la parte inerente alle condizioni di salute? Sono io che lo sottopongo ai trattamenti>> si sdraiò un po' più comodo sulla sedia <<E' dura, prende tante di quelle medicine... pensi che un bambino che nasce con quella patologia, di solito, può sperare in quindici anni di vita. Ian è fortunato in un certo senso. Detto tra noi: è fattibile, è uno dei più ragionevoli qua dentro, è un po' nel suo mondo e non voglio dire che sia uno stinco di santo, ma le assicuro che molti dei suoi colleghi pagherebbero per occuparsi di Phoenix rispetto alla feccia con cui dovranno, invece, avere a che fare. Che dice? Lo facciamo portare qui?>>
<<Sì>> Ashton strinse le labbra <<sono pronto>>.
Murray gli accennò un sorriso, si diresse alla porta e bisbigliò qualcosa all'infermiere fermo fuori.
Poco dopo un ragazzo biondo entrò nella stanza sterile, affiancato dall'operatore sanitario con il quale aveva parlato Murray. Il dottore gli fece segno di sedersi, gli aveva ceduto la sedia.
Gli occhi lividi di Ian Phoenix attraversarono repentini il medico, il coetaneo muscoloso che gli stava davanti e l'infermiere.
<<Va tutto bene. Lui è Ashton, uno studente di Harvard che deve svolgere un tirocinio presso questo istituto. Non devi fare altro che trattarlo da amico, e lui farà lo stesso con te>> posò una mano sulla spalla del giovane paziente:
<<Non è un riguardo preso nei tuoi confronti. In questo momento esatto sta succedendo la stessa cosa ai tuoi compagni nelle altre stanze>>.
Ian continuava a non parlare. Ashton notò subito le profonde ferite ai polsi: il biondino non doveva aver fatto il bravo nei giorni precedenti. Notò anche il bastone impugnato dall'infermiere, in piedi dietro al ragazzo.
<<Credi di riuscire a instaurare un rapporto civile con questa persona?>> Murray si avvicinò a quel sosia di James Dean, quasi fino a sfiorare il suo naso con il proprio.
<<Mi correggo, Ian, non è una richiesta. Vedi di non farci pentire dell'opportunità che ti stiamo dando>> gli batté una pacca sulle ginocchia e si ricompose, impettito; guardò l'ora, prese i documenti:
<<Signor Turner, ne avrà una copia il prima possibile, con la possibilità di aggiornare la cartella clinica, in caso di progressi o anomalie>> disse impercettibilmente <<Nel frattempo>> alzò la voce <<avete una mezz'ora per socializzare. In bocca al lupo. Ho del lavoro da sbrigare. Per questa prima sessione, lascerò Edward a supervisionare la situazione>> ammiccò con la testa l'infermiere, che sembrava intenzionato a non allentare la presa da quella mazza, <<ma dalla prossima volta, lei Turner, dovrà cavarsela da solo>>

DisturbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora