Inevitabili conseguenze

28 6 0
                                    

«Non puoi capire come ci si sente!» sospirò Ashton tuffandosi sul letto di Ines. Sbuffò con un pizzico di sorriso atto a minimizzare il suo astio. Ines aggrottò le sopracciglia.
«Nel senso, cosa si prova ad avere un protetto con la propensione per i guai» si spiegò meglio lui.
«Dev'essere... esilarante?» tentò di smorzare la giovane sdraiandosi a fianco del fidanzato dai pettorali in evidenza.
«Quantomeno il mio caro paziente mi tiene lontano dalla noia!» sdrammatizzò. Si alzò, era seduto in modo composto sul materasso adesso:
«Non scorre buon sangue tra Ian e Dimitri, questa non è una novità. Qualcuno è convinto che Ian gli abbia teso un agguato, lo abbia costretto verso il pericolo. Lunedì ci sarà un piccolo processo in Aula Magna».
«C'erano altri ragazzi sulla spiaggia: sono dei testimoni» constatò lei.
«Abbastanza inutili. Alcuni sono amici di Ian, altri di Dimitri, sarà sempre la parola degli uni contro la parola degli altri. E in ogni caso, tutte persone inaffidabili. Ian aveva diversi motivi per odiarlo. Molti docenti lo credono»
«E tu non ti sforzi neanche minimamente di supporre il contrario di ciò che pensano»
«Tu che pensi?»
Ines scosse la testa e sfoggiò un sorriso nervoso mentre un'ombra scura le copriva la faccia china:
«E' il tuo protetto. Hai passato sicuramente molto più tempo di me con lui. E se ciò è servito solo a crederlo una mente così sadica...»
«Non so a cosa credere. Dimitri ha perso una gamba»
«Beh da quel che ho potuto vedere da quando siamo qui, è sempre stato lui ad aizzare il fuoco»
«Okay. Non è che se Ian ha la faccia da cherubino e Dimitri una mandibola da rinoceronte, il primo è per forza una persona migliore!» volle farle presente Ashton.
«Non è che se Dimitri ha perso una gamba e Ian è rimasto illeso, il primo è per forza una vittima!» ribatté a sua volta lei. Poi si placò:
«Può essere stato un incidente. Non per forza ci dev'essere un responsabile. Ian lo ha tratto in salvo. C'è chi giura di averlo visto mentre lo portava fino a riva, compreso tuo padre, anzi, credo che senza l'aiuto di Ian sarebbe morto».
Ashton si mise le mani dietro la nuca e si avvicinò ancora di più a lei:
«Non avevamo dubbi sul fatto che mio padre avrebbe preso le sue difese», sospirò sminuendo la credibilità del genitore. Ines lo guardò inclinando la testa in un leggero disappunto, lui si rese conto di essere stato fuori luogo, sbuffò:
«I professori e i tre responsabili dell'istituto sarebbero dovuti esserci e non lasciare incontrollata una situazione del genere».

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Ian corse verso di lei sfoggiando un vecchio volume come fosse un trofeo:
«Ciao! Come stai?» le regalò il più bello dei sorrisi.
«Dovrei chiedertelo io» si mantenne fredda.
«Io sto bene» rispose lui sfoggiando ancora i denti bianchi e inarcando le sopracciglia «Mi mancano poche pagine e avrò finito Macbeth, così, per ringraziarti, te ne ho portato uno mio» le porse il libro consumato, Utopia, al quale sembrava particolarmente legato; le pagine spiegazzate davano l'idea di essere state sfogliate più e più volte.
«Non voglio prestartelo, vorrei che lo tenessi tu»
«Ascolta, non ho voglia di leggere. Dopo quello che è successo dovresti essere a riposare, dovresti essere a meditare!» lo aggredì.
«Infatti l'ho fatto. Sono stato in isolamento una settimana e Dimitri pure. Ho pensato a tante cose... » si stoppò: tra le tante cose c'era lei. A dire la verità, le cose erano poche e Ines era stata la sua luce nel buio di quella cella, tra i fantasmi del passato e i mostri del senso di colpa; tra lo stordimento delle pillole e la camicia di forza che gli attanagliava il petto, non sarebbe uscito vivo o totalmente lucido se non avesse pensato a ciò che di più puro potesse esistere. Decise di soprassedere. Sospirò:
«C'è stato una specie di processo in Aula Magna e sono stato assolto. Sto cercando solo di andare avanti, di comportarmi in modo normale»
«Non c'è niente di normale» si guardò intorno «e non mi va che ci vedano insieme».
Il corridoio grigio sembrava infinito e gli armadietti schierati lungo il muro aspettavano di essere assaliti dagli studenti.
«Perché fai così? Ti comporti come se non ci conoscessimo» si incupì lui.
«Infatti non ci conosciamo. Avrei dovuto dimostrare più riservatezza»
«Ti stai pentendo di avermi dato confidenza?» il ragazzo socchiuse gli occhi già delusi e penetrò gli occhi neri che aveva davanti quasi fosse possibile leggere nei pensieri di lei. Ines tacque.
«Non sono stato io»
Lei si passò una mano sulla fronte, strizzò gli occhi:
«Per me è troppo»
«Allora non avresti dovuto superare quel test»
«Ho superato quel test per seguire la mia vocazione, per crearmi un futuro, non per vedere due ragazzini giocare con uno squalo e farsi amputare le gambe!» andò in escandescenza «Adesso se non te ne vai subito, chiamo la sicurezza!» iniziò a sbraitare con la voce rotta da un tremito.
Ian abbassò lo sguardo non potendo far altro che trascinare il proprio corpo stanco lontano da lei. La giovane si passò le mani fra i capelli, sospirò forte. Inutile dire che non si sentiva bene per niente.

DisturbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora