«E' la prima volta?» domandò la signora Amelia porgendole un grembiule spiegazzato.
«Sì, in cucina sì» prese il grembiule «Ho solo pulito la palestra una volta da quando sono qui»
«Deve avere una media dei voti piuttosto alta se non ha mai avuto necessità di venire a fare i piatti!» rise la donna ordinaria e dalle guance paonazze. Andò a prendere un carrello:
«Sono loro!» indicò piatti e bicchieri sopra il vagoncino che riusciva a stento a contenerli tutti.
«Alle pentole pensiamo noi. Inizia dai bicchieri. Userai la stessa spugna per cui, se prima userai la spugna per lavare i piatti unti, imbratterai i bicchieri inutilmente e ti toccherà lavorare il doppio». Ines strinse le labbra in un sorriso, avrebbe voluto rispondere che sapeva come si fa.
«Questo è il tuo lavatoio» indicò quello più vicino a lei «Noi saremo di là» si voltò verso la stanza adiacente «ma le ragazze saranno congedate molto presto, devono andare ad apparecchiare in sala mensa e poi in sala da Pranzo. Conti che il dottor Wagner e la signora Shyamalan cenano sempre nella sala privata, una delle fanciulle dovrà andare ad apparecchiare pure là. Io e Patty, l'altra cuoca, dobbiamo preparare per tutti e solitamente è Boris che va a portare la cena al reverendo quando questi decide di mangiare nei suoi alloggi ecclesiastici, che poi si tratta della maggior parte delle volte; ai pazienti di prima categoria pensano le guardie, è proibito per chiunque altro portar loro del cibo, sarebbe troppo rischioso» sorrise «Insomma, qui dentro c'è un gran bel da fare: c'era proprio bisogno di ragazzi forti e volenterosi come voi! Per qualunque cosa, mi trovi di là!»
«La ringrazio» ricambiò il sorriso Ines.
Si tirò su le maniche della camicia, prese la spugna ruvida dalla bacinella sopra l'acquaio. Guardò la pila di piatti, ma pensò che per quel lavoretto avrebbe ottenuto ben sette punti. Sorrise al pensiero delle telefonate esterne. Improvvisamente le mancavano persino i suoi genitori.
«E' permesso? Volevamo fare uno spuntino pomeridiano e siamo a secco con i punti, quindi niente snacks al distributore automatico per noi».
Ines lasciò cadere il panno svedese usato per tamponare l'acqua sgorgata dal lavatoio: Adrian!
Non voleva crederci. Sperò che fosse una coincidenza, ma il suo sesto senso le suggerì il contrario. Tese l'orecchio.
«Mi dispiace giovanotto, non sarebbe permesso entrare qui» cercò di non farsi corrompere la donna, in modo non propriamente autoritario. Era quasi divertita dalle ragazzate a cui era avvezza ad assistere giornalmente.
«Andiamo Amelia! Rimarrà un nostro segreto, come succede da quasi dieci anni» la pregò un'altra voce, era la voce di Larry. Ines poté udire dalla risposta della donna che questa era abituata a cedere alle suppliche del giovane internato. Sentì le risate di Amelia nell'altra stanza. Larry era stato cresciuto da lei a fette di pane ed olio da quando era ancora un bambino e si intrufolava in cucina a caccia della merenda più sostanziosa.
«Ehi dì un po': Ian come sta?» chiese Amelia «povero piccino» sospirò commiserevole.
Ines tese l'orecchio con più concentrazione, ma una giovane cameriera dietro di lei rovistava tra le scodelle. Riuscì solo a intuire che Larry aveva spostato l'argomento sui propri problemi di salute. Tipico. Si stava lagnando circa una chiazza rossa che le era nata su una spalla e degli esami appositi che avrebbe dovuto fare il giorno dopo. Finita la solfa del giovane ipocondriaco, Ines - che si sforzava più di ascoltare cosa si dicesse oltre le mura della sua stanza, che di far venire i bicchieri perfettamente lucidi- udì le ultime parole che avrebbe voluto: "Siete diventati troppi, non posso concedervi merende di nascosto, ma di là c'è una ragazza alle prese con una montagna di piatti sporchi: due piatti a testa che farete tornare perfettamente nuovi corrispondono a un buono per il distributore di dolcetti. Oltre a comportarvi da veri gentiluomini, contando che a lei non verrà sottratto nessun punto, avrete anche il vostro snack delle cinque del pomeriggio! Affare fatto?".
La ragazza chiuse gli occhi. I passi arroganti di Adrian si fecero spazio nel pavimento sconnesso, sempre più vicini. La giovane cameriera lasciò la stanza noncurante. Era rimasta sola.
«A quanto pare dovrò aiutarti con le stoviglie» gongolò il giovane studente.
«Come facevi a sapere dov'ero? Mi hai seguita?»
«Non è stato necessario: guardo sempre i cartelli affissi circa le mansioni domestiche per i buoni. Gli spostamenti di tutti sono in bella vista al Nun Ester. Credi che questo dovrebbe preoccuparti?»
Ines si appoggiò al lavatoio in pietra, le braccia tese e i gomiti che premevano sui margini intrisi d'acqua:
«Okay. Potete prendere i piatti che dovete, ma ho solo questa spugna» si mantenne placida.
Adrian si avvicinò a lei:
«Cosa intendevi quando hai detto che lui non sa valutare la bellezza di una donna? Perché... magari ho interpretato male, ma... Sembrava quasi che me lo avessi chiesto di seguirti».
Ines lo schivò:
«Volete contribuire con i piatti, o no?» cercò di ignorare le attenzioni del ragazzo dalla maglia aderente risucchiata dentro i jeans scampanati.
«Le buone maniere, Inny. Ti ho fatto prima io la domanda» cercò di catturare lo sguardo di lei, che insisteva nel rimanere basso sui bicchieri schiumosi. Adrian allora si allontanò di qualche centimetro:
«Giusto» rifletté guardandosi intorno «Certe domande non si pongono» si auto incolpò per la cilecca.
Osservò il fondoschiena di Ines, poi richiamò l'attenzione di Larry, immobile davanti a loro:
«Adesso ti faccio vedere come si fa con una donna, vecchio mio!»
Prese Ines per i fianchi e la voltò verso di sé. Lei si dimenò. Adrian si voltò ancora verso Larry:
«Numero uno. I baci non si chiedono mai!», le labbra della giovane erano parallele alle sue, oramai separate da un impercettibile filo d'aria. Adrian tirò fuori la lingua. Ines scansò il volto:
«Adrian, sai come andrà a finire se non mi lasci stare!» lo minacciò ma la voce supplice della giovane non contribuì a far sembrare la frase così intimidatoria.
«Non vuole, lasciala stare!» si intromise Larry. Adrian lo spinse via:
«Tu pensa agli affari tuoi!» gli sbraitò. La distanza dal volto aggraziato di Ines aumentò, prese i lunghi capelli castani della collega, se li fece passare tra le dita:
«Lui non ti merita, lo sai questo, vero? Se tu fossi stata mia non avrei messo in discussione tutto per una scopata con Gaia Perkins. Da quant'è che non vi toccate?» chiese con malizia.
Ines gli tirò uno schiaffo talmente forte da girargli il viso. Poi si passò una mano sulla fronte. Guardò Larry. Maledizione. Adian si massaggiò la gota arrossata e rise:
«Lei potrebbe esserci utile per la tua terapia» informò il ragazzo ipocondriaco, impietrito.
«Io e Larry in realtà eravamo venuti qui per la sua seduta» si guardò intorno e iniziò ad aprire tutti i cassetti della credenza. Ines lo osservava in silenzio. Deglutì.
«Ah ecco qua» tirò fuori un coltello arrugginito «Sai» guardò la lama affilata «è l'unico posto in questo ospedale dove poter trovare oggetti pericolosi...» si giustificò con Ines.
Raggiunse Larry:
«Adesso mi darai un braccio, o una gamba, se preferisci» ironizzò «La vedi tutta questa ruggine tra i denti del coltello?», Larry annuì spaventato. Adrian andò a socchiudere la porta che li congiungeva con l'altra stanza. Le stoviglie sbatacchiate, i mattarelli sbattuti sui tavoli, le chiacchiere delle domestiche e l'acqua della cannella che zampillava ininterrottamente nella stanza accanto, nascondevano bene quello che stava succedendo lì. Raggiunse Larry e gli alzò la manica del maglione:
«Okay. Il taglio che ti farò - che non dovrà essere disinfettato in alcun modo - ti dimostrerà che non si muore di tetano. Un passo avanti verso la guarigione!»
«Adrian!» cercò di farlo ragionare Ines, senza successo. Solo quando la vide appropinquarsi alla porta semi-aperta, la fermò:
«Che vuoi fare eh? Non credo sia una buona idea sollevare un polverone, inutilmente. Larry sa che tutto ciò è necessario ai fini del progresso. Vuoi sporcare il tuo faccino candido per esserti immischiata, distogliere dal lavoro le povere domestiche, sentire urla e sbraiti privi di senso, quando potresti semplicemente voltarti, ottenere i tuoi punti e restare la studentessa modello che tutti quanti conoscono? Mi occorreranno solo due minuti e a Larry occorrerà solo il tuo silenzio. O vuoi rovinarci tutto? Lo stai spaventando!».
Ines si massaggiò le tempie. Lasciò la maniglia della porta. Adrian, ormai persuaso che lei non fosse più una minaccia, continuò l'opera di convincimento nei confronti del paziente riluttante:
«Sai che lo faccio per te» gli sussurrò con finto tono bonario. Larry scosse la testa, ritrasse il braccio. Adrian gli riagguantò con prepotenza l'arto:
«Non vuoi diventare forte e impavido?! Non vuoi che Ian torni ad esserti amico?!» gli urlò in faccia «Ho capito: adesso te ne infischi di Ian perché credi di essere amico nostro... Peccato che neanche noi ti vorremo più se non seguirai la terapia come si deve. Cosa mi avevi promesso?» ritornò con sguardo perfido a fare i raggi X a Ines:
«Guarda! C'è una ragazza qui con noi: penserà a te come a uno stupido fifone e lo dirà a tutte le sue amichette di Harvard, e tu, bello, potrai scordarti di fare sesso per un bel po', te lo garantisco!»
Ines si avvicinò a loro:
«Adrian falla finita! Dammi il coltello» gli porse il palmo della mano, sapendo che egli era lungi dal cederle l'arma «Non è necessario!» lo pregò con il braccio teso e tremolante, ancora in attesa. Adrian per tutta risposta tagliò con violenza l'avambraccio del suo assistito, sul muscolo brachioradiale, fortunatamente in superficie.
Ines tirò via Larry. Gli occhi sgranati sulla ferita. Poi li alzò su Adrian, incredula.
Il ragazzo atletico non si scompose. Prese un panno e tamponò la ferita con tutta la calma del mondo:
«Okay. Così va bene», poi si accorse di Larry che tirava in sù col naso:
«Cosa sono queste lacrime? Andiamo... domani starai benissimo. Imparerai che non devi impanicarti per ogni sciocchezza e mi ringrazierai»
«E se morirò di tetano, invece?!» singhiozzò l'altro, terrorizzato.
«Ah no, non succederà. Hai già fatto il vaccino, ovviamente» alzò gli occhi al cielo.
Si voltò verso Ines:
«Scusaci per il disturbo. Finisci di lavare i tuoi piatti. Noi abbiamo finito con la seduta per oggi. Ah, solo a titolo informativo: è tutto nella norma. Il mio programma di recupero con Larry è in regola. Eravamo d'accordo, solo che, capisci, lui poi sul momento si è fatto prendere dalle solite paranoie» la tenne al corrente con un ghigno fulmineo. Il messaggio era chiaro: avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa.
Strinse le labbra in un grugno, aprì il rubinetto per lavarsi via il sangue dalle dita. Non avrebbe ceduto a quelle minacce.

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Disturbia
Misterio / SuspensoVenticinque studenti specializzandi dell'università di Harvard vengono selezionati per svolgere un tirocinio presso il "Nun Ester Institute", un centro di accoglienza per ragazzi problematici. Dal loro trasferimento lì verrà fuori la convivenza for...