Rachel, ti presento Mia

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Cara Rachel,
mi ero promessa di aspettare ancora un po' prima di prendere carta e penna e iniziare i racconti sul Nun Ester. Mi ero promessa di aspettare perché ci vogliono circa due mesi prima che questa lettera giunga nelle tue mani e sarebbe stato più conveniente fartene aspettare quattro e scriverti qualcosa di più, dato che non è successo niente di che per il momento. La verità è che mi manchi terribilmente, in più, sembra che l'unico modo per parlare con una persona normale qua dentro sia quello di scrivere a qualcuno che sta fuori. Spero che tu stia bene, per quanto possa stare bene una persona che ha perso entrambi i suoi migliori amici nel giro di una settimana. Scusami, era una frase stupida. Dovrò stare un bel po' di tempo qui, ma non mi perderai. Allora, da dove partire? Partirò col dirti che l'istituto dove mi trovo è in mezzo al niente, su di un'isola in mezzo al niente, l'isola di Clover: dire che è inquietante è un eufemismo! Qui tutto è attentamente pianificato minuto per minuto, più che altro per i pazienti: il ritmo delle loro giornate è scandito dagli esami e dalle sedute di gruppo, eccetto le tre ore di libertà e le due ore di studio, per i più fortunati.
Ci sono tre autorità in questo posto: una suora grassa e sciatta, suor Prudence, una signora bionda tutta d'un pezzo e il chirurgo tedesco Frederick Wagner, sì, io ne avevo sentito parlare, tu che non sei del campo, probabilmente non hai idea di chi sia.
Siamo disposti in camere doppie, come i pazienti, ma i letti per le ragazze non sono a castello come per i ragazzi, così condivido un letto matrimoniale con una certa Margot. E' carina, è diversa dalle figlie di papà che studiano ad Harvard (immagina se mi avessero messa in camera con Gaia Perkins!). Noi studenti di Harvard chiamiamo i pazienti di Clover "Disturbia" e chiamiamo noi stessi "No problem" ad indicare che loro sono disturbati e noi privi di problemi. Sì, lo so, fa schifo come idea, ma è un gergo tra coetanei. Credo che appena loro potranno conoscerci adotteranno anche loro questi due nomignoli per distinguere le diverse fazioni. Siamo pessimi, ma siamo giovani e non eravamo esattamente pronti per questo "premio sorpresa" (così lo avevano chiamato) quando abbiamo compilato il test. Ci hanno detto tutto solo successivamente. Avrei potuto tirarmi indietro, ma credo sia un'opportunità irripetibile, un trampolino di lancio per il mio futuro professionale.
La cosa che mi ha portato a scriverti così presto è la voglia di condividere con te il mio lavoro, che è il motivo principale per cui sono qui. Incluso nel piano di studi c'è l'assegnazione di un paziente di cui dobbiamo prenderci cura per sei mesi, poi ci sarà il cambio di paziente. La mia prima paziente mi è stata presentata una settimana fa, quindi, volevo farti conoscere Mia, anche se non posso farlo personalmente. Ogni volta che incontriamo persone nuove tu sei la prima a cui lo racconto e viceversa. Mia non è la prima persona che ho incontrato qui, ma è senza dubbio la sola che meriti di essere raccontata. E' una ragazzina di dodici anni con la sindrome di down. Lei è cosi piena di vita e di risorse, nella sua incoscienza, è lei che sta tirando via dai pensieri negativi me e non il contrario. Non avevo mai avuto a che fare in modo tanto ravvicinato e intimo con una persona affetta da trisonomia 21. Ovviamente ho letto tutto circa l' "Observations on an Ethnic classification of idiots" Di J. L. Down, il medico britannico da cui la malattia prende il nome. Inutile dirti che ogni lettura si è rivelata inutile da quando gli occhi di Mia hanno incontrato in miei. Non c'è niente in quei manuali se non limiti oltre ai quali lei mi sta insegnando ad andare. Mi sento fragile, i ricordi di Denny non mi abbandonano, sono instabile, dormo poco e male e sto iniziando questo percorso nella condizione peggiore. Non potevo immaginare di venire qui a una settimana esatta dalla morte del mio migliore amico. Io avevo immaginato di venirci con lui. E' così dura, vorrei poterti abbracciare. Mia non mi lascia in astinenza da abbracci però! Mi si è gettata addosso dopo due minuti che ci avevano presentate, con le sue braccia tozze e... beh, credo di avere ancora qualche briciolo di biscotto al cioccolato che stava mangiando poco fa sulla guancia: oggi ha preso a baciarmi con un affetto che mi ha fatto sentire a casa per la prima volta da quando sono qui. A lei non importa delle mie debolezze, mi ha aperto le braccia con una fiducia impagabile che farò di tutto per non deludere. Vorrei potermi prendere cura di lei come devo, vorrei che fosse fiera di me, vorrei vederla stringere il mio vestito, per non lasciarmi andare, tra sei mesi quando ci sarà il cambio di paziente.
Amanda mi ha dato delle foto di mia mamma da adolescente. Era praticamente disabile. Ha voluto che le avessi prima di approdare qui, per darmi forza. Non lo trovi ridicolo? (già ti immagino mentre scuoti la testa sorridendo, perché, sì, è ridicolo). Non sopporto questa ipocrisia: io e mia madre abbiamo avuto sempre un rapporto pessimo, me la sono cavata esclusivamente con le mie forze, che oltre ad andare avanti, mi servivano a contrastare le sua avversità nei miei riguardi, i suoi continui "bastoni tra le ruote". Sai quanto mi abbia sempre fatto sentire inadeguata. La figlia di serie B. Cosa dovrei farmene delle sue stupide fotografie? E' un modo per dimostrarmi a posteriori la sua stima? Mi sembra un po' troppo facile! Credo le restituirò ad Amanda, ha sempre voluto più bene a lei che a me; anzi, lasciamo perdere: farò finta di niente perché non ho voglia di domande e di psicanalisi, tantomeno di lezioni di vita da mia cugina. Non ce l'ho con lei, nutre molta stima per mia madre: probabilmente perché non ha dovuto portare sulle spalle il peso di essere sua figlia, una specie di ansia da prestazione lunga un'intera esistenza. Se l'avere a che fare con una persona si riduce al tempo di un pranzo domenicale, tutti sanno essere piacevoli. Mio padre specialmente alle feste domenicali è un vero giullare di corte: se gli venissero tolti quei fiaschi di vino secondo te il risultato rimarrebbe invariato o la sua ironia verrebbe rasa al suolo? Le famiglie altrui sono sempre così perfette viste da fuori e la nostra non fa eccezione, almeno in questo non abbiamo fallito. Comunque sia, spero di aggiornarti presto. Per il momento non ho avuto contatti con nessuno degli altri pazienti, solo con Mia. Per i primi dieci giorni sono stati vietati assembramenti e interazioni ingiustificate tra noi e loro. Ci limitiamo a seguire le lezioni e poi ognuno chiuso in una stanza semivuota con il proprio protetto. Ho chiesto un puzzle, due libri, degli ingredienti per un dolce e un abaco, in dieci giorni, per stimolare Mia, non che ne abbia molto bisogno, in realtà!
Per la scorsa seduta ho chiesto anche il permesso di introdurre nella stanza i miei trucchi e una spazzola per capelli, ma mi è stato negato perché la vanità è solo nociva per Mia, lei- mi hanno detto- in ogni caso non sarà mai bella: incitarla a cercare "la quadratura del cerchio" sarà solo deprimente e distruttivo. Era solo un gioco ma sono stata redarguita perché mi è venuta in mente un'attività ludica "atta a far risaltare esplicitamente la mia bellezza e ad offuscare quella della mia paziente, mortificandola, anche se in modo del tutto involontario". Sono sicura che Mia non l'avrebbe presa in questi termini. Una delle sue qualità è proprio quella di non sentirsi mai inferiore a nessuno (dovresti sentire come ha risposto ad un'infermiera l'altro giorno!). Credi che per il dolce non abbiano fatto storie? Mia è in grave sovrappeso: ho dovuto assicurare loro che il dolce sarebbe stato portato dalla ragazzina nella sala comune e offerto a tutti i suoi amici e suor Prudence ha controllato che lei ne mangiasse solo una fetta. So a cosa starai pensando: beati coloro che Mia non reputa amici qua dentro! Era la prima volta che facevo un dolce in vita mia! Poveri ragazzi! Ah! Non ti ho detto che Mia ha una bambola da cui non si può separare, Sally: sono un pacchetto completo, per cui è sempre presente e si è resa molto utile anche lei per quella torta di mele fallimentare! In ogni caso, sto già provando ribrezzo per questa sorta di regime attuato dalla bionda nazista e dai medici. Credo che dovrò ingoiare molti rospi. Mi sento tanto sola, ci sono solo compagni e non veri e propri amici. Ashton cerca di essere dolce e carino, ma sento che non siamo più noi, da troppo tempo: a volte sembra di tirare un somaro stanco che ha già fatto troppi chilometri e non ne vuol sapere di farti salire ancora sulla sua soma (Rachel, mi sono espressa male, non voglio che tu ci veda un doppio senso, voleva essere una metafora profonda!). Insomma, non vorrei che stesse con me solo per affetto: adesso che è successo di Denny, che siamo in un posto ostile, non sarebbe proprio da gentiluomo lasciarmi; io d'altro canto non vorrei stare con lui solo perché è attraente e perché c'ho messo una vita a conquistarlo... o perché Gaia adesso non si limita a stare con noi la durata di una lezione, è qui costantemente. Lo so, è passato quasi un anno, ma non posso ignorare quel che è successo. Forse non ci sarei dovuta passare sopra, è inutile perdonare se poi non si riesce a dimenticare e lui ha molte mancanze da parte mia dopo quella volta, non riesco a darmi più totalmente. Sto sbagliando? Spero che questo luogo ci faccia riavvicinare e non il contrario. Dio, spero di non essermi lamentata più del dovuto, perdonami! Adesso ti devo proprio salutare, lascio carta e penna a Margot che, come me, non ha saputo aspettare più di sette giorni per narrare le peripezie del Nun Ester ai suoi cari! Aspetto con apprensione tue notizie e ti abbraccio forte!

Ti amo! A presto

Tua Ines

DisturbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora