La gara di nuoto

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Era mercoledì. Molti dei ricoverati erano sulla spiaggia raccolti in gruppetti. Ryan, Maya, Ian e Larry giocavano a bocce, facendo una pausa di tanto in tanto.
«Allora?» rise Maya sedendosi accanto a Ian.
«Cosa?» fece una smorfia, nascondendo un sorriso imbarazzato e naturalmente sensuale. Si strinse nella maglia fine color crema che gli cadeva sul petto magro come fosse appesa ad una gruccia. Il vento alzava la sabbia, qualche granello brillava sui loro volti.
«Non hai niente da dire? Sì, insomma, sui nuovi arrivati, sulla ragazza di Harvard dai capelli fluenti che ti fornisce tutti quei classici da leggere... e che era vicino alla porta della stanza dove eri ricoverato?» gli sorrise comprimendo gli iridi tanto neri da essere un tutt'uno con le pupille e che, per quanto fossero stretti nel sorridere, erano sempre enormi.
Il ragazzo non rispose ma sentì lo stomaco in subbuglio e il cuore accelerare i battiti. Continuò a modellare la sabbia e ad affondarvi le dita:
«Sono contento per Larry. Non voleva mai giocare a bocce prima, aveva sempre paura di farsi male. Forse quella cosa di Adrian... sì, magari, sta davvero funzionando»
«Non spostare sempre il discorso sugli altri. Stavamo parlando di te: odi proprio essere al centro dell'attenzione, eh?» gli sorrise dandogli una spinta «E poi, Larry dovrebbe parlarti, non meriti di essere trattato così» si dispiacque.
Ryan li chiamò per continuare la partita, ma Dimitri si piantò davanti a Ian prima che il ragazzo potesse raggiungere l'amico.
«Allora la facciamo oggi quella gara di nuoto? Andiamo, che aspetti? I patti sono patti. Riavrai quel braccialetto da checca solo se ti batti!»
Maya si intromise tra il corpo gracile di Ian e quello massiccio del ragazzo, che come un'imponente montagna rocciosa non voleva saperne di spostarsi:
«Non devi cedere alle sue provocazioni» allontanò Ian premendole una mano sul petto senza smettere di fissare Dimitri. Ian taceva, fissò l'avversario. Maya cercò di trarlo via:
«Hai avuto la febbre fino a ieri! Non credo che sia il caso...» lo prese per un braccio «E' solo un matto psicopatico!» fece uscire tra i denti, guardando il bestione, troppo intento ad attendere la risposta del biondo per ascoltare quella specie di ronzìo emanato dalla voce lei.
Le nuvole coprivano il cielo interamente e un'ombra nera si stagliò sul mare e su tutta l'isola.
Si tolsero la maglia. Si diressero più vicini all'acqua. Dimitri lo schermì con un sorriso sadico e un gruppetto di Disturbia si avvicinò ai due.
«Al quinto scoglio», il ragazzo russo indicò come meta una massa scura e lontana su cui le onde si schiantavano schiumando.
Larry, Maya, Ryan e Sam si scambiarono occhiate di disapprovazione, mentre Donald fu incaricato di dare il via alla gara. Si gettarono in acqua e nuotarono con tutte le loro forze, Ian riemerse e vide l'avversario indietro di pochi metri, immobile. Si fermò per assicurarsi che l'altro stesse bene, finché poi non lo vide avanzare. L'acqua mossa da Dimitri lo aggredì e confusamente sentì delle urla dalla riva. Il ragazzo robusto si fermò poco più avanti. Rise rumorosamente. Ian si passò una mano sulla faccia, sugli occhi storditi dall'acqua e stanchi per la fatica. Guardò avanti. La pinna di uno squalo volteggiava nell'acqua, non molto lontano da loro. Erano a largo ed erano soli.
«Ian!!! No!!! Attento! Attento!» Maya urlava a squarciagola e piangeva, venne tirata fuori dall'acqua da Sam. Tutti i ragazzi sulla spiaggia erano con le mani tra i capelli che urlavano ai due di tornare indietro.
Ian rabbrividì.
«Tu lo sapevi?! Lo avevi visto?» chiese all'altro che sembrava eccitato:
«Morirò io, ma morirai anche tu!» negli occhi di Dimitri c'era la follia e nient'altro. Era totalmente fuori di sé e accecato da un odio incontrollato e ingiustificato per il compagno.
Ian capì che doveva prendere le redini della situazione. Nuotò verso Dimitri e quindi verso lo squalo:
«Oggi non morirà nessuno» gli comunicò. Era finalmente a pochi centimetri dal ragazzo russo quando vide che il compagno venne azzannato dallo squalo ad una gamba. Ian tirava da un lato, lo squalo dall'altro e le urla di Dimitri si udirono nitidamente fino alla spiaggia. Il pescecane non voleva saperne di lasciare la preda. I denti continuavano a scavare nella coscia muscolosa finché non ebbero la meglio e la gamba si staccò dal resto del corpo. Ian era scioccato, ma non si diede per vinto e tirò il più lontano possibile il corpo quasi privo di sensi del ragazzo sovietico. Nuotò il più veloce possibile agevolato dal fatto che il predatore avesse trovato distrazione dalla gamba appena conquistata. I due ragazzi si portarono dietro una scia di sangue. Cercò di non voltarsi indietro, non voleva neanche sapere quanto l'animale fosse vicino. Sentiva che i polmoni non avrebbero retto ancora a lungo, ma tra il rovesciarsi delle onde vide una barca avanzare veloce, sempre più vicina fino a distinguere le facce nitide di Boris e Pluto insieme a quella del dottor Turner e del professor Diaz. Era stremato e le facce nitide divennero d'un tratto sfuocate. Si sentì sollevare con estrema facilità da un corpo forte e grosso il doppio del suo. Poi distinse la faccia rotonda e paonazza di Boris. L'uomo gli stampò uno schiaffetto paterno, il suo sorriso triste nascondeva la chiara preoccupazione per i due ragazzi. Sapeva quale punizione poteva spettare a chi si cacciava in un pasticcio tanto grosso. Paul mise a Ian la maschera dell'ossigeno, il ragazzo si tirò sù facendo forza sui gomiti, la barca era impregnata di sangue e il lamento di Dimitri era assordante. Ebbe il coraggio di guardare i frammenti di gamba che erano rimasti, i brandelli di carne e i muscoli fuoriuscivano dal bacino simili ai tentacoli di una medusa.
«Va tutto bene» disse la voce rilassante di Turner. Accarezzò la fronte di Ian:
«Respira. Sei stato bravo» lo confortò.
I ragazzi approdarono sotto gli occhi esterrefatti dei compagni. Erano già pronte due barelle per loro.
Ines era già lì. Vide passare solo in lontananza Dimitri, il sangue penetrava dalla tela del lettino e cadeva come cera sulla sabbia. Ashton le racchiuse la testa con le braccia possenti e le premette il viso sul proprio dorso:
«Non guardare».
Lei si liberò da quel rifugio solo quando passò la lettiga di Ian. Lo guardò sconcertata, lui incrociò quegli occhi inorriditi. Era arrabbiato e deluso e provò vergogna per quella situazione. Provò vergogna nei confronti di lei. Irritato si voltò dall'altra parte, i suoi amici accerchiarono la barella.

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