L'ipocondria di Larry James

47 7 2
                                    

Paul estrasse la siringa con delicatezza da quel braccio magro, tanto abituato agli aghi. La mano leggera, i capelli laccati e impeccabili di un nero corvino, la postura elegante ma mai arrogante e i muscoli delle braccia mal contenuti nella gabbanella medica, in tirare in alcuni punti del corpo. Ian lo seguì con lo sguardo mentre l'uomo risistemava gli utensili. Il dottore lo gratificò con un sorriso:
<<Ian, devi cercare di mangiare>> gli intimò in modo gentile.
Il ragazzo rispose distrattamente un "okay", mentre si rivestiva. Era preoccupato, rimase ancora un po' seduto sul lettino:
<<Dottore?>>
Paul si voltò, apprensivo ma rassicurante nel contempo:
<<Sì?>>
<<Crede che sia possibile chiedere che io e Larry...>> abbassò lo sguardo, giocherellò nervosamente con la bottiglietta di integratori alimentari che aveva in mano:
<<Credo che starebbe meglio in camera con qualcun altro>> sputò il rospo. Prima che Paul potesse obbiettare si agitò per spiegarsi meglio e si assicurò che il dottor Turner gli prestasse l'attenzione necessaria:
<<La notte mi sente tossire, mi vede soffrire... non gli sta facendo bene. La sera e la mattina... ho abbandonato le mie sedute di aerosol>> confessò <<Per gestire meglio la situazione e dare un taglio al personale, anni fa fu deciso che chiunque di noi potesse fare le cose da solo, le facesse da solo. All'inizio ci era stata fornita una stanza con tutta l'attrezzatura necessaria ad ogni patologia. C'era anche l'apparecchio per l'aerosolterapia, ma eravamo tutti insieme e iniziarono a crearsi situazioni caotiche. Da allora i trattamenti li facciamo ognuno in camera propria. E io... non voglio che Larry mi veda in quel modo la mattina mentre si veste e si prepara ad affrontare una nuova giornata, o la sera prima di dormire, è già dura così per lui>> si giustificò.
<<Tu hai interrotto il trattamento di aerosol per non far dispiacere Larry?>> Paul socchiuse gli occhi e aggrottò la fronte.
<<Mi... mi dispiace!>> si mortificò il ragazzo, cercando di non abbandonare il volto del suo interlocutore neanche un istante, e sperando ancora in una qualche comprensione.
<<Ian... >> Paul stese i lineamenti del viso in un'espressione rassegnata, era più addolorato che arrabbiato:
<<Sai che... non puoi permettertelo>> lo guardò, poi, fisso negli occhi, tradendosi: i suoi di occhi cominciarono a vacillare. Si rendeva conto di quanto ogni giorno si sentisse più legato a quel ragazzo. Inspirò:
<<Non puoi concederti il lusso di trascurare la tua salute per tutelare qualcun altro! Sai che il tuo corpo sta già lottando tantissimo!>>
Ian chinò la testa. Ricacciò indietro il pianto. Paul si scordò di essere un medico, si dimenticò di prassi e burocrazia, strinse la testa di Ian tra le braccia:
<<Scusami, scusami!>> non fu bravo quanto il ragazzo a convincere le lacrime a fare dietro front:
<<Andremo a parlare con la Shyamalan. Insieme>> gli assicurò.

~
<<Oh, a cosa devo l'onore?>> Ann Shyamalan, con un sorriso seccato, si affrettò a schiacciare la sigaretta nel posacenere di porcellana. Paul si raschiò la gola per farle capire implicitamente quanto ritenesse fastidiosa la cappa di fumo che aleggiava in quello studio.
<<Vengo per conto del mio paziente. Ovviamente c'è anche lui>>, entrò nella stanza solo dopo aver lasciato a Ian la precedenza.
Ann sorrise, ancor più infastidita di prima e guardò prima l'uno e poi l'altro. Si accorse che con il nuovo personale era sempre meno libera di muoversi arbitrariamente e iniziò a temere un mutamento della sua monarchia, da assoluta a costituzionale.
<<Bene. Sono tutta orecchie>> strinse le labbra in un ghigno.
<<Ian, come ben sa, condivide la stanza con Larry James, un paziente ipocondriaco. Ian, in modo sorprendentemente altruistico, ha osservato che sottoporre Larry a tante pressioni>> indicò il giovane accanto a sè con la mano <<visto e considerato il cattivo stato di salute...>>
<<E che si aspetta che faccia, signor Turner?>> lo guardò torvo, mozzando il suo discorso di netto, come la ghigliottina mozza la testa di un condannato a morte in età napoleonica.
<<Speravamo che fosse possibile scambiare di camera i due pazienti. Ne converrà con me che, se Larry stesse a contatto con un compagno che è perfettamente in salute, si eviterebbe di sovraccaricarlo di un'ulteriore preoccupazione e disagio>>
<<Gli ipocondriaci sono dei malati immaginari, signor Turner>> lo snobbò la donna. Si accese un'altra sigaretta.
<<Per la medicina generale, forse, ma per la psichiatria diviene un paziente. Non a caso James si trova qui. L'ipocondria..>>
<<So benissimo cos'è l'ipocondria!>> sbraitò la Shyamalan. Turner rimase posato:
<<Bene. Allora saprà che si tratta di una patologia nella quale la convinzione di essere malati è falsa, ma la sofferenza è vera. L'ipocondriaco ha come un'ossessione rivolta verso il proprio corpo, vissuto come luogo di malfunzionamento>> congiunse le mani curate <<Adesso: Larry è un finto malato, ma Ian è un malato vero che ogni giorno il suo migliore amico vede soffrire. Il corpo di Ian è diventato per l'altro un'estensione del proprio corpo. Larry sta soffrendo per due persone>> strinse le labbra per trattenersi dal battere un pugno sul tavolo e, ancor più volentieri sulla faccia di quella specie di dittatrice. <<L'ultima volta che Ian si è sentito male di notte, Larry ha avuto una crisi e ci sono voluti due giorni per farlo riprendere. E il mio paziente si sta limitando nel curarsi perchè, lei signora, forse non ha idea di cosa comportino i trattamenti per la fibrosi cistica. Non sono certo delle passeggiate di piacere. Per non farsi vedere soffrire, questo ragazzo, anziché espellere il muco, si sta facendo inglobare interiormente da esso! Finirà per lasciarsi soffocare!>> alzò la voce.
<<Sono desolata. I posti nelle camere sono questi da anni. Anzi, pensavamo che a quel paranoico di Larry avrebbe fatto bene vivere a stretto contatto con chi ha veramente i giorni contati,>> schermì Ian con un'occhiata inviperita, fiera di avergli ricordato in che posizione si trovasse, <<almeno quello stolto avrebbe ridimensionato le sue lamentele infondate e avrebbe smesso di richiedere visite mediche continue senza un reale motivo>> scatizzò nervosamente la cenere.
<<Beh, non ha portato ad alcun risultato. E mi, perdoni, c'era da aspettarselo: non era certo la soluzione più idonea. Quindi se non ha funzionato in questi anni, potremmo provare...>>
<<Ascolti! Non è che se il ragazzetto qui si è svegliato una mattina con l'idea di cambiare le carte in tavola, adesso mandiamo all'aria tutta la disposizione! Dì un po' Ian, ultimamente Larry ti ha stufato con le sue chiacchiere su quanto sia fragile e malato, così hai pensato di liberartene con una qualunque scusa?>> mise in dubbio la buona fede del giovane che per tutta risposta, scosse la testa con gli occhi colmi di lacrime. Paul si alterò:
<<Bene. Possiamo chiamare Wagner e chiedere cosa ne pensa>>, poi guardò con la coda dell'occhio Ian che sbiancò all'idea di quel nome e si pentì di averlo tirato in ballo. Guardò ancora il paziente con aria dubbiosa. Perché chi aveva il monopolio di quel posto lo terrorizzava così tanto? Ann Shyamalan inarcò un sopracciglio con aria di sufficienza, dedicandosi oramai a delle scartoffie e non più ai due che le stavano davanti:
<<Sicuramente Frederick avrà altro a cui pensare in questo momento>> cercò di liquidarli.
<<Non le interessa ascoltare l'opinione del paziente?>> pressò ulteriormente il dottor Turner.
<<Non siamo soliti preoccuparci delle opinioni dei pazienti, qui dentro. E' la prima volta che ne entra uno spontaneamente, e con una pretesa, per giunta!>> alzò gli occhi e sorrise sprezzante come per chiedersi dove sarebbero andati a finire di quel passo <<Solitamente quando entrano nel mio studio è perché li abbiamo convocati noi e, le assicuro, che preferirebbero non entrarci>> fece notare, cercando di tenere alta la bandiera del Nun Ester Institute con le leggi che vigevano al suo interno. Era chiaro che detestava la presenza di Ian seduto davanti alla scrivania, con quella sua paturnia.
<<Adesso, se volete scusarmi>> si scomodò persino di alzare il sedere dalla sedia per accompagnarli alla porta, tanta era la fretta di toglierseli dai piedi.
Uscirono. Paul, mise una mano sulla spalla di Ian. Il ragazzo si sentì di dovergli delle scuse:
<<Mi dispiace... Non sono riuscito neanche a dire una parola!>> si mortificò. Si sentiva solo un perdente e per colpa sua Paul sarebbe stato preso di mira.
<<Non dirlo neanche per scherzo! Hai fatto bene... a tacere>> si guardò intorno.
<<E' il mio migliore amico...>> si giustificò ancora il giovane, mesto.
<<Per quanto riguarda l'aerosol... puoi, anzi, devi venire nel mio studio ogni mattina e ogni sera. Ci penso io a te>> lo tranquillizzò con fare paterno. Ringraziò il cielo che Ian fosse rimasto al suo posto, parlando avrebbe solo aggravato la sua posizione e, in ogni caso, qualcosa gli suggeriva che Ian una bella punizione l'avrebbe dovuta scontare ugualmente. Quel ragazzo non era al sicuro. Nessuno lo era. Si rese conto di essere finito nella fossa dei leoni.

DisturbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora