Empatia

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Dopo giorni intensi di studio, test e ore di lezioni infinite - il tutto condito con il pensiero perenne su come debellare l'influenza negativa di Adrian sugli altri - si concesse una visita in sala comune.
Si guardò intorno con aria circospetta, poi si avvicinò a lui:
«Speravo ci fossi» gli sorrise
«Perché?» Ian cercò di mantenersi sostenuto, ma gli occhi ridenti lo tradirono.
«Secondo te potevo riuscire a recensire I due gentiluomini di Verona di Mr. William Shakespeare, in queste striscioline libere ai lati?» indicò, ridendo, il margine ristretto della pagina.
«Ahahahah! Tu hai sbagliato indirizzo di studi: avresti dovuto scegliere Lettere»
«Già ma poi...» si fermò, strinse le labbra e sforzò un sorriso. Forse avrebbe dovuto davvero scegliere lettere. In questo momento non si sarebbe trovata in un istituto totalmente rapita dagli occhi blu di uno psicopatico di cui non sapeva praticamente niente.
«Poi?» incalzò curioso.
«Niente» mentì. Lo rivestì di sguardi. Avrebbe potuto scrivere la recensione tra le pagine del libro, la realtà è che non le bastava più l'idea di parlare con lui attraverso dei fogli. In più Adrian stava giocando a fare il detective. Sospirò. Lui si preoccupò:
«Scusami... Non ho scritto la recensione di Mody Dick e l'ho sostituita con delle confessioni che non avrei dovuto farti. Non voglio metterti nei guai, non possiamo...»
«Non mi stai mettendo nei guai» lo rassicurò. Si guardò intorno. Donald alzò il volume alle televisione. Mia e Annabelle giocavano con la nuova bambola. Mia l'aveva battezzata SallyTwo e per ora non le aveva fatto ingurgitare niente di organico. Ian riprese a disegnare. Lei lo fermò, gli prese il polso, per interromperlo da quell'attività e spingerlo a dare attenzioni solo a lei. I due sguardi imbarazzati penetrarono l'uno nell'altro. Lei sentì di stare per sprofondare in quegli occhi, come fossero stati un pozzo senza fine:
«So come ti senti. Vivevo in simbiosi con i miei due migliori amici prima di finire a studiare presso il Nun Ester. Sono persa senza di loro. Uno di loro sarebbe dovuto essere qui, ma è rimasto ucciso in un incendio la settimana prima».
Ian sussultò. Posò l'altra mano su quella di Ines, ferma sul suo polso. La scaldò solo con gli occhi. Lei ansimò.
«Credo di impazzire, ma so che lui non mi avrebbe lasciata. Così, quando vedo te che guardi da lontano Larry, come se non aveste più niente da condividere e da raccontarvi, mi si spezza il cuore, ogni santa volta» gli confessò con rammarico «Lui è qui. Tu sei qui. Non dovete perdere neanche un istante, non dovete rinunciare a un solo giorno che vi rimane per dimostrarvi che vi volete bene»
«Ho provato a farglielo capire, ma mi ha detto che sono solo un invidioso perché ora i ragazzi di Harvard hanno stima di lui e apprezzano la sua compagnia» chinò la testa:
«Tu mi credi? La scorsa notte quando mi ha visto vomitare, è andato in paranoia perché temeva che gli avessi attaccato un virus gastro-intestinale. Non volevo allontanarlo per un tornaconto mio, volevo farlo per la sua serenità. A quanto pare, in ogni caso, ho raggiunto l'obbiettivo» si commiserò. Lei ormai non pensò più a Larry, ma solo alla salute di Ian:
«Perché hai vomitato?!» socchiuse gli occhi in un'espressione corrugata. Si preoccupò. Non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo e Ian sembrava non volerglielo svelare.
Abbassando gli occhi notò la sua mano ancora su quella di Ines:
«Sc- scusa» la tolse di scatto, impacciato «Mi dispiace veramente tanto per il tuo amico»
«Lo so» gli sorrise commossa, poi smorzò la drammaticità che si respirava nell'aria:
«Beh, però c'è da dire che ha avuto un degno sostituto: Adrian in fondo...»
«Oddio! No! Non me lo dire!» rise Ian tappandosi gli occhi
«Già, mi verrebbe spontanea una battuta che avrei sicuramente fatto, se non si trattasse di Danny»
«Tipo: "si sta rivoltando nella tomba?"»
«Ehmm.. sì, ma lui guarda, che non si sarebbe offeso, anzi!»
«No, okay, sei pessima» alzò le mani il ragazzo. Sorrise, lei cercò il suo sguardo e divenne nostalgica:
«Lo so. Spero di non essere pessima nel mantenere le promesse: perché ti prometto che si risolverà tutto con Larry».
Adrian e Larry entrarono nella sala comune proprio in quel momento. Larry si era calato nella parte. Sembravano Oliver Hardy e Stan Laurel. Ian scosse la testa, gli occhi lucidi furono ben nascosti dai capelli calati sulla fronte, ma non sfuggirono alla ragazza che gli sedeva accanto.
«Dovresti andare» le consigliò lui. Non voleva che Adrian potesse insinuare cose assurde, vedendoli così vicini. Lei ignorò il suggerimento. Sbirciò il foglio su cui lui stava disegnando:
«Ma sono Annabelle e Mia!» si stupì con un sorriso.
«Hai mai guardato fuori oggi?» gli sorrise. Lei quel giorno aveva avuto così tanto da fare che si era totalmente dimenticata di farlo. Le imposte dell'istituto erano sempre chiuse. Aprì la finestra più vicina e fu baciata dal sole di quel giorno. Il sorriso della giovane fu oscurato da Adrian che si avvicinò a loro:
«Ehi bella, com'è andato l'esame su Lombroso?»
«Bene. Non chiamarmi "bella", mi dà fastidio» cercò di schivare il corpo del giovane arrogante che la stava marcando.
Adrian si risentì, arricciò la bocca in un'espressione sconsolata e sbalordita:
«Ti dà fastidio?» si voltò verso Ian gridando:
«Ehi, le dà fastidio se le dico che è bella, perché? Non è così, forse? Tu non la consideri bella?»
Ian si allarmò. Guardò Ines. Lei gli fece cenno di non preoccuparsi. Fece lo sforzo di guardare Adrian in faccia e di esprimersi senza risultare minacciosa, abbassò il tono della voce, trovando la forza di volontà di avvicinarsi a quel verme:
«Addy... Che vuoi che ne sappia lui della bellezza di una donna? E' solo un negletto della società e noi dobbiamo accudirlo e coccolarlo. Adesso lo stavo gratificando per i suoi disegni. Anche la storia dei libri... insomma... non so cosa tu abbia capito, e, sinceramente mi ha anche offesa un po' l'allusione che hai fatto l'altra sera prima del film. Tra qualche minuto sicuramente suor Prudence farà il suo giretto pomeridiano nella sala comune. Sarebbe bene che abbassassi la voce. Le suore possono essere più crudeli di quanto si immagini, soprattutto se si disturba la quiete dei loro ragazzi di categoria "B". Adesso, con permesso» riuscì ad allontanarsi. Avrebbe meritato una pausa, ma si era iscritta sulla lista per lavare i piatti la settimana prima. Aveva bisogno dei buoni per telefonare ai genitori di Danny. Non li vedeva dal giorno del funerale e voleva assicurarsi che stessero bene. Controllò l'ora: non era ancora in ritardo. Lasciò la stanza costringendosi a non guardare Ian. Sperò solo che Adrian avesse abboccato e lo lasciasse stare.
Adrian si avvicinò a Ian, un po' troppo per non farla sembrare una minaccia:
«Sai, credo proprio che tu la trovi molto bella. Credo anche... che lei sia impegnata e che tu sia solo una feccia. Se non vuoi che Ashton sappia che ti intrattieni di nascosto a parlare con la sua fidanzata, impara a stare al tuo posto! Vorresti che lei perdesse credibilità solo perché si è avvicinata ad un fallito? Le fai pena, non hai sentito? Per cos'altro credevi che una come lei potesse rivolgere la parola a uno come te?»

DisturbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora