Maya

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Tornò di nuovo lì il giorno seguente. L'ala ovest ormai non era più un segreto. Era capace di entrarvi e uscirvi a suo piacimento. Davanti alla camera di Ian però trovò qualcun altro, una ragazza. Era una giovane di colore, era appena uscita dalla stanza, si voltò ancora indietro probabilmente per guardare il giovane di nuovo. Sorrise. Alzò poi lo sguardo ma appena scorse Ines, il viso mutò espressione; sgranò gli occhi e corse via. Ines sul primo pensò di raggiungerla, poi si convinse che non ne valeva la pena. Era evidente che avrebbe potuto anche evitare di ritornare da lui, di preoccuparsi. Stava già meglio, abbastanza bene da dedicarsi ad attività che richiedevano uno sforzo fisico. La rabbia che nutrì e quella sorta di gelosia, la preoccuparono. Si impose che doveva smetterla di immischiarsi, che doveva trattarlo come un paziente qualunque e che doveva dimenticarsi la strada per accedere a quella maledetta ala del castello. Niente coinvolgimento emotivo. Le regole erano chiare e lei aveva sempre, sempre rispettato ogni regola nella vita.

«Sì! Dammi il tinque, Inets!» Mia strinse gli occhi già così piccoli che scomparvero nel volto rotondo e gaio. La mano grossolana aggredì il palmo della mano della sua tutrice.
«Missione compiuta! Adesso che questo è finito, dovremmo procurarci un puzzle grande il doppio, visto che tu, signorina, diventi sempre più brava! Ti va una cioccolata calda?» Accarezzò i capelli neri di Mia. Era impossibile non farsi coinvolgere emotivamente.
Si diresse al grande tavolo della sala ricreativa. Afferrò due bicchieri e il bricco della cioccolata liquida. Due occhi enormi e scuri la stavano fissando. Era la ragazza di colore. Maya.
«Non è come sembrava» gli occhi commossi chiedevano pietà da Ines
«E come sembrava?»
«Andiamo, lo sai»
«No, non lo so» si indispettì «Sinceramente non so cosa siete abituati a fare qua dentro e voglio starne fuori». Si pentì subito dopo del tono arrogante con cui aveva risposto a quella paziente.
«Tutte qui considerano Ian uno strumento per soddisfare necessità fisiologiche, ma io no. Lui è solo la persona che non mi ha abbandonata mai da quando ho messo piede in questo posto. Lui mi ha difesa, protetta, è il mio migliore amico. Volevo solo vedere se stava bene. E' sempre stato forte per me, anche se la sua malattia lo debilitava e continua tuttora a indebolirlo sempre di più»
Ines lasciò che un'ombra di rammarico le cambiasse completamente espressione:
«Quale malattia?». Fissò profondamente la ragazza dagli occhi grandi ma spenti, che dopo qualche istante si vide sottrarre da vicino.
«Ti diverti a chiacchierare con le persone sane di mente eh? Se avessi iniziato a farlo prima, probabilmente adesso non saresti qui» un infermiere la prese per le braccia ossute «Andiamo negra! La dottoressa Fisher ti aspetta per la seduta di gruppo».

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