Il braccialetto conteso

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Kit le mostrò le carte, Annabelle non le aveva mai viste, i semi erano insoliti e i colori estremamente accesi. Le piacevano. Sgranò gli occhi e si grattugiò le labbra con i denti sporgenti affondando quasi il naso nel mazzo.
«Allora? L'hai scelta? Pescane una, senza guardare!» suggerì il ragazzo dai capelli sparuti. I suoi occhi erano innocenti come quelli di un bambino, e lo sembrava davvero, un bambino che quasi scompariva, inghiottito dalla camicia a righe troppo più grande della sua taglia. Le mani magre e arrossate tenevano le carte in attesa che la microcefala ne sfilasse una dal mazzo. Fuori era nuvoloso, ma le nuvole chiare, rincorrendosi come leoni e gazzelle, lasciavano intravedere spazi di cielo luminoso. La stanza della musica era gremita di piante, un piccolo giardino d'inverno. Nessuno stava suonando il pianoforte, né l'arpa. La chitarra lucida era posata su una sedia di vimini.
Ian alzò lo sguardo dal libro, gli occhi sorridenti si posarono sui due strani compagni che ormai conosceva da una vita. Abbandonò le pagine sgualcite di Swift, incuriosito dalla "magia" che Kit stava preparando e concentrato per poterne imparare il trucco. Mia gli si sedette sulle ginocchia: uno sguardo a Kit, uno alla sua SallyTwo e uno a Ian che non si lamentava mai, che la faceva sedere sulle sue gambe, sebbene la ragazzina pesasse quasi il doppio di lui, e che l'accudiva sempre come un fratello maggiore. Gli occhi di Mia si posarono sul volto pulito del suo principe biondo, erano occhi pieni di amore. Lui le sorrise e la incoraggiò a seguire le azioni di Kit e Annabelle.
Il ragazzo spilungone e dozzinale mescolò le carte, nel mazzo era stata reinserita quella pescata dalla ragazzina. Ian tentò di capire in che modo Kit sarebbe riuscito a indovinare la carta.
«Era questa, giusto?» estrasse un tre di mattoni, Annabelle rise a trentadue denti e fece segno di sì.
«Ora io!» Mia si alzò di scatto e corse verso Kit.
Un fischiettio insistente si udiva da dietro la porta socchiusa.
«Bu!». Dimitri entrò di colpo. Kit ebbe uno scossone. Il ragazzone rise, poi batté le mani più volte, l'altro affetto da ipereplexia, ebbe spasmi violenti.
Dimitri non la smetteva di creare di proposito rumori improvvisi e di ridere compiaciuto dopo ogni sobbalzo di Kit. Ian da primo lo incoraggiò a smetterla, ma alla fine, quando il ragazzo russo fece inciampare Kit, decise di intervenire.
«Perché devi fare lo stronzo? Ti diverte tanto?» lo sfidò.
Dimitri rise con strafottenza. Ian cercò di schivare il suo corpo:
«Chiamo la sicurezza, non sei abbastanza civile per stare in una sala comune» fece per andare verso la porta, ma l'altro bloccò l'uscita, poi lo strattonò sbattendolo al muro.
Kit, lo pregò di smetterla, ma i rumori improvvisi gli impedivano di intervenire, andò nel panico e aumentò per lui la difficoltà nella deambulazione; l'eccessiva contrazione muscolare, inevitabile in seguito a forti timori ed emozioni, lo resero un blocco rigido come il marmo. Era impietrito nell'angolo della stanza, Ian, preoccupato per l'amico, cercò di non perderlo di vista, ma il corpo possente di Dimitri e le mani che gli stringevano il collo gli impedirono di aiutarlo. Pensò di liberarsi tirando al bestione molesto una ginocchiata nelle parti basse, ma non voleva più essere violento, si era stancato di avere rogne continue. Mia lo fece per lui, Dimitri si sentì aggredire dalla ragazzina la cui forza era davvero impressionante, distraendosi da Ian. Il tempo di riprendersi dalla botta, però, che notò sporgere dalla tasca del ragazzo biondo, un braccialettino di metallo intrecciato con un nastro rosa, ormai sporco. Glielo tirò via.
Ian cercò di riacquistare l'equilibrio, tese la mano verso Dimitri:
«Ridammelo... per favore».
Il ragazzo manesco si rese subito conto di avere tra le mani l'oggetto più caro al suo avversario. Gli occhi di Ian brillarono di una disperazione mista a rabbia. Dall'altra porta, opposta a quella dove i due giovani si stavano scontrando, entrarono Ines, Margot e Lily.
Erano andate a prendere Mia per portarla in piscina ma decisamente lo spettacolo che trovarono era tutto fuorché tranquillo. Ian sentì il respiro venirgli meno, si frugò nelle tasche dei jeans ma si ricordò di aver lasciato in camera il suo inalatore. D'un tratto per lui fu tutto buio. La nuova ragazza dall'aspetto selvaggio fece voltare i presenti, per qualche istante più presi dall'insolita ospite che da Ian a terra privo di sensi. Annabelle approfittò della distrazione generale e corse a chiamare aiuto. Mia si gettò su Ian e iniziò a scuoterlo. L'atmosfera era così tesa da poterla tagliare con un coltello. Margot dette uno sguardo intorno, poi uno ad Ines. La ragazza riccia aveva gli occhi puntati su Ian. Ma non si mosse, i piedi erano inchiodati a terra come trattenuti dalle sabbie mobili. Era la prima volta che Lily usciva dalla sua stanza, questa situazione era la meno indicata per tentare un approccio con altri individui. Le due ragazze tenevano la paziente stretta al centro, le braccia magre e sudicie erano rigide; la testa coperta da lunghe chiome chiare e stoppose - il cui colore era poco definito a causa della polvere - era china. Lily si fece spazio tra I capelli per guardarsi intorno, iniziò a respirare affannosamente.
«Ha paura» sussurrò Margot alla compagna. Ines annuì:
«Vieni Mia» tese la mano alla sua protetta. Era il caso di andarsene il prima possibile da quella stanza.
La ragazzina down però non poteva andarsene senza far riavere a Ian il bracciale. Tirò allora un altro calcio negli stinchi del russo, che per agguantarla lasciò cadere il "gioiello". Lily perse il controllo, con uno scatto veloce si liberò dalla stretta forte di Margot e da quella più dolce e distratta di Ines e prese da terra il bracciale, lo rubò furtivamente da quel pavimento di parquet ammaccato.
«Lily, non si fa così. Lascialo, non è roba tua!» la ammonì la sua tutrice, con il palmo della mano in mostra in attesa di riavere il cinturino di bigiotteria.
Ines era ancora impressionata dalla scena a cui aveva appena assistito. Non pensò al fatto che il gesto di rubare qualcosa che non è nostro sia moralmente sbagliato, quanto al fatto che Lily per la prima volta sembrò mostrare una volontà, per la prima volta aveva compiuto un'azione anziché subirla. Uscire da quella stanza l'aveva resa reattiva, ed era solo l'inizio. Erano sulla buona strada.
«Credo sia cleptomane» costatò Margot «ci mancava questa ...».
Gli infermieri entrarono per prelevare Dimitri dalla stanza e soccorrere Ian. Ines si distrasse da Lily per osservare il ragazzo biondo e cagionevole. Lo stavano portando fuori, di corsa, su una barella. Assuefatta dai pensieri, perse quasi l'equilibrio quando si sentì spostare dalla ventata mossa dai corpi agitati di Dimitri e degli infermieri. Il ragazzo che si dimenava e sbraitava, gli altri che tentavano di portarlo fuori. Dimitri passando davanti a Lily smise di agitarsi e riuscì con un'abilità quasi professionale a sfilarle via dalle mani il braccialetto. Fu talmente veloce che nessuno se ne accorse. Quel bestione schermì Ines con uno sguardo perfido accompagnato da un ghigno. Si nascose in tasca il bracciale: aveva Ian in pugno.

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