14 - Il giorno dopo

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Mi svegliai con un tremendo mal di testa. Andai in cucina e dopo aver bevuto un thè bollente, presi due pastiglie, con la speranza che il dolore se ne andasse al più presto.

Restai per qualche minuto davanti alla finestra, ad osservare il traffico che lentamente prendeva vita. Una fitta nebbia inghiottiva prepotentemente case, automobili e passanti.

Mi preparai con indolenza e andai verso la macchina lasciando che la nebbia inghiottisse anche me. Quando arrivai a teatro, non c’era ancora nessuno. Guardai l’orologio. Erano solo le 7.30, così decisi di preparare l’occorrente per lavorare, aspettando che Barbara arrivasse. Mi sistemai nel mio solito angolino, in fondo al palco e tirai fuori tutti i colori.

C’era un silenzio fastidioso e visto che ero sola, pensai di ascoltare un po’ di musica. Dopo aver acceso il piccolo stereo, che avevo portato da casa, feci partire il cd. Avevo bisogno solo di una cosa in quel momento, di non pensare a niente. Sgomberai la mente e cercai di concentrarmi sul mio lavoro, intanto “Nutshell” cominciò a risuonare nel teatro. Credi che possa bastare una canzone? Pensai. Credi che facendo finta di niente le cose si sistemino da sole? Quanto sono stupida… mi sono comportata in modo orrendo… sono un mostro… non ci sono altri termini per definirmi… scema… e poi… di cosa ho paura? Ancora a pesare tutto e tutti… non è servito a niente il tempo trascorso? Non sono ancora in grado di regalarmi un attimo di respiro… non un momento, un misero momento di… di… di cosa? Oddio che confusione che ho in testa… che casino ho fatto… che stupida.

Le lacrime cominciarono a scendere senza che io potessi far niente per fermarle. Più cercavo di smettere e più loro si moltiplicavano sul mio viso, il respiro cominciò a farsi irregolare, la vista era appannata, non ero in grado di distinguere bene i suoni, coperti dai miei singhiozzi. Mi rannicchiai e appoggiai il viso fra le mani, aspettando di riuscire a riprendere il controllo.

“Ale… ma cosa fai? Cos’è successo?“

Mi asciugai le lacrime con la manica del maglione e vidi Barbara, in piedi, di fronte a me, che mi guardava allucinata.

Non ero in grado di dire una parola, perché il respiro si era trasformato in un singhiozzo spasmodico che m’impediva di parlare.

“Adesso fai un bel respiro… dai… un respiro profondo e ti calmi…”

Si rannicchio di fianco a me e aspettò che passasse.

“Adesso va meglio? Allora? Cos’è successo? Devo preoccuparmi?”

“Sono un mostro Barbara… un mostro di cattiveria e… e sono stupida… stupida!”

“… e io che ero venuta per farti la predica… ieri sera te ne sei andata come una furia… non capisco… mi dici cos’è accaduto?”

“Te l’ho detto… sono una stupida…”

“Ok… sei una stupida… ma perché?”

“Dopo tutto questo tempo… incontro una persona… un ragazzo stupendo… e cosa faccio? Lo faccio scappare… lo tratto nel peggior modo possibile… che schifo… ma cos’ho che non va?”

“Da quanto ci conosciamo Ale? Sedici anni? Bene… in tutto questo tempo di ho visto affrontare ogni genere di situazione… anche quando Federico…”

Non parlarmi di Federico… ti prego…”

“Scusa… ma è passato molto tempo ormai… è ora che affronti i tuoi fantasmi… è ora che ti liberi da tutti i ricordi dolorosi…”

“Ci provo! Cosa credi? Ci ho provato e continuo a provarci…”

Presi fiato e poi guardai Barbara che mi fissava silenziosa.

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