40 - Parole

12 1 0
                                    

La nostra camera si affacciava sul giardino, illuminato da tre piccoli lampioni. Spostai le tende per vedere fuori e restai a fissare il cielo.

"Non avevo mai visto così tante stelle prima d'ora... sono meravigliose..."

"Era da tanto tempo che non venivo qui... ma è sempre tutto uguale... tutto maledettamente stupendo...".

Sentii, nelle sue parole, un velo di tristezza improvvisa che mi fece voltare di scatto:

"Cosa c'è?"

Gael restò seduto sul letto, immobile, poi si girò verso di me:

"Niente... è solo che... tutto questo mi fa paura..."

"Paura?"

"Si... paura che finisca... paura che me sfugga dalle mani, senza riuscire a trattenerlo... paura de perdere ogni cosa..."

Tutta la dolcezza che mi aveva riempito il cuore diventò amara, d'improvviso sentii il sapore aspro di quelle parole scorrermi nelle vene ad una velocità incontrollabile. Sentivo pulsarmi le tempie, il cuore rimbombare, poi mi avvicinai a lui senza dire niente.

"Non riesco a capire come sia possibile... come mai ogni volta che te vedo, penso già a quanto potrò rivederti ancora? Dio che rabbia... che..."

Non sapevo cosa rispondere, non ero in grado di formulare una frase che avesse un senso, perché quelle parole, quelle maledette parole, racchiudevano in loro anche le mie paure.

"Scusa Ale... non volevo... io..."

"Non ti devi scusare Gael... siamo responsabili entrambi... tutto quello che ci è successo... tutto... doveva andare così. Sono solo scelte... e noi, abbiamo scelto la strada più dolorosa. Lo sapevo sai... quando ho preso quell'aereo... lo sapevo... quando sono arrivata a Buenos Aires, quando ti ho rivisto... quando abbiamo ballato... quando abbiamo fatto l'amore... lo sapevo".

"Cosa? Cosa sapevi?"

"Sapevo che dovevo prendere tutto senza indugio... dovevo prendere ogni cosa potessi regalarmi in quel momento... in tutti i momenti in cui siamo stati insieme... perché non c'era tempo".

Il suo viso sembrava confuso, disorientato: "Non dire così..."

"Ma è così che dev'essere... fin dal primo momento in cui ti ho visto, ho capito che avresti cambiato la mia vita. Tu sei riuscito a ridarmi tutto quello che avevo perso... fiducia, passione, amore... tu mi hai regalato i momenti più belli... ma sapevo, che poi avrei dovuto ridarti qualcosa in cambio... e quel momento è arrivato"

"Tu non mi devi niente... smettila!"

La voce gli tremava e vedevo chiaramente le sue mani contrarsi.

"Non serve a niente fare così... lo sai benissimo anche tu... io ti devo qualcosa, la cosa più importate... la cosa a cui tu hai rinunciato per troppo tempo... ti devo la libertà di andartene senza voltarti indietro... ti devo il diritto di ritornare alla tua vita... senza di me"

Non so come riuscii a mantenere la calma, non so come potessero uscirmi quelle parole con tanta fermezza, ma per un attimo provai un odio profondo per me stessa, per quello che stavo facendo, anche se sapevo che era l'unica cosa da fare.

"Tu non sai quello che dici... tu non puoi..."

"Smettila Gael... lo sai meglio di me, che non abbiamo altra scelta... che siamo due mondi troppo diversi... troppo distanti. Non credere che sia facile per me... ma è la cosa migliore per entrambi..."

"E allora perché sei venuta qui? Perché? Tu non hai idea... questa è una tortura!"

"Avevo bisogno di vederti... avevo bisogno di trovare il coraggio, per affrontare tutto questo... con te. Avevo bisogno di averti ancora... per un po'... per mantenere il ricordo della tua dolcezza. Avevo bisogno di ricordare quanto sei meraviglioso... e quanto tu mi faccia sentire speciale"

"Questo è assurdo... cosa te frena? La distanza? La vita che faccio? Vuoi sentirti dire che cambierò per te??? E' questo che vuoi????".

La voce gli uscì incontenibile, poi mi afferrò le braccia e mi scosse con violenza.

"No... non potrei mai... è per questo che..."

"Zitta! Non dire niente... non aggiungere altro!!!"

Mollò la presa e mi sedetti sul letto. Tutto l'autocontrollo che avevo mantenuto, fino a quel momento, mi abbandonò di colpo, scaraventandomi in un oblio di dolore che m'invase la mente.

"Credi che sia facile per me dire queste cose?"

Le lacrime iniziarono a scorrermi lungo il viso, senza sosta.

"Credi che mi faccia piacere, rinunciare a te? Ma non vedo altra soluzione... è così che deve essere... subito... prima che sia troppo tardi... prima che il mio bisogno di te, diventi insostenibile... prima che io trovi il coraggio di dirti..."

"Cosa? Dirmi cosa?"

"Che ti amo Gael... che dal primo momento che ti ho visto, mi sono innamorata di te! Che amo il profumo che lasci su di me quando mi sei vicino... che amo la tua voce, anche quando non dici niente... che amo la luce dei tuoi occhi quando ti stupisci di qualche sciocchezza che dico... che amo vedere il tuo viso appena mi sveglio... che..."

Non riuscii a continuare. Appoggiai la faccia tra le mani e mi lasciai cadere sul pavimento tiepido, in quella stanza buia, rischiarata solo dalla luce di quei tre piccoli lampioni.

Poi sentii le sue mani afferrarmi, sollevarmi e spingermi verso il letto. "Ti prego... non rendere tutto più difficile"

La sua bocca mi bloccò le parole. Restai immobile, mentre il suo respiro cominciò a riscaldarmi il viso, mentre le sue mani presero a frugare tra i vestiti, in cerca di un appiglio, in cerca di un sostegno.

E tra quelle lenzuola, tra le sue braccia, l'unica cosa che riuscii a sentire, fu solo la sua voce, per un attimo, e disse quello che mai avrei voluto sentire: " ... ti amo..."

UN TANGO CON GAELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora