20 - Risveglio

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Una luce improvvisa e fastidiosa, mi riportò alla realtà e mi svegliai, con gli occhi disturbati da quella sgradevole intrusione. Ci misi un po’ per capire dov’ero, poi ricomposi i ricordi e realizzai; era ancora tutto come la sera prima. La stessa posizione, la stessa spalla, lo stesso profumo, era come se il tempo si fosse fermato solo per noi. Tutto quello che c’era intorno aveva continuato il suo cammino, la notte era trascorsa trascinandosi dietro tutti i mutamenti che provoca lo scorrere del tempo, tranne noi. La prima reazione fu di voltarmi verso di lui. Restai immobile ad osservarlo senza muovermi, per non svegliarlo, poi mi alzai lentamente e andai in cucina.

Presi una teiera e misi a scaldare dell’acqua, cercai dovunque le bustine di thè e dopo averle trovate, mi sedetti di fianco ai fornelli aspettando che l’acqua iniziasse a bollire.

Non ero in grado di capire cosa stessi realmente provando in quel momento, percepivo solo una debole sensazione di felicità, sovrastata da una montagna di “ma”.

Presi una tazza, versai l’acqua bollente e misi in infusione la bustina.

In quel momento entrò in cucina Marcello: “Buenos días… te sei svegliata presto!”

“Ciao Marcello… ma… quando sei arrivato?”

“Alle quattro… ma stavate dormendo così profondamente che non me avete sentito!”

Poi sorridendo andò in camera e tornò con una macchina fotografica.

“Spero te piaccia… eravate talmente belli che vi ho fatto una foto mentre dormivate… guarda…”

Accese la macchina e mi mostrò l’immagine sul display.

“Oddio… Marcello… ma tu sei matto!”

Scoppiai a ridere e presi la macchina fotografica per guardare meglio l’immagine.

“Però sei bravo… complimenti… è una foto stupenda… potresti darmene una copia per favore?”

“Certo… ho il portatile in camera… te faccio un cd se vuoi…”

“Grazie… ma tu dove sei andato ieri sera?”

“Sono uscito a mangiare con degli amici… poi siamo andati al mare…in una discoteca…”

“Al mare?”

“Si… non me ricordo dove… ma ci siamo divertiti…”

Chiacchierammo un po’ della sua serata, poi dopo qualche minuto Gael comparve sulla porta. “Buongiorno… ma che ore sono?”

Ebbi un sussulto nel vederlo, sentii distintamente una scossa percorrermi la schiena e fermasi dietro il collo: “Ciao… sono le nove…”

Marcello prese una mela dal porta frutta e poi mi chiese la macchina fotografica: “Io vado in camera a farti il cd ok?”

“Si… grazie…”

Ci lasciò li, incapaci di fare o dire niente, come se ogni incontro, per noi, fosse una situazione talmente violenta da diventare ingestibile. “Mi sono fatta un thè… spero non ti dispiaccia…”

“Hai fatto bene…”

Restò nell’aria la necessità di dire mille cose, ma non trovammo il coraggio di interrompere quella sorprendente atmosfera che si era creata, così anche lui prese una tazza, la riempì e poi venne a sedersi vicino a me.

“Non devi andare a lavorare?”

“No… mi sono presa una vacanza… sono libera fino a natale”

Restò un attimo in silenzio poi, quasi imbarazzato al pensiero, si voltò verso di me e disse: “Quindi posso chiederti qualunque cosa?”

Rimasi sorpresa di quella domanda: “In che senso?”

“Ho bisogno de farmi perdonare… voglio cancellare quel brutto episodio dalla tua testa e dalla mia… voglio la possibilità de spiegare…”

“Guarda che non mi devi spiegare niente… ho reagito troppo bruscamente… mi sono permessa di pensare che avessi degli obblighi verso di me… ma non è così…”

“Voglio passare un po’ de tempo con te…”

Avevo capito perfettamente quello che era appena uscito dalla sua bocca, ma non ero completamente sicura di volerne comprenderne il significato. Ripassai in rassegna ogni parola, ogni possibilità d’interpretazione che potesse venire da quella frase, ma la conclusione era sempre la stessa. “Con me?”

“Si”

Posai la tazza, mi alzai, raccolsi tutte le forze che ero in grado trovare dentro di me e mi avvicinai a lui, appoggiai la testa sulla sua spalla e aspettai. Sentii le sue braccia circondarmi e mi lasciai riscaldare senza dire niente.

Non so quando persi l’istinto di autodifesa, o quando scomparve la necessità di tirarmi indietro, sentivo solo il bisogno di prendere tutto quello che potevo, immagazzinare più sensazioni possibili.

“Vieni con me”

Alzai la testa di scatto e lo guardai stupita: “Dove?”

Sentivo la testa pulsare, il sangue scorrere troppo velocemente.

“Ferrara è una città stupenda, ma non so quando avrò ancora la possibilità de tornare in Italia… vorrei vedere qualche altra città… vieni con me…”

Non sapevo cosa rispondere, cosa dire, non riuscivo a capire perché fosse tutto così maledettamente stupendo, dove fosse la fregatura.

“Te prego… vieni con me… decidi tu un posto e partiamo…”

Poi capii, che le cose non sempre devono avere una spiegazione logica, accadono e basta, bisogna saperle cogliere, bisogna trovare la forza di godersi ogni momento, perché non si sa mai quando finirà. Capii che dovevo vivere quel magico istante, senza domandarmi cosa sarebbe accaduto dopo e soprattutto senza pretendere di sapere quanto sarebbe durato.

“Ok…”

UN TANGO CON GAELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora