Quando si accesero i motori, ebbi l’istinto di alzarmi, correre verso il portellone e lanciarmi fuori.
Afferrai i braccioli, chiusi gli occhi e cominciai a pregare, ma non mi ricordavo più nessuna delle preghiere imparate da piccola, così iniziai ad imprecare sottovoce. Sentivo le mani sudate e un terrore improvviso mi paralizzò il corpo, avrei voluto urlare per la paura, poi mi voltai verso il passeggero seduto alla mia destra e cercai conforto.
“Mi dica che questo rumore è normale!”
“Sono i motori…ma si sente bene?”
“Non lo so… no credo… no…”
“E’ la prima volta che vola?”
“Si vede?”
“Diciamo che non mi sembra una veterana…”
Cercai di sorridere alla battuta, ma sentivo tutti i nervi contratti.
“Già… è che ho sempre avuto paura di volare… e oltretutto sono sola…”
“Se posso fare qualcosa…”
“No… non si preoccupi… devo riuscire a superare anche questa…”
“Certo che, come prima esperienza, si è scelta un viaggio piuttosto lungo… piacere io mi chiamo Giovanni…”
Allungai la mano poi la ritrassi subito per cercare di asciugarne via il sudore.
“Scusi… ecco… piacere io mi chiamo Alessia”
“Piacere di conoscerti Alessia… ma dimmi… come mai questo viaggio?”
“Non lo so nemmeno io… ho sempre detto che avrei volato solo per questioni di vita o di morte… ma nessuna delle due motivazioni si addice alla pazzia che sto facendo…”
“Allora resta solo un motivo… non sarà per amore?”
Tranne qualche vuoto d’aria, per il resto, il viaggio trascorse piacevolmente e il tempo lo passai chiacchierando.
Quando recuperai la valigia mi precipitai verso l’uscita, ero circondata da una marea di gente che andava e veniva. Un brusio continuo di voci, interrotto dal suono degli altoparlanti, era l’unica cosa che riuscivo a distinguere. Mi spostai da quella confusione e cercai un taxi.
Dopo aver messo la valigia nel baule, l’autista mi domandò dove doveva portarmi. Gli consegnai un bigliettino con l’indirizzo e mi sistemai sul sedile posteriore.
Il tragitto lo passai cercando di comunicare come meglio potevo, poi, dopo venti minuti la macchina si fermò in un quartiere residenziale, davanti ad una splendida casa.
Scesi, presi la valigia e, dopo aver pagato, salutai il taxista e rimasi a fissare la porta. Mi accorsi che le luci erano accese, così, dopo aver respirato profondamente l’aria fresca della sera, presi coraggio e suonai il campanello.
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UN TANGO CON GAEL
RomanceQuante volte ci si può mettere in gioco per amore? Quante volte ci è concesso sbagliare e ricominciare? Quante volte si può rischiare di perdere tutto in un attimo? Sono le domande che ritornano continuamente, con prepotenza, nella testa di Ale. Qua...