Io e Barbara ci siamo conosciute in 1° superiore. Avevo scelto l’indirizzo artistico, perché mi sembrava il più adatto a soddisfare la mia vena creativa. Per Barbara fu quasi una tappa obbligata. Con un padre pittore e una madre nell’alta moda, quella era l’unica scelta possibile. Furono cinque anni stupendi per entrambe. A quattordici anni, non avevo ancora trovato il mio ideale di amica e lei rispecchiava tutte le caratteristiche del caso. Fu come un colpo di fulmine, eravamo inseparabili e dove non riusciva una, c’era l’altra a compensare. Probabilmente, se non l’avessi incontrata, avrei passato cinque anni a fare corsi intensivi di matematica e lei a prendere ripetizioni di storia e italiano.
Trovai in lei la persona giusta con cui confidarmi, con cui crescere e fare tutte quelle piccole cose che mi mancavano, per rendere la mia vita meno noiosa, meno banale. Passavamo interi pomeriggi nello studio di suo padre. Sprofondando in un vecchio divano di velluto rosso, ci lasciavamo stordire dall’odore delle tempere ad olio, degli acrilici. Ci lasciavamo ipnotizzare dalla luce che filtrava dal lucernaio e illuminava una distesa di pennelli, disposti in fila, talmente logori da non avere quasi più setole, ma così belli da sembrare delle opere d’arte. Mi sentivo a casa, mi sentivo bene e così, senza particolari scossoni crescemmo insieme.
Poi arrivarono i primi amori, le prime delusioni, i pianti inconsolabili, ma eravamo sempre insieme, sempre pronte ad aiutarci, a ricominciare da capo. Finita la scuola, decidemmo di impegnare il nostro tempo, mettendo in pratica quello che avevamo imparato e ci sembrò che il campo pubblicitario, fosse il lavoro adatto a noi. Trovammo posto in un piccolo studio grafico del centro e poi il destino, ci portò prepotentemente a cambiare direzione. Durante un’esposizione di Stefano, il padre di Barbara, incontrammo un suo caro amico: Luca Bezzi. Aveva aperto da poco uno studio, con un laboratorio annesso e si occupava, non solo della parte progettuale degli allestimenti per concerti, fiere e spettacoli ma ne realizzava anche le strutture e le scenografie. Cercava persone, che fossero in grado di gestire un progetto dalla prima bozza, all’ultima vite di fissaggio. Barbara ed io avevamo ventitrè anni e ci sembrò che quella, fosse l’opportunità migliore per fare qualcosa di concretamente bello e appassionante. Così, senza che ce ne rendessimo conto, passarono nove anni e accaddero così tante cose, in quel lasso di tempo, che ancora adesso, non so capacitarmi di come sia riuscita a venirne fuori intatta.
Gli ostacoli che mi sembravano insormontabili, iniziai ad affrontarli e mi trovai a guardarli dall’alto, fiera e soddisfatta e le certezze sulle quali appoggiavo saldamente i piedi, crollarono sotto di me, facendomi sprofondare in un limbo di dubbi e paure, dal quale non sempre si riesce ad uscire illesi. A me restarono delle cicatrici, subdole e invisibili all’occhio, ma che, appena sfioravo col pensiero, mi facevano ritirare come una lumaca nel suo piccolo guscio.
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UN TANGO CON GAEL
Storie d'amoreQuante volte ci si può mettere in gioco per amore? Quante volte ci è concesso sbagliare e ricominciare? Quante volte si può rischiare di perdere tutto in un attimo? Sono le domande che ritornano continuamente, con prepotenza, nella testa di Ale. Qua...