Capitolo 2

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QUINN:

Mi sedetti sulla sedia di pelle nera osservando la direttrice sistemare dei fogli bianchi nel cassetto centrale della scrivania.

Aspettai impaziente muovendo freneticamente il piede su e giù. Doveva parlarmi di quella ragazza ? O di altro ?

Non riuscivo più a sopportare quella tensione, e vedere come rimetteva le cose in ordine mi stava mandando in tilt il cervello. Perché non si sbrigava a dirmi quello che voleva dire e la finiva ?

Per volermi parlare nello studio si trattava di qualcosa di grave ed importante. Perciò la conclusione era che non mi avrebbe parlato di quella ragazza ma di me.

"Quinn, questa cosa che sto per dirti è molto importante quindi ti chiedo di ascoltarmi con attenzione e di non interrompermi."

Come immaginavo.

Incrociai le braccia al petto aspettando che continuasse a parlare per rendermi più chiare le idee. Era il caso di preoccuparsi ?

"Questa mattina si è presentato un uomo, quello che hai visto quando sei piombata qui come una pazza-" si interruppe guardandomi male ricordandosi la sceneggiata che avevo fatto.

"-comunque sia, ha preso la tua custodia dicendo di essere tuo padre."

Mi ghiacciai a quelle parole sentendo il respiro mancarmi.

Mio padre ? Io non avevo un padre. O meglio si, ma per quanto ne sapessi per lui ero morta.

"Inizialmente ero molto incerta, ma dopo varie ricerche ho scoperto che è effettivamente chi dice di essere. Perciò dovrai andare a vivere da lui." Concluse seria portando entrambe le sue mani sulla scrivania di vetro mentre osservava ogni mio movimento, rimasi a bocca aperta ripensando alle parole che aveva appena detto.

Quell'uomo era mio padre ? Come poteva essere, sapevo che mio padre fosse vivo ma non avrei mai immaginato che sarebbe venuto a prendermi, poi così, da un giorno all'altro senza nessun preavviso.

Non conoscevo neppure il suo nome, non sapevo niente di lui. Solo che aveva messo incinta mia madre da ragazza e che l'aveva abbandonata.

Era inaffidabile e io sarei dovuta andare a vivere da lui ? Assurdo.

Ma la cosa che più mi infastidiva era che la direttrice aveva già accettato, senza neanche consultarmi, senza neanche chiedermi cosa ne pensassi.

Avevano fatto tutto alle mie spalle perché di quello che dicevo o che pensavo non importava a nessuno, e forse era per questo che avevano deciso di assegnare la mia camera a quella ragazza, ben presto io non avrei più vissuto qui. Ora si spiegava tutto.

"Perché non me lo ha detto nel momento in cui sono entrata, avrebbe almeno potuto presentarci. Ma soprattutto perché ha scelto di venire a prendermi dopo così tanto tempo ?"

"Questo non lo so, Quinn. Quello che so è che lui è davvero chi dice di essere. Forse vuole recuperare il tempo perduto. Non vedo altre spiegazioni."

Scossi la testa guardando un punto indefinito della stanza, mi sembrava tutto così surreale.

"Quindi lei ha già accettato ?"

"Quinn, sei minorenne non avresti potuto decidere a prescindere. E ad ogni modo neppure io potevo fare nulla. Se lui vuole che ti trasferisci, per quanto a te non possa andare bene non puoi farci molto. Adesso sei sotto la sua custodia."

Distolsi lo sguardo sentendo il respiro irregolare, non ci potevo credere.

"Quando dovrò andare ?"

"Ti verrà a prendere domani mattina, questa sera ti aiuterà Stacy a fare le valigie."

"Avrebbe potuto avvertirmi prima." Sbottai battendo le mani in modo sarcastico.

"Quinn ascolta -" non le diedi il tempo di continuare alzando una mano in alto facendola zittire, dovevo parlare io non lei.

"A lei non importa di quello che penso. Poteva almeno avvertirmi, farmi parlare con lui per farci conoscere, anche solo per sapere il suo nome ma no, ovviamente ha dovuto fare tutto da sola senza consultarmi perché infondo le fa piacere che io me ne vada, la dimostrazione di questo è che ha già dato la mia camera ad un'altra ragazza." Sbottai alzandomi dalla sedia, la direttrice mi guardava sia arrabbiata per il mio atteggiamento nei suoi confronti sia consapevole di aver agito d'impulso, le mie parole l'avevano toccata e questo mi faceva piacere.

Abbassò lo sguardo capendo che non avrei più voluto chiacchierare con lei di questo argomento ne di altri.

"Vaffanculo, fanculo a tutto." Ringhiai esasperata uscendo dalla porta.

Camminai lungo il corridoio vuoto sorpassando la mia camera, non volevo stare lì.

Avevo bisogno di prendere aria e visto che ormai la mia stanza era occupata da un'altra persona la mia privacy andava automaticamente a farsi fottere.

Salì al terzo piano, l'ultimo di quella struttura aprendo la porta di ferro ritrovandomi sul tetto.

Camminai in avanti fino alla ringhiera di marmo bianca poggiandomi su di essa con i gomiti.

Il vento soffiava forte scompigliando i miei capelli, li legai in una coda alta tirando fuori dalla tasca della mia felpa un pacchetto di sigarette, l'avevo trovato per caso sotto al letto prima di parlare con la direttrice.

L'accesi iniziando a sentire il battito regolare ed i muscoli rilassarsi, il fumo riusciva a calmarmi come nessun'altra cosa sapeva fare.

Alle volte riusciva a placare anche i miei attacchi di panico.

Osservai il cielo ripensando a quello che era successo pochi minuti prima.

Non sapevo neanche come prendere questa storia di andare a vivere da mio "padre".

Una piccola parte di me era contenta per il semplice fatto che sarei andata via da questo posto. Ci avevo vissuto per anni interi e non ne potevo davvero più. Queste mura cominciavano a starmi strette.

Pensavo che sarei rimasta qui fino alla maggior età.

D'altro canto sentivo di non essere ancora pronta per incontrarlo, avevo una sensazione di ansia che mi stava divorando sempre di più.

Sbuffai maledicendo le mie sensazioni che continuavano a peggiorare semplicemente quella situazione tanto tragica quanto piacevole.

Mi morsi il labbro ripensando a tutto quello; Sarei dovuta andata a vivere da "mio padre", un perfetto sconosciuto.

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Ecco il secondo capitolo.
Vorrei sapere cosa ne pensate di questa storia perciò lasciate qualche voto o commentate per favore.

Alla prossima, bye💓

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