Capitolo 3

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QUINN:

Non avevo chiuso occhio, per tutta la notte non avevo fatto altro che guardare il soffitto e pensare a quello che sarebbe successo il mattino seguente.

Inoltre dormire accanto ad una persona che russava la maggior parte del tempo non mi aiutava affatto, non ero abituata a dormire in compagnia.

Sospirai sentendo la sveglia suonare all'impazzata, erano le 8.00 e dovevo alzarmi per finire di sistemare le ultime cose, lavarmi e poi dire addio a questo posto.

Ero pronta per andare via da questo posto, ma per andare a vivere da mio padre lo ero un po' meno. 

Spensi la sveglia dopo qualche secondo alzandomi dal letto, la ragazza dormiva ancora in quello accanto al mio.

Nel frattempo nella mia testa un vortice di domande mi assalivano, le stesse che mi avevano tormentato l'intera notte.

Sarei piaciuta a mio padre ?

Saremo andati d'accordo ?

Perché aveva deciso di prendermi proprio adesso ?

Entrai in bagno sentendo la testa girarmi, mi fermai di fronte lo specchio osservando le mie grosse occhiaie, ero più spaventosa del solito.

Mi feci una doccia calda vestendomi con un semplice pantalone di tuta nero ed una felpa larga, non mi truccai, non lo facevo mai limitandomi a spazzolarmi i capelli.

Presi la mia valigia da sotto il letto iniziando a sistemare il resto delle mie cose, dopo una quindicina di minuti finì richiedendola.

Ci avevo impiegato una buona mezz'ora, mi restava il tempo per una sigaretta.

In questa camera avevo vissuto per ben 8 anni, eppure non l'avevo mai sentita mia.

Questo posto non era mai stato considerato da me una vera e propria casa, non mi ero mai sentita protetta, ne al sicuro.

Presi a giocherellare con un bracciale d'oro che avevo legato al polso, era l'unico ricordo che mi restava di mia madre.

Me lo aveva regalato prima di morire e non me ne ero mai separata. Era come se tramite quell'oggetto mia madre fosse sempre accanto a me, non fisicamente ma spiritualmente.

L'avevo vissuta veramente molto poco.

Misi il peluche che si trovava sul mio comodino nel mio zaino nero chiudendolo, l'avrei portato con me sempre, era l'unico gioco con cui giocavo da bambina e non l'avrei mai buttato o dato in regalarlo, era mio e mio doveva rimanere.

Uscì fuori dalla finestra appoggiando entrambi i gomiti sulla ringhiera.

Il cielo era di un azzurro intenso senza nemmeno l'ombra di una nuvola.

Il vento soffiava facendo danzare gli alberi, per essere gennaio non faceva poi così freddo, si poteva uscire benissimo anche con una semplice felpa, almeno per me, non avevo mai sofferto il freddo.

Accesi una sigaretta come usavo fare ogni mattina iniziando a fumarla, ero molto nervosa.

Più guardavo l'orario sul mio cellulare e più si avvicinava il fatidico momento in cui avrei varcato la soglia di questo istituto per andare a vivere altrove.

"Oh, ecco dov'eri." Una voce fin troppo familiare attirò la mia attenzione, non mi voltai neppure a guardarla, ero troppo impegnata a pensare ad altro.

Sentì il rumore dei sui piedi contro il pavimento, si stava avvicinando a me sempre di più.

"Non si fuma, lo sai ?" Chiese poggiandosi alla ringhiera con un braccio mentre era voltata completamente verso di me.

My 'Dad'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora