Capitolo 4

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JUSTIN :

Mangiai l'ultimo pezzo del mio cornetto a crema accompagnandolo con un sorso di caffè.

Era molto presto, nella casa regnava il silenzioso e dovevo ammettere che quasi mi piaceva quella pace, mi sarei dovuto svegliare presto ogni mattina.

Mi alzai dalla sedia afferrando distrattamente il mio giubbotto di pelle nero controllando nelle tasche se ci fosse tutto quello che mi occorreva; chiavi di casa e dell'auto, il cellulare, le sigarette ed il portafogli.

Uscì di casa dirigendomi verso la mia macchina, subito l'aria fresca di prima mattina mi invase i polmoni, feci un respiro profondo entrando nella Range.

Erano le 6.50 del mattino, mi aspettava un ora circa di viaggio, una bella seccatura ma non avevo altra scelta.

Non negavo il fatto di essere abbastanza nervoso, cosa mi avrebbe dovuto dire di così urgente ?

Questa domanda continuò a tormentarmi per tutto il viaggio e, tra una sigaretta e l'altra arrivai a destinazione.

Ci avevo messo meno del previsto.

Parcheggiai velocemente davanti al grande cancello nero portando la mia attenzione sul cellulare che si era illuminato, mi stavano chiamando.

"Pronto." Risposi con fare scocciato, non avevo nemmeno visto chi fosse stato a chiamarmi.

"Justin, dove sei ?" La voce di Chaz si fece riconoscere e i miei dubbi furono risolti.

"Chaz, sto facendo una cosa importante. Torno tra qualche ora."

Non avevo detto nulla ai ragazzi, volevo aspettare di sapere tutto per poi parlargli, tra noi non c'erano segreti.

Bussai al citofono aspettando impazientemente.

Finalmente il protone si aprì lasciandomi entrare. Mi ritrovai una giovane donna davanti.

"Salve." Mi salutò mostrando un sorriso a 32 denti.

Era alta e magra, i capelli tirati in uno chignon, il suo corpo era ricoperto da un paio di jeans stretti neri ed una camicetta bianca sbottonata.

Mi leccai le labbra osservando la sua scollatura per poi sfoggiare uno dei miei migliori sorrisi.

"Dove posso trovare la direttrice ?" Chiesi infine continuando a squadrarla, era veramente bella lo dovevo ammettere e questa cosa di certo non mi aiutava.

Mi fece segno di seguirla camminando lungo uno dei tanti corridoi, subito riconobbi la porta del giorno prima.

Ringraziai la donna per avermi accompagnato per poi bussare.

Non aspettai che mi venisse dato il permesso ed abbassai la maniglia entrando nella stanza.

Mi guardai intorno trovando la direttrice dell'istituto seduta comodamente sulla stessa sedia di pelle nera del mattino precedente mentre compilava dei fogli.

Alzó lo sguardo verso di me togliendosi gli occhiali che fino a pochi secondi prima portava poggiandoli delicatamente sulla scrivania.

Smise di fare quello che stava facendo invitandomi a prendere posto sulla sedia di fronte a lei.

Mi sorrise poggiando entrambi i gomiti, la osservai per alcuni minuti per poi parlare.

"Che cosa mi doveva dire di così urgente ?" Arrivai direttamente al punto aspettando che parlasse.

"Vede, Quinn ha sofferto molto in passato e dopo la morte della madre la sua vita si è praticamente distrutta.
Come le ho detto ieri venne messa prima in un orfanotrofio e successivamente venne spostata qui.
Credo che lei abbia capito che genere di istituto sia questo. Noi accogliamo tutti i ragazzi e le ragazze con problemi.
Fin dal suo arrivo capì che c'era qualcosa in lei che la faceva stare male, molto male e dopo varie osservazioni mi feci un idea che in fine si è rivelata corretta.
So perfettamente che è una cosa brutta da sentirsi dire, specialmente se si tratta della propria figlia ma lei ha il diritto di saperlo e io sono obbligata a riferirglielo, per il bene di Quinn. La ragazza soffre di anoressia e bulimia da ormai quattro anni e mezzo." Smise di parlare guardandomi seriamente.

My 'Dad'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora