CVI

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Come era potuto succedere?

Hermione si domandava quando le cose avessero iniziato a complicarsi in quel modo. Tutto ciò che ricordava era di aver commesso un grave errore, ma la matassa di problemi che erano spuntati dopo quel grande sbaglio sembravano essere venuti fuori dal nulla.

Nemmeno Ronald poteva far luce al quesito, mentre faceva la strada più lunga che conosceva per l'ufficio della preside.

Si ritrovò nel corridoio principale, senza nemmeno averlo voluto. Passando di fronte alla sala grande vide sua sorella, seduta da sola mentre tutti i loro amici scherzavano ignari di tutto.

Come potevano non accorgersi di come stava male?

La raggiunse, e le chiese di uscire con lui in cortile. L'abbracciò, e mentre lei piangeva, le disse che sarebbe andato tutto bene, che i Weasley erano duri a buttare giù, e che non avrebbero più dovuto avere a che fare con quei ragazzi che tanto li avevano canzonati.

Ma non molto lontano, l'udito sopraffino di Pansy Parkinson entrava a conoscenza di questa informazione.

Si girò di colpo e camminò subito verso le scale.

"Dove stai andando?" la seguì Blaise, fermandola con sé.

"Devo parlare con Draco."

"Perché?" chiese.

"Perché mi ha mandato un gufo per chiedermi di incontrarlo."

"E di cosa?"

"Non sono affari tuoi."

"Sì che lo sono, ho visto quello sguardo. Hai voglia di fare casini sta sera, e io non te lo permetterò."

"Povero piccolo Blaise... - sogghignò tirando fuori il labbro inferiore - Non c'è nulla che tu possa fare. Quando capirai che le tue azioni sono insignificanti?"

Lui rimase confuso, arricciando le sopracciglia mentre la osservava correre verso i sotterranei. Non ebbe molto tempo per pensare, e sentendo odore di guai, sapeva di dover fare qualcosa per aiutare il suo amico del cuore.

(...)

"Ciao" sorrideva Pansy, entrando in quella stanza quasi saltellando dalla gioia.

"Non ti conviene ridere molto, perché non sono in vena di scherzare sta sera. So che cosa hai fatto. L'unica cosa che non capisco è perché."

"Lo sai benissimo qual è il motivo. Ho cercato di avvisarti mille volte, di farti ragionare su quanto fosse stupida la situazione con la Granger. Su come stessi infangando tutti i nostri valori."

"Quante volte te lo devo dire che sono i tuoi valori?! Io mi sono rotto i coglioni di tutti questi discorsi, cresci un po' e fallo anche tu."

"Non penso proprio" disse la Parkinson, incrociando le braccia in un sorriso sghembo.

"Come cazzo l'hai scoperto? Non lo sapeva nessuno" disse lui. La curiosità di andare alle radici del problema era più intensa della voglia di risolverlo. Una mente sistematica come la sua doveva comprendere le cause di certi avvenimenti prima di pensare di risolverli.

E, da persona più razionale che incline alle passioni, non attendeva altro che la risposta che Pansy stava pronunciando.

(...)

"Che ci fai qui?" domandò Hermione sbadigliando, stava proprio per addormentarsi.

"Come sei messa con gli incantesimi di disillusione?" le chiese, stando sulla porta.

"Bene, ovviamente. Perché mai me lo chieeee - provò a domandare lei, quando lui le afferrò il braccio per trascinarla fuori dalla stanza.

"Che fai? Sei ubriaco?!" si lamentava lei, mentre lui la costringeva a correre per strambi e bui cunicoli che mai aveva esplorato.

"Blaise, sul serio, mi sto spaventando, dove diamine stiamo andando?!" si lamentò, quando lui si fermò di fronte a una piccola botola.

"Fallo. Nascondici alle altre presenze."

Hermione lo guardò confusa. Non ne poteva più di tutti quegli intrighi, quegli incontri segreti, quelle strambe storie.

"Fidati di me." 

Ma ormai ci aveva preso la mano, e non si lamentò troppo con sé stessa quando le sue mani afferrarono la sua bacchetta senza nemmeno chiedere il permesso alla ragione.

"Desilludo" pronunciò piano, e un invisibile manto di cielo li avvolse, celando la loro presenza a chiunque fosse dietro quella porta.

Interminor // DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora