CVIII

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"Sei forse fulminata? Perché diavolo l'hai fatto?!" le domandò Draco, avvicinandosi a lei con un'espressione indemoniata.

"Preferivi forse che ti torturasse fino a farti impazzire?!" chiese lei, che non poteva più controllare le sue corde vocali.

Blaise aveva ormai lasciato la stanza, lanciandosi all'inseguimento della ragazza ferita, con il solo obiettivo di fermarla. Nonostante tutto, non voleva abbandonare la causa del suo povero amico, che pur avendo commesso molti errori, non meritava - a suo avviso - tutto ciò che ne sarebbe conseguito.

"Beh sempre meglio che lanciare una maledizione senza perdono!"

"Non l'ho lanciata io, gliel'ho solamente restituita... Tu... Non sai cosa si prova" abbassò lo sguardo, ripensando alle lame infuocate che avevano attraversato la sua pelle a villa Malfoy sotto la bacchetta di Bellatrix Lestrange.

"Hai ragione, però... Solo preferisco che ne resti fuori. Non voglio che paghi per un casino che non ti riguarda."

"Certo che mi riguarda, sei forse diventato matto?!"

"Probabilmente lo sono stato, quando ho creduto che la cosa non avrebbe avuto gravi ripercussioni sulle nostre vite. Ma ora basta. Sono esausto di giocare a questo gioco."

"E lascerai che ti condanni per sempre, che ti spedisca lì?!" chiese con le lacrime agli occhi.

"Credevo non ti importasse... L'altro giorno hai detto che-"

"Ho detto quello che dovevo dire, non ciò che volevo pensare" confessò, portandosi una mano alla fronte, in preda al panico. Pensò di aver perso la testa, di essere completamente vittima delle sue stesse follie.

"Io... Non ha più importanza."

"Sì che ce l'ha. Possiamo trovare una soluzione, o almeno tentare di cercarla... Non possiamo permettere che finisca così!"

"Hermione, va tutto bene? Che cosa stai dicendo?" domandò lui, sorpreso dalle sue parole, e dall'impudico modo in cui quella fredda ragazza si stava sbilanciando verso di lui.

"Non lo so, solo che... Voglio aiutarti."

"E perché mai lo faresti? Dopo tutto quello che ti ho fatto..."

"Perché io..." tacque per un momento.

"Tu cosa?"

"Io..."

"Non dirlo, Hermione."

"Sì invece."

Draco rimase in silenzio. Il suo cuore non era mai stato più agitato, la bocca mai più prosciugata di parole. La mente confusa, felice, arrabbiata, e ancora una volta combattuta.

"Non è vero."

"Sì che lo è."

"No, l'hai detto tu stessa, è solo una tua illusione."

"Non so nemmeno perché l'ho detto, non è così!" insisteva lei, ormai decisa a mandare tutto al diavolo. Ne aveva abbastanza delle maschere di orgoglio che avevano indossato per tutto quel tempo, di fronte ai fatti non c'era tempo per i giochi che avevano potuto esercitare in momenti per assurdo più tranquilli di quello.

"Sì che lo è" disse serrando la mascella. Hermione pianse, lui le si avvicinò.

Le prese entrambe le mani, e disse: "Tu sei una mente razionale. Non puoi essere innamorata di me, d'accordo? Non sarebbe giusto."

"Ancora una volta, il tuo ego del cazzo non ti da il diritto di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato!" urlò lei, strappando le mani via dalle sue: "Ho sentito quello che le hai detto prima, hai rotto con questa storia di nascondere i sentimenti! Prima il discorso dell'altra sera in aula insegnanti e ora questo! Sai dirlo a tutti tranne che a me! Sai fare cento giri di parole quando ne bastano poche! Ammettilo, dimmelo, e vedrai che potremo lasciarci tutti questi intrighi alle spalle. Iniziamo ad affrontare la verità: la nostra."

Draco rimase in silenzio. Molte notti aveva sognato che Hermione si fosse innamorata di lui come lui lo era di lei, che fosse completamente, incondizionatamente persa nella sua pelle, e nel ricordo di lui.

Però in quella stanza, si rese conto che nella loro relazione non c'era nulla che andasse nel verso giusto, nulla che funzionasse come doveva. Nulla che andasse in modo normale, che non avesse una base di sofferenze, menzogne o inganni.

E che quella ragazza non era come lui. Non era arrogante, non era falsa o manipolatrice. Non avrebbe mai usato nessuno per ottenere ciò che voleva, non intenzionalmente almeno, e non era nella sua natura mentire o far soffrire gli altri.

Lui l'aveva resa così, l'aveva trasformata nella versione malsana di sé, una versione che di sicuro non le piaceva e non le sarebbe mai piaciuta. E si sentì in colpa, si sentì in errore.

Si sentì come se avesse ucciso un unicorno, come se avesse corrotto qualcosa che non andava toccato, che non andava rovinato. E per cosa? Per le sue sporche manie di creare problemi anche quando non ce n'erano? Per il bisogno di complicare la sua vita troppo noiosa per essere considerata da lui emozionante?

"Non posso farti questo" disse, prendendo un bel respiro di fronte alla sua espressione confusa.

"Non sarò mai quello che hai bisogno, mi odi, e odi te stessa quando sei con me. Come credi che possa stare in piedi una cosa del genere?"

Hermione rimase in silenzio per qualche momento, aprendo la bocca per lanciarsi all'attacco contro la sua scusa ridicola.

"Non sprecare le tue belle parole per me. Non hai bisogno di questo, sei abbastanza intelligente da saperlo. Da capire che non lo vuoi davvero, che è solo un momento di debolezza e che presto tornerai ai tuoi lucidi pensieri. Vedrai."

La ragazza corrugò la fronte.

"Non hai bisogno di questo, fidati. Stanne fuori, ti prego. Dimentica tutta questa merda."

"Non voglio" confessò lei, lasciando scorrere una lacrima lungo la sua mano, appoggiata alla morbida e candida guancia.

"Devi" le sorrise, abbandonando la stanza il più velocemente possibile. Non sapeva dove andare, ma doveva essere il più lontano possibile da lei. Dalle sue lacrime, dal suo amore immeritato.

Lo stava facendo a pezzi, il pensiero di avere una cosa così bella, ma di non poterla accettare lo consumava fino allo stomaco. Ma sarebbe stato egoista e meschino da parte sua, e non voleva più essere in quel modo. Doveva accettare che la sua vita sarebbe finita, e che il punto ce l'aveva messo lui.

Interminor // DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora