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Non riusciva a darsi pace. Non smetteva di pensare a lei, e di toccarsi mentre lo faceva.

Di immaginare le sue mani graziose attorno alla sua intimità, o le sue labbra. 

Smosso per l'ennesima volta da scenari indecorosi in cui la Granger esaudiva ogni suo desiderio più perverso, si alzò dal divano in cui stava oziando per fare una passeggiata e liberare la mente.

Si era dato malato per cercare di estirpare tutta quella attrazione almeno inattesa quanto indesiderata, ma non ci era riuscito: aveva pensato a come liberarsi di quell'inconveniente, ma non aveva trovato alcuna soluzione.

Si era ripetuto mille volte il motivo per cui aveva passato anni ad odiarla e giudicarla, poi si era ricordato il motivo per cui era invece lei ad odiarlo.

Aveva pensato a tutte le volte che aveva tentato di umiliarlo pubblicamente, compreso qualche giorno prima, quando aveva invitato Nott alla loro uscita, e si era tutta agghindata per lui.

Ogni volta che cercava di ostacolare i suoi sentimenti, questi tornavano a lei, più forti di prima, come se tutte le argomentazioni che aveva trovato fino a quel momento fossero futili gomitoli di lana, che le sue pulsioni riuscivano a sciogliere in pochi secondi.

Draco cercava di ricomporli ogni volta, arrotolando il filo rosso della sua passione, per comprimerlo in una piccola, stupida pallina, ma questa, una volta completa, si scioglieva come i suoi sforzi non valessero nulla, mostrandogli il sorriso della Granger, e tutte le piccole cose che poteva ricordare di lei.

Camminava per il giardino del castello facendo qualche stupido incantesimo a destra e a sinistra, cercando di concentrarsi su altro.

"Esci dalla mia testa!" aveva detto più volte, frustrato.

Si sentiva quasi assuefatto, come gli avesse fatto una sorta di filtro della passione.

Si fermò di scatto quando vide in lontananza una chioma riccia: la Granger. Se ne stava in piedi sulla sponda del lago di fronte a Nott. 

Sentì il solito fastidio, che fu sostituito da un infernale impulso d'ira non appena lei lo abbracciò.  Dopo pochi secondi sembrò congedarlo, iniziando a camminare verso di lui.

Si spostò leggermente, in modo che un albero lì vicino lo coprisse: non voleva che la Granger pensasse che l'aveva seguita, dunque rimase in piedi, fissando l'acqua torbida. Non si nascose del tutto, decise piuttosto di fingere di essere lì da tempo, per caso, e di non essersi accorto della loro presenza.

Hermione ci mise poco a notarlo, probabilmente perché la sua bionda capigliatura spiccava in mezzo a tutte quelle tonalità di verdi e marroncini. 

Si bloccò e pensò per qualche secondo. Voleva parlargli, ma anche arrabbiarsi, e anche andarsene via fingendo di non averlo visto. Era nervosa, pensava spesso a lui, convintasi che fosse perché non aveva altri a cui pensare in quel periodo.

Ma in quel momento, quando le sue labbra si schiusero senza permesso, capì che si sentiva anche speranzosa: ci era rimasta male per come se ne era andato. Qualche settimana prima non avrebbe che gioito, ma dopo il suo approccio delicato le era dispiaciuto rovinare tutto. "Malfoy?" lo chiamò.

Lui sussultò. Non si aspettava che lo facesse, pensava che l'avrebbe brutalmente ignorato, e, sinceramente, ci sperava anche. Era giunto alla conclusione che meno tempo avrebbe passato con lei, meglio sarebbe stato per la sua integrità. Non si sarebbe privato di qualche recita in pubblico, ma avrebbe tagliato i contatti con lei al minimo, evitando tassativamente di vederla da solo. Sembrava funzionare, nella sua testa.

Fino al momento in cui si girò, e, pur trovandosi lontano molti metri da lei, il suo corpo bruciò come fossero a pochi centimetri di distanza. Dimenticò tutte le cose spiacevoli che aveva pensato su di lei per allontanarla dalla sua mente, tutti i sotterfugi che entrambi avevano architettato ai danni dell'altro.

"Ciao Granger" rispose freddamente.

"Dov'eri finito?" 

"Non ti deve interessare."

"Come stai?" domandò Hermione.

Ancora una volta Malfoy trasalì. Lei non si accorse di nulla, dato che era ormai un prodigio nel nascondere qualsiasi reazione, ma il suo stomaco sembrò arrovellarsi su sé stesso per qualche secondo.

"Bene" disse semplicemente. Lei tacque, abbassando lo sguardo imbarazzata dal silenzio che era sceso tra di loro.

"E tu?" chiese a sua volta, senza pensarci troppo.

Fu lei a rimanere colpita questa volta, e i suoi tentativi di mascherarlo furono decisamente più mediocri di quelli del Serpeverde, che piegò leggermente le labbra alla vista delle sue guance fiammeggianti. 

"Anche io bene."

"Di cosa parlavi con Nott?" non riuscì a frenare la sua curiosità.

"Nulla di importante, ci siamo incontrati qui e mi ha salutata."

"Solo quello?" chiese lui, ricordando il melenso gesto che si erano scambiati.

"In realtà... Gli ho risposto molto male l'altra sera, dopo che te ne sei andato. Mi sento in colpa" confessò. Draco, che si aspettava una risposta decisamente diversa, si rese conto che la Granger si era appena confidata con lui. Non aveva risposto a monosillabi come faceva sempre, non si era rifiutata di guardarlo in faccia mentre gli rispondeva.

Senza perdere la sua espressione seria e impassibile, le domandò: "E come mai gli hai risposto male?" 

"Credevo che avesse ignorato il mio gufo solo per farci litigare. Solo oggi ho scoperto che è stata Pansy." 

"E anche se fosse stato lui? Non sarebbe la prima volta che fai di tutto per sabotare i nostri incontri. Forse avreste potuto gioire insieme" osservò lui.

"Già. Però questa volta non volevo farlo, mi dispiace che tu abbia reagito così, non volevo ferirti."

"Credi davvero di avermi ferito per aver invitato Nott alla nostra camminata fino a Hogsmeade? Non mi conosci proprio" si accese il ragazzo, infuocando la terra che gli stava intorno con le sue false sicurezze.

"Secondo me invece è per quello che te ne sei andato in quel modo. Non l'hai nemmeno aggredito, quindi non è stata la rabbia a sopraffarti. Dev'essere stata la delusione."

"Stai forse cercando di dire che ci sono rimasto male, Granger?!"

"Non lo so..."

"Ti sbagli, l'unico motivo per cui mi sono arrabbiato è che ancora una volta mi hai fatto fare la figura dell'idiota" alzò la voce, quando ricordò il motivo che l'aveva spinto ad andarsene in quel modo.

"Ma io non c'entro niente!" tentò di giustificarsi lei, rimproverandosi mentalmente subito dopo averlo fatto. Come poteva giustificarsi con Malfoy? 

"Non cambia. Non si tratta di scegliere di chi è la colpa."

"E invece sì, Draco. È sempre una questione di scelte."

Lui tacque, non sapeva cosa dire. Tra tutte le cose che avrebbe voluto domandarle, non gli venne in mente nulla. Si sentiva come fossero in una bolla, come se tutto attorno a loro si fosse annullato, silenziato, materializzato. Le parole di lei sembravano alludere ad altro, a cose molto più grandi di quelle di cui stavano discutendo fino a pochi istanti prima. Le sentì sue, come se si stessero riferendo alla sua vita, alle sue scelte. Spaventato da quella sensazione, abbandonò la sua postazione per tornare al castello.

Lei rimase immobile, guardando il lago mentre una fredda ventata le scompigliava i capelli. Le sue guance si arrossarono.

Interminor // DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora