XXXI

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Hermione non chiuse occhio quella notte: il suo sonno veniva continuamente contrastato o interrotto dai suoi pensieri e dalle sue paure. Non era la prima volta che veniva svegliata da un qualche incubo ritraente le sue torture a villa Malfoy, e la solitudine che provava in quella stanza singola non le permetteva di discostarsi un attimo dai suoi turbamenti.

Aveva pensato a quante persone aveva perso durante la guerra, e si era vergognata al pensiero di averne perse altrettante solo per via di uno stupido, maledetto errore. Dopo tutto quello che era successo, si era permessa di ferirli ancora, nonostante le loro perdite e le loro sofferenze. 

Aveva pianto, più volte, al pensiero di dover trascorrere ancora del tempo con gli altezzosi, perfetti amici di Malfoy. Avrebbe preferito isolarsi per il resto della sua vita piuttosto che sedersi ancora al loro tavolo, fingendo di provare qualcosa per il re dei sotterfugi e della cattiveria.

Avrebbe voluto urlare al mondo la verità, mentre si rendeva gradualmente conto che quello che la gente avrebbe pensato se avesse saputo ciò che era successo con Harry era meno grave di quello che pensava di lei ultimamente: eppure non poteva più tornare indietro. Quanto le sarebbe piaciuto avere ancora la sua vecchia giratempo, per impedirsi di stringere quella mano crudele.

Tutta la sua auto consapevolezza si sgretolava giorno dopo giorno, notte dopo notte, riflesso dopo riflesso. Man mano che andava avanti nella sua vita, si rendeva conto che non le piaceva quello che era diventata: una stupida, frivola, falsa, traditrice. 

Aveva perso la stima di sé stessa, e non era facile convivere con la versione peggiore di sé.

Molti metri sotto di lei, nemmeno Malfoy sembrava trovare pace, fermo al pensiero degli occhi tristi della Granger e delle sue labbra serrate, ormai stanche di pronunciare parole che non sarebbero neanche state prese in considerazione.

Le accuse di Ginevra Weasley non l'avevano abbandonato un attimo, nonostante i suoi numerosi tentativi di distrarsi, un po' con il quidditch, un po' con i suoi compagni, gettandosi sullo studio o sul suo piano di riacquistare l'immagine di perfetto studente Serpeverde.

Ogni sera, quando la sua testa appoggiava il morbido e ingannevole cuscino, non poteva pensare ad altro che alla Granger, che molte volte aveva sofferto a causa sua. Doveva fare i conti con la parte razionale della sua mente, che cercava disperatamente di censurare quelle idee che ogni sera sfuggivano sempre più determinate dal suo subconscio, intente a fargli raggiungere una nuova consapevolezza.

Spesso riusciva ad addormentarsi, e al suo risveglio certi pensieri sembravano non sfiorarlo più, almeno fino alla notte successiva, quando tornavano all'agguato, più forti della sera precedente.

Si diceva che non poteva preoccuparsi di lei, che oltre ad essere di gran lunga inferiore a lui, non avrebbe fatto altro che allontanarlo dal suo obiettivo; non poteva permettersi di pensare ad altri che non fossero lui stesso, non in quel momento della sua vita, in cui tutto dipendeva dall'efficienza del suo piano. Non poteva distrarsi pensando ai suoi capelli indomabili, alle sue mani affusolate, alle sue gambe lunghe...

Eppure quella sera gli risultava più difficile del solito togliersela dalla mente. Le sue emozioni erano contrastanti, e provava un'indomabile curiosità nei confronti di quella ragazza tanto diversa da lui. Come poteva provare anche solo un minimo interesse nei confronti di una mezzosangue?

Non voleva ammettere a sé stesso di provare un certo allettamento nel pensare al suo corpo, quindi si limitava a farlo, giustificandosi in chissà quale ridicolo modo con sé stesso.

(...)

Il weekend trascorse rapidamente. Hermione uscì a stento dalla sua stanza, per lo più fuori orario, per sgranocchiare qualcosa evitando di dover tenere la mano di Malfoy sotto lo sguardo di tutta la scuola. Conosceva perfettamente gli orari in cui la sala grande era più frequenta, dunque vi si recava in quelli in cui era più spoglia, per evitare di incontrare chiunque potesse indisporla.  

Si immerse nello studio, pur trovando a fatica la concentrazione necessaria ad approfondire nuovi argomenti senza la guida di un insegnante. I M.A.G.O. le facevano meno paura che a inizio anno, tutto le faceva meno paura da quando aveva dovuto affrontare faccia a faccia le ferite ancora fresche della Guerra di Hogwarts.

Trascorse metà del suo tempo a interloquire con Grattastinchi, che trovò molto interessato e più collaborativo del solito, e il lunedì sopraggiunse velocemente quanto aveva sperato tra le quattro mura della sua stanza spoglia, dove si era scoperta molto più triste e sola di quanto immaginava.

Cercò di ricordarsi che restare sola era in realtà molto meglio che sedere al tavolo dei serpeverde con Malfoy, ma in quel momento camminare nel corridoio principale con lui le sembrava meno assurdo che piangere con la testa sepolta nel suo cuscino, tra un miagolio e l'altro del suo micio.

Ma ormai era lunedì mattina, e non aveva senso rimuginare su quello che era già accaduto: doveva andare a fare colazione.

Si preparò velocemente, per incontrare Draco al solito posto, alla solita ora. Impassibile come sempre, la salutò con un distratto "Ciao", e avvolse la sua mano, guidandola verso la sala grande. 

Interminor // DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora