31// You're my brother

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POV MATTHEO

Che cos'era il dolore?
Cosa lo provocava? Come faceva a corroderti così tanto l'anima?
Il dolore era interno. Quello sulla pelle, causato dalle torture di mio padre non era niente. Quelli erano solo dei segni che poi sparivano nel nulla, come se non ci fossero mai stati. Andavano via da soli, formavano altra pelle e tutto si volatilizzava. Il dolore nel petto era come un cielo ricoperto da una tempesta. Non avrebbe risparmiato nessuno, ogni fulmine avrebbe colpito qualcosa uccidendola. Quella era la tempesta che si credeva, la mia di tempesta era l'opposto. Lei credeva di far del male agli altri ma non sapeva quanto la sua presenza fosse il sole nel mio cielo.

Non aveva senso mentire, si all'inizio l'avevo usata per far contento mio padre. La studiavo da un po' in realtà, papà me ne aveva parlato fin troppo bene della "ragazza dei fulmini". Sapevo tutto su di lei, pure cosa fosse esattamente.
Non le avevo detto nemmeno quello.
L'avevo persa, ero riuscito a fare proprio quello. Ad allontanare la mia Madison.

Mi ero lasciato convincere da mio padre, credevo di non poter provare niente per una ragazza, ma già la prima volta che la vidi fui accecato dalla sua bellezza.
Il fisico slanciato, era molto magra e non esageratamente alta.
I suoi capelli neri lisci, corti fino alle spalle, con le punte blu causati da quell'esperimento risplendevano al mattino. Erano la prima cosa che si notava del suo viso, ma non per me. Io ero incantato dai suoi occhi.
Quegli occhi marroni, tendenti al verde, non esprimevano niente. Guardavano sempre un punto fisso e vuoto. Era insignificante chi ci fosse davanti, non cambiava. La luce in quelle iridi era spenta. Il vento aveva spento il fuoco della candela.
Troppo dolore aveva sopportato quella ragazza per tornare a vivere in modo normale.

Quando la controllavo la notte, sentivo le sue grida. Aveva spesso degli incubi causati dalle torture di suo padre.
Sapevo perfettamente cosa aveva osato farle.
La madre era diversa, ma non doveva conoscerla. Non ci si poteva fidare di lei.

Madison non era nessuno dei due, forse di più la madre per certi aspetti, ma non così tanto.
Era meglio di loro.

La mia tempesta era dolce, certo non chissà quanto ma a modo suo era pure tenera.
Risultava stronza verso gli altri, rispondeva male e guardava tutti con odio. Lo faceva solo per difendersi dal sentirsi di nuovo a casa e poi vedere quel luogo sicuro venir distrutto.

Ero riuscito a farle abbattere quel muro attorno al suo cuore e un secondo dopo, senza neanche rendermene conto, gliel'avevo fatto ricostruire ancora più spesso e forte di prima.
Lei doveva essere felice e invece avevo fatto il contrario. Avevo tradito la sua fiducia pur amandola.
L'amavo con tutto me stesso.
Cazzo se l'amavo.
Avrei voluto dirle ogni cosa ma la paura che mio padre potesse farle del male mi aveva accecato. Se l'avesse fatto a me non m'importava, lei era l'unica persona della quale mi interessava.

Sfiorai con le dita la lettera di mio padre, strappandola in mille pezzi con rabbia.
Era tutta colpa sua e mia per avergli permesso di portarmi via l'unica traccia di felicità nella mia vita.
Non mi avrebbe mai perdonato.

Dopo le sue parole ero andato nella mia stanza e avevo trovato la lettera. Avevo capito il perché della sua reazione, non c'era scritta una mezza verità o solo un piccolo pezzo di come stavano le cose, ma tutto. Mi aveva chiamato come mio padre.
Ero uguale a lui, lei mi credeva un mostro.

Mi alzai dal letto, lanciando a terra gli oggetti sopra il mio comodino.
Ruppi la lampada con un calcio e strappai delle pagine dei libri. Rovesciai il mobile, immaginando di non aver mai commesso l'errore di far allontanare l'unica donna della mia vita.
La mia Madison.

Guardai il muro, davanti a me vedevo la figura di mio padre che rideva. Amava vedermi infelice, a lui non interessava un cazzo della mia incolumità. Il nome signore oscuro gli donava, era il capo supremo dell'oscurità, lui la portava, celava nascosto dietro il buio. Era il re delle ombre che colmavano la mia anima.

The true pain // Mattheo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora