36// I trust us

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POV MATTHEO

Indifferenza.
Madison era arrivata davvero a quello stadio?
L'avevamo spinta così tanto affondo che non era riuscita a tornare in superficie.

La mia mente navigava tra le onde dei pensieri, superava tsunami di bugie e squali ad attaccare e distruggere l'ultimo pezzo restante ancora galleggiante.

Non avrei mai permesso, soprattutto a mio padre di portarmela via.
Era la mia tempesta. L'unica della mia vita al quale avrei voluto farmi bruciare da dei fulmini e bagnare dall'acqua piovana, lasciando impresso al mio corpo l'odore del terreno umido.

Sapevo dove trovarla, conoscendola non sarebbe rimasta nella Stanza delle Necessità.
Draco dormiva li, lo sapevo. Si nascondeva in quel posto quando voleva scappare dalla realtà.
Suonava il piano e nessuno riusciva a trovarlo.
Era il suo posto.
Quando litigavamo io andavo la, lui era seduto davanti al suo strumento ed io invocavo una batteria con la bacchetta e senza dire una parola mi mettevo a suonare con il mio migliore amico.
Eravamo fatti così io e lui.
Legati insieme, però con attorno un filo spinato. Ci facevamo male, ma l'amicizia che ci teneva uniti senza lasciar spezzare il nostro legame era più forte.
Se non avesse ferito Madison...
Non voleva farlo, era mio fratello. Era stato dall'inizio contro il piano per farla avvicinare.
Lui era sempre stato vero con Mad.
Però perché l'aveva fatto?

Salii un altro scalino irritato. Se non l'avessi trovata nel nostro di posto?
La Torre di Astronomia non era per tutti.
Era un luogo magico in cui stare quando non si voleva far altro che sparire.
Era piena di polvere e ragni, ma nel momento in cui la persona si metteva ad osservare il cielo stellato non pensava alla parte negativa, ma a quanto Hogwarts fosse casa.

Con il respiro affannoso arrivai in cima alla Torre, stando attento a non farmi beccare.
"Controlla quello che fai Mattheo. Se ti sentono sei morto. Uccidi prima tu senza farti vedere."
A lei non l'avrei mai uccisa. L'avrei salvata.
Sarei morto io piuttosto.

Guardai vicino alla ringhiera. Madison era lì.
Immersa nel buio più totale.
Aveva le cuffie, si udiva il lieve suono di una canzone, più precisamente di una ragazza che cantava con sotto la base del pianoforte. Fumava, buttava fuori il fumo in modo automatico.
Aveva accesso quella sigaretta solo per farsi del male, non per il gusto di sentire piacere.

<<Tempesta>> che inizio del cazzo per una conversazione.

Restò fermo a guardare il vuoto, pur mi avesse intuito la mia presenza.
Si era irrigidita e aveva alzato la musica.
Non mi avrebbe ignorato.
Non gliel'avrei permesso.

<<So che mi hai sentito>> mi avvicinai a lei lentamente.
Non dovevo fare nessun passo falso.

<<E se anche fosse? Cosa cambia?>> corrucciai le sopracciglia a quella risposta, nemmeno ci provava ad allontanarmi.
Ti prego non dirmi che ti sei arresa.

<<Non andresti via se sentissi quello che ho da dirti>> allungai una mano, afferrando la sigaretta che si stava portando alle labbra, buttandola a terra, schiacciandola con la suola della scarpa.

<<Non ti permetterò di farti del male>> la guardai negli occhi, riconoscendo il suo profumo.
Eravamo vicini, tanto vicini.
Fin troppo.

<<Me l'hai fatto fare tu>> sorrise in modo ironico, distogliendo lo sguardo, stringendo la ringhiera.

<<Ma non lo volevo fare>> non era facile mantenere il controllo. Provavo una paura fottuta all'idea di non averla più vicino a me.

<<Ah no?>> scosse la testa, alzando le sopracciglia non credendoci.

<<Quando finirai di sparare cazzate?>> si girò lentamente dalla mia parte, provando a dimostrarmi ancora una minima parte del suo carattere che era sgretolata via come granelli di sabbia tra le mani.
So che puoi tornare.
Lotta per te.
Lotta per me.
Lotta per noi.

The true pain // mattheo riddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora