32// Forgive me

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Parte uno.

La freddezza era l'unica arma che sapevo utilizzare a mio vantaggio. Quando ogni cosa andava a puttane e perdevo chi amavo, usavo l'indifferenza. Prima c'era la delusione, il momento in cui affrontavo il dolore da sola. Mi rifugiavo in me stessa ed esplodevo, lasciavo che i miei sentimenti prendessero il controllo e uscissero, fino a lasciarmi vuota. Dopodiché arrivava la rabbia repressa, quella che avevo tenuto così tanto affondo che appena veniva a galla non era più controllabile. Si metteva in mezzo l'orgoglio e poi la paura, creando un miscuglio di emozioni che quasi non si capivano.
E infine l'indifferenza, lei compariva solo se mi spezzavano così tanto da non farmi reagire.
Avevo paura di arrivare a quello stadio. Vedere Mattheo nella mia stanza mi aveva fatto solo incazzare fortunatamente.

<<Mi rispondi o cosa?>> gridai, stringendo il palmo della mano, conficcando le unghie per non far intravedere il fulmine pronto a fuoriuscire.
Colpiscilo dritto nel petto.
Tra poco lo farò se continua così.

<<Voglio parlarti>> sembrava una supplica la sua. Per me erano solo parole gettate al vento.

Mi avvicinai a lui, strappandogli dalle mani il mio libro di Astronomia, prendendogli anche il disegno di noi due.
L'aveva visto ma non m'importava, non c'era più quel noi, sempre se era mai esistito.
Non siete mai stati "noi" .

<<Vuoi parlare?>> risi disgustata senza nemmeno lanciargli un'occhiata. Evitavo sempre il suo sguardo.
Non potevo guardare negli occhi la persona che amavo essere la stessa che mi aveva fatta a pezzi. Non avevo il coraggio.

<<Non hai capito che non ti voglio neanche più vedere in giro per i corridoi?>> doveva stare lontano da me, reggere la sua presenza senza poter fare niente faceva troppo male.

<<Prima che tu prenda una decisione voglio spiegarti come sono andate le cose>> fece un passo verso di me, uno piccolo. La distanza non era tanta e bastava poco per stare di nuovo vicini.
Di nuovo tra le sue braccia.
Di nuovo bene.
Allontanati.
Così feci, andando poco più indietro.

<<Se non te ne vai ti colpisco Riddle>> feci un respiro profondo, volevo sapere la verità, ma conoscerla significava soffrire maggiormente. Dovevo restare a subire le menzogne del mio cervello o sentire la realtà e cadere definitivamente nel vuoto?

<<Fai pure, non ho paura di te e lo sai. So che non lo faresti di tua spontanea volontà, ma perché te lo sta dicendo quella cazzo di voce>> cercò invano il contatto visivo, ritrovandosi solo un muro.
Non distruggerlo o i pezzi ti cadranno addosso.

<<Ti fidi troppo della mia parte buona>> ma se nemmeno esiste.

<<Perché tu lo sei, non esiste una parte cattiva in te>> lui non mi conosceva, ignorava il fatto che avessi ucciso i miei genitori.

<<Tu non sai cosa penso ogni giorno, cosa vorrei fare a chi dice qualcosa di troppo o chi mi fa incazzare per anche un minimo. Tu non hai idea di cosa sia avere un mostro all'interno e sentire di esserlo anche senza>> gridai, buttando a terra quel dannato libro che tenevo ancora in mano.
Al centro c'era una bruciatura, stava uscendo.

<<Ti sei risposta da sola, tu le pensi ma non le fai le cose è diverso. E mettiti in testa che non è colpa tua se hai perso il controllo quella notte. Non volevi ucciderli>> non piangere Madison, non farlo.
Non ti azzardare.
Non essere debole ai suoi occhi.

Deglutii, mordendomi l'interno guancia per diminuire la voglia di correre tra le sue braccia.

<<Mi hai rotto le palle, dimmi quello che devi dirmi e vattene. Non voglio avere più niente a che fare con te>> dovevi cacciarlo subito.
Voglio sentire almeno il perché.
E quale dei tanti?
Perché ha finto di amarmi?

The true pain // Mattheo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora