34// Family

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<<Sei sveglia?>> mi chiese Hermione, passando delicatamente una mano sui miei capelli, spostandomi una ciocca di lato.
I gemelli mi avevano portata nella sua stanza e si erano addormentati a terra pur di non lasciarmi sola. Io non avevo chiuso occhio. Non volevo vedere altro buio e lasciarmi sovrastare dalle tenebre.
La realtà era già un incubo eterno.

Non provavo più niente, era come se dentro il mio cuore ci fosse un giardino, un tempo pieno di fiori. All'interno di esso crescevano rose, tulipani, orchidee, girasoli, margherite... Ognuno con un profumo e colore diverso. Era bello quel giardino, caspita se lo era. Ma poi d'un tratto era arrivata una malattia.
Una che sterminò tutti i fiori.
Nessuna farfalla voleva più volare in mezzo a quei colori, nessun ape voleva più prendere il nettare, nessuna coccinella voleva più riposare sopra un petalo.
Tutti gli insetti stavano lontani da quel giardino, un tempo splendido, ucciso da ciò che lo rendeva vivo. 

Annuii distrattamente alla ragazza al mio fianco, continuando a fissare i fasci di luce spiccare dalla finestra.
C'era vento quella mattina, non era soleggiato come un tempo. Prima tutto luccicava di più.
Di bello.

<<Andiamo a fare colazione?>> propose, sfiorandomi una guancia.
Allontanala.
Intanto andrà via da sola, non cambia se lo faccio io.
Hai capito che si renderà conto di che mostro sei?
Si.

<<Non ho fame>> sussurrai, mettendomi seduta. Quel contatto doveva finire, non ne avevo bisogno.
Nessuno poteva aiutarmi.

<<Mangia qualcosa, anche poco>> tentò di nuovo, guardandomi quasi con implorazione.
Odiavo quello sguardo che mi stava rivolgendo, ma non avevo la forza di dirle niente. Avrei lasciato così.

<<Non ho fame>> ripetei le stesse parole, mettendomi in piedi.
I gemelli non c'erano. Forse erano a lezione o mi avevano abbandonata.
Mi aspettavo anche quello.

Abbassò il viso, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
Le portai una mano sulla guancia, asciugandole una lacrima caduta dai suoi occhi.
Avevo ancora un briciolo di umanità, pur il mio cuore, la mia anima e il mio sguardo erano persi nell'abisso del mio dolore.

<<Mi dispiace, sul serio>> si sentiva in colpa per qualcosa che non aveva fatto.
Conoscevo la sensazione.
Al contrario tuo lei è una brava persona, tu non lo sei.

<<Non è colpa tua>> non aveva fatto niente di male.
Non era te infatti.

<<È colpa mia se Draco ha bevuto e ha detto quelle cose. Ma lui non le pensa te lo giuro. Mi parla sempre di te, che sei la miglior pers-...>> non volevo sentire altro. Erano solo cazzate.

<<Non mi interessa>> mi misi in piedi infastidita. Non doveva nominarlo.

<<Posso usare il bagno?>> strinsi un pugno, mordendomi l'interno guancia.
Scoppierai prima o poi.

<<Si>> tirò su col naso, passandosi il pollice sotto gli occhi per eliminare delle lacrime amare.

Senza aggiungere altro, andai verso la direzione del bagno, chiudendo a chiave la porta alle mie spalle.
Mi affrettai a bagnarmi il viso con l'acqua fredda per togliere i residui di trucco, stringendo i bordi del lavandino.
Vidi il riflesso dei miei occhi dallo specchio, non si vedeva più niente. Neanche il dolore.
Era tutto andato perduto. Nemmeno una misera foglia era rimasta.

"Non avere paura Mad"  le parole del mio vero fratello mi tornarono in mente.

<<Come posso non avere paura Ethan? Quando arriva il mio lieto fine?>> credeva nei miti e nelle leggende. Gli piaceva leggere fiabe e ogni volta che finiva un libro me lo raccontava oppure lo leggeva insieme a me.
Ci mettevamo seduti per terra, mi faceva mangiare e mi medicava se ero ferita.
Ecco mio fratello.
Chissà se era ancora vivo.
Quello che c'era ad Hogwarts nemmeno mi interessava sapere chi fosse.
Non ne aveva importanza.
Mi aveva già fatta del male abbastanza.

The true pain // Mattheo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora