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Chiamo l'ambulanza, mia madre è riversa a terra e respira a fatica. Mi metto le mani nei capelli perché non so cosa fare, ho diciannove anni e sono dovuto crescere più velocemente di altri ragazzi anche perché sono l'unico uomo in casa.
"Mamma per favore resisti, arriveranno tra poco." Cerco di tranquillizzarla, ma il respiro è sempre più in affanno.
Attendo non so quanto prima che gli infermieri entrino in casa, le mettano l'ossigeno e la portino giù con la barella. Per fortuna mi lasciano entrare in ambulanza e così faccio tutto il tragitto casa ospedale guardando gli operatori somministrare fluidi e altro a mia madre.
Resto in sala d'attesa per qualche ora, ma quando vedo una donna di colore sulla quarantina la riconosco subito, è un'assistente sociale ed è qui per me. "Asher Reed?" Domanda e io annuisco. "Ragazzo vieni con me, torneremo domani qui." Afferma, ma io non mi sposto. "Torni pure da dove è venuta, io con lei non vado da nessuna parte. Resterò qui finché non potrò tornare da mia madre, tanto poi torneremo a casa come le scorse volte." Affermo, lei si siede accanto a me e mi posa una mano sopra la mia, mi scanso velocemente e vedo che resta interdetta. "Asher mi hanno chiamato i medici, sta volta è messa molto male tua madre." Afferma e io inizio a far saltellare la gamba per il nervoso, ma devo cercare di stare calmo o mi scopriranno. "Non mi interessa, voglio restare qui vicino a mia madre. Dovrete sedarmi per portarmi via da questo ospedale." Affermo serio e la donna sospira. "Tornerò domani mattina allora. Spero tu possa salutarla come si deve, si vede che tieni molto a lei." Afferma rassegnata, si alza e si dirige verso l'uscita del pronto soccorso.
- Ehi, come stai? - È un numero sconosciuto, ma se la memoria non mi inganna deve essere una delle ragazzine con cui sono andato a letto ultimamente, Tanya o Sonia non mi ricordo il suo nome, so solo che era inesperta anche se non era vergine.
Non le rispondo nemmeno perché non mi interessa, non le do false speranze.

"Lei è il figlio di Mina Reed?" Domanda e io annuisco, mi alzo e la dottoressa si avvicina a me con lo sguardo triste. "Questa volta è andata bene che c'eri tu a casa ragazzo, ma non può più stare a casa da sola. Avete parenti qui in città?" Domanda e io scuoto la testa. "Ho uno zio a Londra, nessun altro parente." Spiego. "Tuo padre?" Domanda e io stringo le labbra oltre che infilare le mani nelle tasche dei jeans. "Non c'è un padre." Spiego secco. "Ah, allora sarà meglio contattare tuo zio il prima possibile. Non le resta molto tempo." Mi spiega e io le domando se posso vederla, lei mi accompagna nella stanza di mia madre.
"Mamma." La chiamo piano, le tocco piano la mano e la vedo aprire di poco gli occhi.
"Asher." Mi chiama e io mi avvicino di poco per starle più vicino, lei mi accarezza la guancia dove tengo una leggera barba, il suo dito scorre sul piercing del labbro e poi posa la mano sul letto è già affaticata. Purtroppo la dottoressa ha ragione io non posso occuparmi di lei e la sua salute sta peggiorando sempre di più.
"Mamma devo chiamare zio Tobias, se ti disturbo chiamo fuori dalla stanza." Le dico piano e lei mi indica il suo telefono così lo prendo, lo sblocco e poi chiamo il numero londinese di mio zio.
Dopo sette o otto squilli mi risponde assonnato. "Promto." Biascica. "Ciao Tobias, sono Asher, tuo nipote." Affermo e lo sento alzarsi dal letto, le molle del materasso scricchiolano sotto ai suoi movimenti. "Asher? Sono passati diciotto anni dall'ultima volta." Afferma e io sospiro, non so perché mamma sia voluta stare lontano dal unico parente in vita. "Si, lo so. Tua sorella Mina sta molto male, non posso più occuparmene da solo. Non le resta molto tempo purtroppo. Se la vuoi salutare ti conviene parlarle ora." Gli dico rassegnato. "Come sta male? Non ha mai detto nulla in questi anni. Ma tu che fine farai?" Domanda iniziando a far girare le rotelle del cervello. "Io sarò mandato in una casa famiglia, probabilmente ti contatteranno per chiederti se mi vuoi là con te e nel caso tu dica no mi troveranno un lavoro da operaio così da potermi mantenere da solo." Spiego breve e lo sento sospirare. "Mina potrebbe reggere un volo intercontinentale?" Domanda preoccupato. "Forse." Ammetto. "Allora vi prenoto i voli, venite a Londra e almeno potremmo passare un po' di tempo tutti assieme." Afferma, lo ringrazio pacato per poi mettere giù il telefono.
"Cos'ha detto mio fratello?" Domanda con voce flebile mamma. "Andiamo a Londra da lui, ma prima devo chiedere se puoi affrontare un viaggio così lungo." Le spiego e lei sospira prima di riaddormentarsi, i medicinali purtroppo le fanno così. Mi appoggio con il volto al bordo del letto, mi addormento sfinito perché ormai sono le due del mattino qua.

"Ehi ragazzo." Una voce femminile mi sveglia, quando accendo il cervello inizio a ragionare sulla notte precedente. È la dottoressa che mi osserva quasi in difficoltà, non ha buone notizie e immagino già quali possano essere.
"L'assicurazione ha risposto che coprirà il ricovero, ma sua madre ha raggiunto il massimale consentito per questo anno. La dimetteremo in giornata se non ci saranno peggioramenti." Mi avvisa e io la ringrazio. "Può sopportare un viaggio aereo di nove ore?" Domando e la dottoressa tentenna, anzi gli occhi e poi controlla i monitor. "Si, ma non ti nascondo che è rischioso, se avesse un attacco in volo potrebbe esserle fatale." Afferma e io la ringrazio nuovamente.
Richiamo Tobia per comunicargli le novità. "Pronto Mina?" Domanda già più sveglio. "No, sono sempre Asher, dimetteranno Mina in giornata. Sarà pericoloso fare la traversata aerea, ma non le è vietato. Arriveremo il prima possibile." Gli comunico e lui mi avvisa che preparerà le camere in cui ospitarci così lo ringrazio.

Sono io quello giustoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora