36. Destino (Angelica)

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Se sapessi scrivere la bellezza dei tuoi occhi e cantare in nuovi metri tutte le tue grazie, il futuro direbbe: questo poeta mente; Mai un volto sulla terra ebbe tratti così celesti.

(Shakespeare, Sonetto 17)

La mattina successiva, dopo aver elaborato tutto ciò che era accaduto il giorno precedente, Angelica accese il telefono e lesse l'e-mail di Elena.

«Un attimo, cosa?»

Si stropicciò per bene gli occhi, poi la rilesse un'altra volta. E poi un'altra volta ancora, e ancora, e ancora.
Il contenuto dell'e-mail non cambiava, le parole erano sempre le stesse.
Angelica si portò le mani alla testa. Quelle parole erano inequivocabili, potevano significare solo una cosa: la persona che aveva incontrato al parco il giorno prima era proprio Elena.

Purtroppo non conosco il suo nome. Quando le ho chiesto come voleva che la chiamassi, mi ha risposto "Psiche".
Così adesso, per lei io sono "Eros".

Eros e Psiche. I nomi che si erano date prima di separarsi. Come poteva essere una coincidenza? Come poteva esistere un'altra persona che in quel momento si era seduta su una panchina arcobaleno di un altro parco e alla quale erano venuti in mente gli stessi soprannomi?

Per un momento, ad Angelica tornò in mente il volto della ragazza. Gli occhi grandi color nocciola, i lunghi capelli marroni e le gote arrossate ancora rigate dalle lacrime.

Le tornò in mente la sua risata, i suoi capelli sparsi sull'erba, il tono gentile della sua voce.

Delicata, apparentemente fragile come lo stelo di un fiore ma nel profondo forte come un guerriero. Una ragazza forte, in grado di perdonare le persone che le avevano causato una sofferenza immane.

Quella era l'immagine che si era fatta di Elena. E non aveva avuto bisogno d'altro per innamorarsi, le era bastata la sua anima infusa in ogni parola che le scriveva.

E quella misteriosa ragazza incontrata al parco sembrava avere tutto ciò che Angelica aveva visto in Elena.
La grazia, la gentilezza, la totale assenza di odio nei confronti di quel mondo che le aveva causato così tanto dolore.

Quella era la sua Elena. Quella poteva, anzi, doveva essere la sua Elena.
Se lo fosse stato, Angelica non avrebbe avuto bisogno di nient'altro nella vita.

All'improvviso, mentre fissava la parete con i pensieri altrove, le venne in mente una frase che aveva letto in una recente lettera di Elena.

"In realtà oggi ho scoperto che ha dovuto cambiare scuola perché era vittima di bullismo a causa di una sua amica più grande di un anno che prima si era segretamente fidanzata con lei e poi aveva detto a tutti del suo orientamento sessuale.
Si chiamava Federica, a quanto ne so.
A detta di Aurora, era una bella ragazza dai capelli neri e i tratti orientali."

«Federica...tratti orientali...stessa città...» nel pronunciare quelle parole Angelica ricordò ciò che Federica le aveva detto a scuola.

"Mi è successa una cosa del genere con una ragazza, tempo fa. Questo mio atteggiamento le ha rovinato la vita. Non so come stia adesso, ma credo che mi odi. Proprio per questo mi sento in colpa. Nonostante io avessi già vissuto una situazione simile, ho commesso di nuovo lo stesso sbaglio che commisi allora. Sono un'incapace..."

«Ma certo! Federica, tratti orientali, stessa città, le è successa una cosa del genere...» Angelica si fermò qualche secondo a pensare, mentre le sue dita disegnavano cerchietti invisibili sulle coperte «vuol dire che anche in passato ha tradito una persona a cui teneva. E non sa come sta perché la ragazza ha cambiato scuola e non l'ha più sentita! Ha senso...tutto ha senso.»

Forse Cupido ha perso la bussolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora